Alessandro Petacchi è uno dei più grandi campioni che l’Italia abbia espresso negli ultimi anni, è stato il primo corridore in grado di vincere in un solo anno almeno due tappe in tutti e tre i Grandi Giri. Ale Jet vanta un palmares di oltre 179 vittorie ed è stato uno dei velocisti migliori a livello mondiale, anche se la maglia iridata non l’ha mai vinta, ma rendendosi utilissimo per farla vincere. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a Montecarlo di Lucca.
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Alessandro, di cosa ti occupi in questo momento?
“Mi sono dedicato al trasloco, insieme a mia moglie Annachiara e nostro figlio Alessandro ci siamo trasferiti a Montecarlo di Lucca. Prossimamente sentirò Alessandra (De Stefano, direttrice di RaiSport, ndr) e capiremo insieme il da farsi.”
Possiamo fare chiarezza sull’operazione Adarlass? Squalifica per due anni, sei stato vittima di un complotto?
“E’ andata così e per chiuderla il prima possibile ho accettato le conseguenze e quindi i due anni di squalifica. Ho accettato perché l’accordo con l’UCI prevedeva che io potessi tornare a commentare in Rai, ma la televisione di Stato ha preferito aspettare la fine della mia sospensione. Sarei potuto tornare a metà maggio con il Giro d’Italia ma non me la sono sentita. Era talmente fresca la cosa che non avevo voglia di domande e commenti. Ho preferito restare a casa.”
I media hanno travisato le dichiarazioni di Danilo Hondo per crearti un danno? Come hai reagito?
“Danilo lo avevo incontrato una settimana prima dell’uscita delle dichiarazioni dopo anni che non lo vedevo ma non avevamo parlato di quella faccenda. Una volta uscite le dichiarazioni ho chiamato Hondo e gli ho chiesto spiegazioni. Il tutto è stato travisato dai giornali, io ho letto il suo interrogatorio che mi ha fornito grazie al suo avvocato e niente di quello che c’era scritto sui giornali corrispondeva alle dichiarazioni di Danilo. A me fondamentalmente non cambiava niente, avevo già accettato le conseguenze.”
Sei stato uno dei più grandi velocisti della storia, non solo italiana. L’episodio doping ha macchiato la tua carriera?
“Sicuramente sì, ma devo ammettere che la Rai mi è sempre stata vicina e ho capito la loro scelta. Secondo l’accordo con l’UCI potevo tornare a commentare ma non potevo accedere in alcune zone, come ad esempio non mi sarei potuto avvicinare ai corridori. Quindi ho preferito evitare per non avere ulteriori problemi.”
Quando avevi capito di poter battere Mario Cipollini?
“L’o capii nel 2002 quando in un paio di occasioni l’avevo battuto. Quindi sapevo come fare, dovevo solo affinare la tecnica.”
E’ stato lui il più grande velocista della storia?
“Sicuramente Mario è stato uno dei più grandi velocisti della storia, ma ogni corridore ha una sua epoca.”
Cosa ti è mancato per vincere un Mondiale?
“Ho avuto la mia occasione ma non l’ho centrata. Poteva essere Madrid nel 2005 ma forse non ero ancora così pronto. Forse avrei dovuto ritirarmi dalla Vuelta una settimana prima ma stavo lottando per la maglia a punti…Forse essere rimasto a Madrid dopo la Vuelta, fino al Mondiale, non è stato il massimo per gli allenamenti. Non lo so, è andata così…”
Il più grande rammarico?
“Ne ho due: il primo è che avrei potuto vincere qualche Sanremo in più, il secondo invece è che mi sono reso conto troppo tardi dei miei mezzi e delle mie potenzialità. A fine carriera.”
La vittoria più bella è la Milano-Sanremo 2005?
“Sì.”
Senti tue le cinque tappe del Giro che ti sono state revocate?
“Sì. Dopo che Chris Froome è stato assolto ho capito ancora una volta di avere ragione. Lui è riuscito a dimostrare quello che io ho sempre sostenuto, ma probabilmente non avevo i mezzi giusti per farlo. Nessuno mi ha ridato quello che ho perso, ma a livello morale è stata una bella vittoria.”
Il ciclismo è cambiato in meglio negli ultimi anni?
“Sì ma secondo me si sta andando troppo vicino all’esasperazione. Oggi ci sono troppe regole, è giusto che ci siano per carità, ma alcune secondo me andrebbero riviste. Un esempio? Quello del lancio della borraccia. Per i giovani è sicuramente più facile perché cominciano così, ma per chi è già professionista da parecchi anni non è facile abituarsi a questo nuove e continue regole.”
Come vedi il movimento ciclistico italiano? Si sta risollevando?
“Sicuramente Colbrelli ci ha dato una grande mano, ha fatto qualcosa di straordinario. Gli auguro di ripetersi nelle prossime stagioni. Dal punto di vista delle corse a tappe invece doversi appoggiare sempre a Nibali non è il massimo. Vincenzo è un grande campione e un talento ma anche lui inizia ad avere la sua età. Servirebbe qualche giovane che possa fare da suo erede, ma non sarà facile trovarlo.”
Da bambino sognavi di fare il corridore. Ora qual è il tuo sogno?
“Mi piacerebbe rimanere nell’ambiente. In questo momento mi sto dedicando solo alla mia famiglia e sto bene. Se poi in un futuro ci sarà la possibilità di far parte di questo ambiente, magari in una squadra ma non come direttore sportivo, perché no… Del resto è sempre stata la mia vita.”
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