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LA FRATTURA DELLA CLAVICOLA
LA FRATTURA DELLA CLAVICOLA

LA FRATTURA DELLA CLAVICOLA



La frattura di clavicola è un tipo di infortunio che capita molto comunemente a chi pratica  sport. Infatti rappresenta quasi il 50% delle fratture che interessano la spalla.

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Ne rimangono colpiti soprattutto coloro che praticano discipline “di contatto”, in cui le cadute ed i traumi sono piuttosto frequenti. Non è un caso che gli sport più a rischio siano soprattutto il ciclismo, lo sci, il motociclismo, il rugby , l’ippica e  tutte quelle discipline dove è molto facile subire traumi da impatto.

Con il termine clavicola si intende generalmente l’osso lungo e sottile che collega lo sterno con la scapola. Ha una forma piuttosto “ricurva” ed è formata da una parte centrale e due estremità: una mediale (più vicina allo sterno) ed una laterale (più vicina alla scapola).

 

Come vengono classificate le fratture?

  • composta: quando i due monconi (segmenti) ossei rimangono allineati
  • scomposta: quando si verifica uno spostamento dei  frammenti di frattura
  • esposta: se la cute viene lesa con esposizione esterna dell’osso (rischio di infezioni)

ed infine in base alla sede di frattura:

  • corpo centrale (localizzazione più frequente)
  • terzo laterale (estremità della clavicola che si collega alla spalla)
  • terzo mediale (estremità della clavicola che si collega allo sterno)

 

Quali sono le tipologie di fratture più frequenti?

Quelle che interessano la parte centrale della clavicola (III medio) e di queste, in genere, il 48% sono scomposte. Mentre sono rare  quelle che interessano l’estremità mediale della clavicola (quella più vicino al torace).

 

 

 

Quali sono i sintomi da tenere sotto controllo in caso di frattura di clavicola?

Generalmente l’area situata al di sopra della frattura è dolente con gonfiore localizzato nella zona della lesione. Quando il gonfiore diminuisce,  la frattura è spesso apprezzabile al tatto. Il movimento del braccio omolaterale o della testa aumenta la sintomatologia dolorosa e, talvolta, quando si cerca di muovere i due monconi ossei, si avverte una sensazione di scrocchio

 

Come avviene il primo soccorso in questo tipo di infortunio?


Nella prima fase, in attesa dell’intervento medico, è importante immobilizzare la parte lesa evitando il più possibile movimenti inutili e pericolosi. Ciò serve ad evitare il più possibile fastidiose e pericolose complicazioni. L’eventuale frattura scomposta o esposta non va assolutamente toccata o ridotta in attesa dei soccorsi. Una radiografia al pronto soccorso confermerà la diagnosi. Il medico inoltre effettuerà un’indagine strumentale per assicurarsi che la lesione non abbia coinvolto i nervi ed i vasi sanguigni che circondano la clavicola (complicanze poco comuni ma piuttosto pericolose).

La prevenzione esiste?

Poiché le fratture della clavicola sono quasi sempre causate da cadute o incidenti, non si può far molto per prevenirle.

 

Come viene trattata la frattura di clavicola ?


La frattura della clavicola si consolida anche se i due monconi non vengono riposizionati in modo da combaciare perfettamente. La maggior parte delle fratture composte della clavicola vengono trattate secondo un protocollo conservativo consistente nell’applicazione di un tutore.  Questo è tra i trattamenti più indicati perché garantisce un processo di riossificazione spontaneo. Una volta rimosso il tutore, il callo osseo è visibile e “palpabile”. Con il tempo si rimodella e, in alcuni casi, può anche scomparire del tutto: ciò naturalmente varia in base all’età del paziente. In caso di frattura scomposta o esposta, il tutore non è sufficiente e quindi si rende necessario intervenire chirurgicamente (per riposizionare i segmenti fratturati tramite viti e placche metalliche).

 

 

 

Quanto tempo ci vuole per guarire da una frattura?

Solitamente la guarigione avviene nel giro di 10-12 settimane per gli adulti, mentre per gli adolescenti i tempi si “accorciano” a 6-8 settimane. In ogni caso, già durante la fase di recupero, è possibile praticare alcuni sport (il ciclismo ad esempio) perché la clavicola, pur non essendo ancora saldata, può tuttavia ritrovare una certa mobilità. Naturalmente tutto ciò dovrà avvenire con una certa prudenza. Per ritornare invece a praticare le discipline sportive precedentemente elencate, gli allenamenti potranno essere ripresi solo dopo la completa scomparsa del dolore.

Tutte le fratture guariscono completamente?

Non tutte le fratture guariscono completamente: alcune fratture (2%-4%) trattate in modo conservativo, sono soggette a “pseudoartrosi” (frattura che non consolida) e ciò dipenderà dal grado di sovrapposizione dei frammenti: più e maggiore, più frequente è il rischio di pseudoartrosi.

Tuttavia, a prescindere dal trattamento (conservativo o chirurgico), le fratture di clavicola sono a rischio di pseudoartrosi più di altre.

 

Come vengono trattate le pseudoartrosi?

Va premesso che non tutte le pseudoartrosi sono dolenti. Delle pseudoartrosi, quelle ipertrofiche (dove si forma un abbondante tessuto fibroso al posto del callo osseo) sono dolenti e sono queste quelle che necessitano di un trattamento chirurgico. Quest’ultimo consiste nell’asportare il tessuto fibroso, ricreare un canale midollare (nelle pseudoartrosi è ostruito), apporre dei trapianti ossei intorno alla pseudoartrosi  e sintetizzare la frattura con una placca metallica e viti.

 

 

 

Come vengono riabilitati i pazienti con frattura della clavicola?

Mobilità, forza e stabilità sono le tre componenti fisiologico – funzionali della spalla che possono essere compromesse da una frattura della clavicola. Tutte e tre possono essere efficacemente ripristinate con un’adeguata terapia riabilitativa.

In generale, la riabilitazione di una spalla dopo una lesione o intervento chirurgico prevede una mobilizzazione attiva precoce. Questo serve a recuperarne la funzionalità biomeccanica fisiologica. E’ stato ampiamente  dimostrato che un’immobilizzazione prolungata dell’articolazione è responsabile di una rigidità della stessa, oltre ad  una atrofia  dei muscoli della spalla e/o ad un cattivo controllo neuromuscolare.

La mancanza di movimento attivo dell’articolazione della spalla compromette le normali relazioni meccaniche tra le articolazioni gleno-omerale e scapolo-toracica e può portare ad alterazioni della cuffia dei rotatori e/o spalla rigida.

I ritardi di una mobilizzazione precoce in questi casi possono essere causati dalla paura, di aggravare una condizione già di per sé dolorosa e/o di rischiare di compromettere l’esito di una riparazione chirurgica.

Gli esercizi di mobilizzazione passiva e poi  di rinforzo devono essere eseguiti dal paziente in modo graduale ma sempre sotto la guida di un fisioterapista esperto.

Inizialmente si effettuano delle mobilizzazioni passive per il recupero del movimento, per poi passare alla riabilitazione attiva in acqua calda (33°/34°) e proseguire con il protocollo riabilitativo, eseguendo esercizi di rinforzo muscolare con elastici, esercizi propriocettivi e di rinforzo muscolare in palestra.

Tutto questo è necessario per potenziare i muscoli stabilizzatori primari e secondari del complesso scapolo-omerale.

 

 

Come si spiega il rientro all’attività sportiva agonistica di alcuni ciclisti in breve tempo?

 

In effetti ci sono ciclisti che riprendono a svolgere l’attività agonistica prima dei tempi descritti sopra. Il rientro anticipato è comunque possibile in un atleta che ha subito un’ operazione, poiché durante  l’intervento chirurgico vengono posizionate delle viti e una placca che servono a tenere  allineati i segmenti  fratturati; dobbiamo considerare che il ciclista non utilizza l’arto superiore, non effettua movimenti ampi e al di sopra della spalla per cui non sollecita la clavicola. Questo non vuol dire che non esistano rischi, basti solo pensare ad una caduta e ad un eventuale trauma.

Per concludere, dobbiamo tenere in considerazione che per l’atleta professionista risalire in bici e prendere dei rischi fa parte del proprio lavoro, quindi questa scelta è comprensibile.

Diverso per un ciclista amatoriale: in quel caso  consiglieri di procedere gradualmente e di aspettare la completa guarigione prima di riprendere l’attività su strada, pur utilizzando i rulli per l’allenamento nel periodo di convalescenza.

 

                                                       

a cura del Dr. Maurizio Radi – Fisioterapista  – centro Fisioradi Pesaro

www.fisioradi.it  –  info@fisioradi.it

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