Thierry Gouvenou è l’attuale direttore tecnico di ASO, la spalla di Christian Prudhomme, dunque le sue parole rispecchiano sempre molto la realtà per quanto riguarda il Tour de France. Intervistato da Sans Filtre, il transalpino non ha assolutamente escluso una possibile tappa in sterrato in futuro alla Grande Boucle, come accade spesso e volentieri al Giro d’Italia.
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Le sue parole, chiamando in causa anche la corsa al femminile: “Chiaramente ci siamo domandati se mettere o meno questo genere di percorsi al Tour. Ci pensiamo da tempo e abbiamo cercato molti luoghi adatti e abbiamo notato che al sud di Troyes c’era quello di cui avevamo bisogno. Le donne saranno pioniere, ma monitoreremo la cosa con attenzione. Se sarà bello, penso che non ci vorrà molto prima di inserirlo anche nel percorso del Tour. Non faremo più differenze tra uomini e donne, possiamo vedere le stesse cose. Anche se io pensavo il contrario prima, poi ci hanno sorpresi con il modo in cui hanno corso la Roubaix. Si possono di certo trarre degli insegnamenti dalle corse femminili. È un primo assaggio, sappiamo che ci sono molti altri percorsi”.
Andando a parlare della lunghezza delle varie frazioni: “Per disegnare un GT, io penso che non ci siano regole precise e, soprattutto, non bisogna precludersi nulla. Se in un dato momento, un organizzatore sente di fare in un certo modo, ha ragione di farlo. Non ho commenti da fare sul percorso del Giro, ma non penso che sia pensato deliberatamente per essere contrapposto al Tour de France. Si parla anche quando si mettono delle tappe troppo lunghe, con troppe salite e alla fine non succede nulla e tutto si gioca negli ultimi due o tre chilometri, se non addirittura all’ultimo come al Grand Colombier nel 2020. Attualmente non serve a nulla mettere quattro o cinque salite in una sola tappa”.
Risposta ironica alla proposta di Patrick Lefevere di accorciare le tappe: “Se commento tutte le uscite di Lefevere, la cosa diventa lunga. L’anno scorso il Giro aveva messo una tappa di 250 chilometri all’ultima settimana, ma il problema è che a ottobre e con tutte le restrizioni sanitarie non è la stessa cosa che a maggio. Per questo è complicato disegnare dei percorsi. Il lato psicologico, il maltempo, la fatica, cambiano la valutazione del percorso. Non è facile sapere cosa va bene e cosa no”.
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