A detta di tutti la granfondo padovana è stato un grande evento per la MTB, ma come sempre non sono mancati i retroscena. Ecco un report circostanziato per riflettere
La nostra rubrica ha una mission ormai dichiarata: analizzare molti degli aspetti legati all’attività della sicurezza e dell’organizzazione, sempre prendendo spunto da fatti e gare disputate nel territorio italiano, ma senza, ovviamente, puntare il dito contro alcun organizzatore.
L’abbiamo sempre detto – e lo ribadiamo anche oggi – che il nostro intento non è quello di fare “lectio magistralis” sulla sicurezza e neppure abbiamo la pretesa, in un ambito così complesso, di fare i “tuttologi” della situazione. Il nostro obiettivo è solo quello di far riflettere su aspetti spesso tenuti in secondo piano e che, invece, sul piano della sicurezza, sono spesso “dettagli” decisivi.
In questa circostanza si parla della gara organizzata dal sottoscritto, pertanto mi sento di analizzare, assieme a voi lettori, alcuni casi che sono accaduti in questa occasione che, fortunatamente, si sono conclusi con il “lieto fine”, ma che – diciamolo subito – non dovevano essere gestiti così.
Il primo errore è stata la gestione di alcuni ragazzini della categoria “giovanissimi” su strada che, di fatto, dovevano partire un po’ prima della gara e, in parata, arrivare alla prima curva, per poi spostarsi, cosa che invece non è avvenuta. Sono stati viceversa fatti partire col gruppone, sottoponendoli ad inutili rischi.
Il secondo problema è stato causato dalle auto di apertura gara, che dovevano accompagnare i bikers fino al termine della prima salita asfaltata. Non sono state minimamente gestite ed hanno creato qualche problema in località Calaone.
Entrambe le problematiche dovevano essere gestite direttamente dal Direttore di Corsa, evitando di fidarsi su quanto pianificato nel pre-gara. In questo caso fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio e la prossima volta i bambini verranno gestiti da personale della gara e non dai loro accompagnatori e le auto di apertura gara le accompagnerò personalmente su quad fino al punto di deviazione su sterrato per i bikers, tenendole più allungate e facendole anticipare di molto all’arrivo del punto “X” che si trova in un tratto in discesa.
Qui devo fare il “mea culpa” poichè avevo pensato di gestire le cose di testa mia, ma poi mi sono fidato delle rassicurazioni dei collaboratori, poichè tendenzialmente sono un organizzatore che delega molto.
Altro problema importante è stata l’assenza di un ponte radio sanitario che doveva essere installato ma che, per problemi tecnici, gli addetti non sono riusciti a collegare. Qui il consiglio che possiamo dare è quello di non attendere il giorno della gara per provare le attrezzature, ma di farlo ben prima per poter, eventualmente, rimediare per tempo. In questo caso il mio responsabile di percorso, Giampaolo Ruzzarin, al quale faccio i miei più sinceri complimenti, ha messo in campo tutta l’esperienza accumulata in 20 anni di organizzazione gare, riuscendo a gestire lo stesso alcune situazioni di primo soccorso con i mezzi a disposizione. Comunque è stato aiutato anche dall’apparato radio di gara (altra frequenza) che prevedeva decine di persone sul tracciato. Questo è stato determinante.
Infine, vorrei fare un plauso ai componenti di giuria, che hanno certamente fatto sì che i tempi delle premiazioni si allungassero, ma il tutto a causa dei soliti “furbetti” che hanno corso rimanendo a casa. Questa volta, tuttavia, sono stati “beccati”.
Fonte GIANLUCA BARBIERI Copyright © INBICI MAGAZINE