L’anno sta per volgere al termine e dunque, come ogni anno, questo è il momento per le analisi ed i bilanci.
Il 2022 è stato, per il movimento del ciclismo italiano un anno tutto sommato positivo, tra la continua crescita della strada al femminile, la conferma della pista con nuovi prestigiosi successi e la mountain bike che è tornata ad ottenere qualche risultato di rilievo. All’appello è però mancato il settore che, storicamente, ha trainato l’intero mondo della bicicletta azzurra, ovvero il ciclismo su strada maschile.
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In un World Tour che diventa anno dopo anno sempre più competitivo e globalizzato, aprendo le porte a talenti provenienti da tutto il mondo, l’Italia ha confermato un trend negativo che inizia a diventare preoccupante. Il rendimento dei corridori azzurri nelle gare di primo livello è stato quantomeno deludente, arrivando a fare la parte delle comparse in quasi tutti gli appuntamenti più importanti ed attesi della stagione.
Prendiamo in esame in questo caso le cinque corse di un giorno più prestigiose del calendario World Tour (a cui non va dunque aggiunto il Mondiale), ovvero le cosiddette Classiche Monumento: nell’ordine Milano-Sanremo, Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, Liegi-Bastogne-Liegi e Giro di Lombardia. Se prendiamo le top10 degli ordini di arrivo di queste cinque gare, noteremo ben presto l’assenza di bandiere italiane di fianco ai nomi dei corridori.
Nella Classicissima di primavera, corsa storicamente dominata nell’albo d’oro da corridori italiani (51 vittorie azzurre, più del doppio del Belgio secondo), il primo azzurro al traguardo è stato Vincenzo Albanese, 11°.Non erano di certo tanti gli italiani che si presentavano in partenza come possibili vincitori o piazzati, ma forse è proprio questo il problema principale, che alcuni exploit negli scorsi anni di alcuni corridori hanno contribuito a nascondere sotto al tappeto.
Il discorso si fa ancora più deprimente quando si passa alle Classiche del nord: l’assenza di Sonny Colbrelli si è fatta sentire, così come l’annus horribilis di Gianni Moscon, lasciando un vuoto sostanzialmente incolmabile in questo tipo di gare. Mai un azzurro protagonista sulle pietre del Fiandre o della Roubaix, mai alcun italiano veramente in gara anche solo per un piazzamento interessante. Alla fine in Belgio il migliore sarà Luca Mozzato, con una poco entusiasmante 25a piazza, ed Andrea Pasqualon in Francia, 19°.
Salutato il pavé ed i muri, l’Italia non ha salutato i suoi problemi alla Liegi-Bastogne-Liegi, corsa in cui potenzialmente tra gli azzurri ci potrebbe essere qualche corridore adatto. I risultati ottenuti quest’anno (ed in realtà anche quello prima, e quello prima ancora) stridono decisamente con questa affermazione. Diego Ulissi, 22°, migliore italiano a 2’30” di distacco dal vincitore Remco Evenepoel ed anche in questo caso mai l’impressione che qualcuno potesse realmente provarci.
Si arriva dunque ad ottobre con Il Lombardia, in mezzo un buon Giro d’Italia (cinque vittorie e due piazzati in top10 nella generale), seguiti da un Tour ed una Vuelta letteralmente da dimenticare. Stessa musica sull’arrivo di Como: Andrea Piccolo è il migliore degli italiani, chiudendo all’11° posto, seppur a 1’58” dal vincitore Tadej Pogacar.
Lo scenario non migliora particolarmente se consideriamo anche le classiche un gradino sotto alle Monumento come storia e valore: il nono posto di Simone Petilli alle Strade Bianche è l’unico piazzamento tra i migliori dieci se prendiamo in analisi anche Gent-Wevelgem, Amstel Gold Race, La Fleche Wallonne, la Classica di San Sebastian e la sopracitata corsa toscana. Poco, decisamente troppo poco per una Nazione che era abituata a primeggiare quasi su ogni territorio.
I motivi e i perché di questa situazione sono stati ricercati, analizzati e raccontati da ogni tipo di esperto, dall’ex-atleta al giornalista, passando per direttori sportivi e membri della Federazione, con toni talvolta catastrofici talvolta rassicuranti. All’orizzonte non si vede un salvatore (uno alla Vincenzo Nibali per intenderci) che possa riportare risultati di spessore in Italia. Bisognerà attendere e sperare che il movimento possa crescere in maniera organica e continua per tornare a recitare il ruolo che l’Italia ha interpretato per decenni.
A cura della redazione di Inbici Magazine e OA Sport partner– Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata