Luca Paolini – il Gerva per tutti – corridore dalle grandi potenzialità, 15 stagioni da professionista (dal 2000 al 2005 alla QuickStep, 2006 e 2007 alla Liquigas, dal 2008 al 2010 all’Acqua e Sapone e infine dal 2011 al 2015 alla Katusha) Poi la sospensione per negligenza sportiva di 18 mesi che gli sono costati la fine della carriera.
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Una dipendenza la sua da Benzodiazepina, principio attivo di alcuni sonniferi usati in grandi quantità e di un’assunzione isolata di cocaina. Paolini vanta un bronzo mondiale nel 2004 a Verona, podi alla Milano-Sanremo (nel 2003 e 2006) e al Giro delle Fiandre nel 2007, una vittoria di tappa alla Vuelta 2006 e quella al Giro d’Italia 2013 in maglia Katusha che gli ha permesso di vestire per la prima volta in carriera la maglia rosa fino ad arrivare al suo apice della carriera, a 38 anni, con la vittoria alla Gand-Wevelgem. Il suo ultimo traguardo importante.
Come stai, Luca?
“Bene, grazie. Tutto bene”.
Facciamo un passo indietro: sei stato squalificato per negligenza sportiva con conseguente fine della tua carriera dopo più di 15 anni da stimatissimo corridore…
“Sono rimasto un po’ sorpreso per i mesi di squalifica perché 18 per negligenza sono davvero tanti. Secondo me è stata troppo pesante, se mi avessero dato meno mesi di squalifica sarei sicuramente tornato a correre. Ma così non è stato”.
Se potessi tornare indietro faresti qualcosa di diverso?
“Sicuramente non farei gli errori che ho fatto e che mi sono costati cari. Però purtroppo non si può tornare indietro”.
Sei salito sul podio alla Sanremo e al Fiandre. Hai qualche rimpianto per non aver vinto una Classica Monumento?
“No rimpianti no perché sono sempre stato battuto da corridori più forti di me. Mi sarebbe piaciuto vincere una Classica Monumento , questo certo”.
Quanto è stata importante la famiglia nei momenti difficili?
“E’ stata essenziale. Alla mia famiglia devo tutto”.
Di cosa ti occupi oggi?
“Lavoro per un’azienda svizzera, la Sei, che fa bici artigianali in carbonio e seguo un po’ il marketing di questa start-up. Oltre alle biciclette propongono anche delle experience ai clienti, per ora in Italia, e secondo me questo tipo di attività può crescere molto anche all’estero”.
Segui ancora il ciclismo?
“Sì, lo seguo anche se sinceramente questo calendario con così tante corse non mi fa venire una gran voglia di seguirle tutte. Guardo le Classiche, soprattutto le prime nelle Fiandre, i Grandi Giri ed il Mondiale. Credo sia impossibile seguirle tutte”.
Ti manca?
“Ho la grande fortuna di poter pedalare tutti i giorni e con il lavoro che faccio sto scoprendo il lato bello e rilassato del ciclismo. Il lato agonistico però non mi manca”.
Ormai si va forte sin da giovanissimi. Qual è il tuo pensiero sul nuovo ciclismo?
“Abbiamo avuto un bel buco a livello giovanile rispetto ad altre Nazioni ma adesso la Federazione secondo me sta facendo un bel lavoro e sta venendo fuori un bel gruppetto di giovani. Anche nel settore pista penso che nel futuro avremo dei grandi corridori, oltre a quelli che già abbiamo. A me piace molto Stefano Oldani come corridore oltre chiaramente a Filippo Ganna”.
Le donne stanno dominando…
“Esattamente. Già ai miei tempi andavano forte, oggi abbiamo davvero un bel gruppo di ragazze. Il ciclismo femminile sta crescendo in maniera esponenziale e questo è un gran bel risultato. Quando esco in bici vedo molte ragazze e quindi credo che il movimento si rinforzerà sempre di più”.
Che rapporto hai invece con Paolo Bettini?
“Io e Paolo siamo come fratelli. Ci ha uniti lo sport e tante disavventure anche al di fuori del ciclismo. Ci sentiamo e vediamo spesso e presto ci saranno delle novità”.
C’è qualche aneddoto insieme a lui che ricordi in particolar modo?
“Ce ne sono tantissimi. Uno in particolare? A Zurigo in Coppa del Mondo nel 2005, faceva molto freddo, pioveva e Paolo voleva ritirarsi dopo 40 chilometri di corsa. A quel punto gli ho detto che avrei attaccato e lui mi ha seguito, siamo andati via in 20, lui compreso, e gli ultimi 60 chilometri Paolo li ha fatti in solitaria fino a vincere”.
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