Una delle più conosciute definizioni di incidente stradale è quella adoperata dall’ISTAT nella nota metodologica che ogni anno accompagna la pubblicazione dei dati riguardanti la rilevazione e l’analisi statistica dell’incidentalità stradale in Italia.
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Per il nostro Istituto nazionale di statistica l’incidente stradale è quell’evento che si verifica in una strada aperta alla circolazione pubblica, in seguito al quale una o più persone sono rimaste ferite o uccise e nel quale almeno un veicolo è rimasto implicato. Una definizione largamente condivisa anche se riduttiva perché, a partire dal 1991, sono esclusi gli incidenti stradali senza infortunati.
Non è una differenza da poco solo se si considera che gli incidenti censiti dall’Istat secondo la definizione successiva al 1991, cioè escludendo quelli senza infortunati, sono circa duecentomila l’anno mentre quelli complessivamente liquidati dal sistema assicurativo sono oltre tre milioni.
Definizioni analoghe sono state elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, per finalità diverse; tutte oggi comunque non possono prescindere dal coinvolgimento di almeno un veicolo, in quanto protagonista principale della circolazione. Veicolo è, per il Codice della Strada, una macchina di qualsiasi specie circolante su strada e guidata dall’uomo, dunque anche la bicicletta.
Ad ogni incidente stradale conseguono, in maniera congiunta o separata, tre diverse forme di responsabilità per i protagonisti: penale, civile ed amministrativa.
La responsabilità penale è la conseguenza delle lesioni o della morte subiti da una o più persone coinvolte nell’incidente. Possono concretizzarsi altri reati, anch’essi colposi, quali l’incendio, l’aborto, ecc., ma sono ipotesi più rare.
Cagionare per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito dal codice penale con la reclusione da due a sette anni ovvero da tre a dieci anni se il fatto è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica e/o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma non può superare gli anni quindici. Anche il reato di lesioni personali colpose, punito con pene detentive e pecuniarie rapportate alla gravità delle lesioni stesse, prevede sensibili aumenti di pena se l’incidente stradale che le ha determinate è accaduto per violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale.
Il reato di omicidio colposo è perseguibile d’ufficio mentre quello di lesioni a querela di parte.
La responsabilità civile è conseguente al danno provocato, sia a persone che cose (veicoli, infrastrutture, ecc.), per cui sorge l’obbligo di risarcirlo ai sensi dell’art. 2043 del codice civile. Tra le varie forme di responsabilità è, nel nostro caso, la meno afflittiva, in quanto le conseguenze, almeno nei limiti dei massimali stabiliti nella polizza assicurativa, non ricadono direttamente sul responsabile dell’incidente ma sulla compagnia presso la quale il veicolo è assicurato.
La responsabilità amministrativa deriva dalla violazione di norme poste a tutela della circolazione stradale e che è stata la causa dell’incidente. Infatti, qualora da una violazione delle norme del Codice della Strada derivino danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna la sospensione o la revoca della patente. Queste sanzioni accessorie sono di norma irrogate prima della sentenza, in via provvisoria e cautelare, dal Prefetto del luogo della commessa violazione. In alcuni casi è applicabile anche la revisione della patente, revisione che paradossalmente e “ingiustamente” può colpire anche la vittima incolpevole dell’incidente se ricoverato in coma per più di 48 ore. Per quest’ultimi soggetti, infatti, i responsabili delle unità di terapia intensiva o di neurochirurgia hanno l’obbligo di informare gli Uffici provinciali del Dipartimento per i trasporti terrestri al fine accertare la loro ulteriore idoneità alla guida.
Il conducente di una bicicletta può essere tanto vittima quanto responsabile di un incidente. Si pensi ad esempio al ciclista che investe il pedone che sta transitando sugli attraversamenti pedonali procurandogli gravi lesioni o al ciclista che omette di dare la precedenza ad un’autovettura, il cui conducente per evitarlo travolge altri veicoli e persone. In tali casi egli risponderà dell’eventuale omicidio o lesioni colposi allo stesso modo del conducente di un veicolo a motore e dovrà risarcire il danno provocato, con le proprie risorse se non è assicurato, cosa molto probabile posto che per la circolazione dei velocipedi non sussiste l’obbligo della copertura assicurativa sulla responsabilità civile verso terzi.
Parzialmente diverse sono le conseguenze sotto il profilo della responsabilità amministrativa. Trattandosi difatti di veicolo per la cui conduzione non c’è l’obbligo di una patente o di un titolo abilitativo non possono applicarsi le sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente ancorché il responsabile dell’incidente ne fosse titolare. Su questo punto occorre ricordare che la previsione normativa che consentiva l’adozione di tali provvedimenti, anche quando l’infrazione che li prevedeva era stata commessa con un veicolo per la cui guida non è richiesta la patente, è stata abrogata. Tuttavia, in questi casi, a carico del ciclista titolare di patente di guida che provoca un incidente stradale può essere disposta la revisione della stessa se con la sua condotta ha fatto sorgere dubbi sulla persistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti o sulla sua idoneità tecnica.
Come si vede il ciclista è sì considerato un utente debole della strada, meritevole per il Codice della Strada di una particolare tutela dai pericoli derivanti dalla circolazione, ma non è esente da nessuna delle tre forme di responsabilità tradizionalmente collegate ad un incidente stradale, addirittura è più esposto alle conseguenze civili poiché, spesso, non è assicurato.
(1) Per la precisione, secondo la stima preliminare resa nota il 18.06.2013, nel 2012 si sono verificati in Italia 184.500 incidenti.
(2) Gli incidenti soggetti a risarcimento, a differenza di quelli registrati dall’Istat, comprendono non solo gli incidenti con solo danni ai veicoli ma anche quelli non rilevati dalle forze di polizia. Nel 2011 il numero totale dei sinistri pagati e a riserva è stato di 3.109.657.
(3) Cfr. art. 46 C.d.S.
( 4) Cfr. artt. 222 e 223 del Codice della Strada.
(5 ) Introdotta dalla legge n.94/2009 tale disposizione è stata abrogata dalla legge n. 120/2010.
(6 ) Cfr. art. 3, p. 53-bis, C.d.S.
Fonte Roberto Sgalla Copyright © INBICI MAGAZINE