Mario Scirea, bergamasco e classe 1961, è stato un grande passista e cronoman laureandosi anche Campione del Mondo nella cronometro a squadre nel 1987. Scirea nella sua prima parte di carriera è stato al fianco di Gianni Bugno, più tardi invece è salito a bordo di un treno che ha segnato la storia, quello di Mario Cipollini. Terminata la carriera agonistica è salito in ammiraglia al fianco di formazioni come Liquigas, Cannondale, Lampre e UAE Team Emirates, Biesse Carrera per poi affiancare dal 2021 i nostri c.t Daniele Bennati e Marino Amadori alla guida dall’ammiraglia azzurra con il ruolo di vice-commissario tecnico, anello di congiunzione tra gli Under23 e i professionisti.
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Sei stato un esempio di longevità, gareggiando da professionista fino a 40 anni: come si ottengono certi risultati e come ci si adatta al fisico che cambia?
“Avevo un ruolo diverso, non facevo il capitano. Negli ultimi anni questo è cambiato: oggi gli atleti vengono aiutati ad andare avanti con il tempo e con l’età senza lasciare niente al caso. La vita dell’atleta è migliorata, io in confronto ad un capitano che doveva vincere le corse, dovevo aiutare. Ho sempre cercato di dare il massimo negli anni: quando poi ho capito che era arrivato il momento di smettere, ho appeso la bici al chiodo”.
Per anni sei stato un pilastro del leggendario treno della Saeco di Mario Cipollini: che periodo è stato per te?
“È stato un bel periodo della carriera ciclistica e per me sono stati anni gratificanti. Sono momenti che porterò sempre nel cuore”.
Sei stato anche tra i protagonisti del trionfo di Zolder 2002…
“Avevamo un obiettivo e siamo riusciti a raggiungerlo. Franco Ballerini è stato eccezionale, ha fatto una Nazionale vincente con l’obiettivo di correre per un solo capitano. Tutti erano a disposizione di Mario che per lui è stata una stagione d’oro”.
Che rapporto avevi e hai con Mario Cipollini?
“Ci rispettavamo molto, ha un carattere forte. Cipollini era molto temuto in corsa. Oggi abbiamo un buon rapporto, ogni tanto ci sentiamo e parliamo un po’ “.
Da avversario cosa pensavi di Pantani quando lo vedevi in gruppo e che rapporto avevi con lui?
“Marco era un fuoriclasse. Un talento enorme. In salita non lo vedevo mai, lui sembrava in vespa ed io con la Graziella con la spesa nel cestino. Con lui non avevo un grande rapporto, ci rispettavamo molto e ogni tanto scambiavamo qualche parola ma niente di più”.
La tua gioia più grande da direttore sportivo?
“Ce ne sono state tante. In Liquigas c’erano corridori come Sagan, Nibali, Gasparotto e Kreuziger, un gruppo di giovani che ho seguito all’inizio del loro percorso. Siamo cresciuti insieme e abbiamo ottenuto le prime vittorie. Una corsa che porterò sempre nel cuore è la Strade Bianche vinta con Moreno Moser e secondo arrivò Sagan”.
E i nostri giovani oggi?
“Ce ne sono tanti ma devono ancora crescere e dimostrare. È un periodo dell’Italia di transizione, bisogna solo aver pazienza e cercare in tutti i modi di costruire una formazione World Tour in Italia. Abbiamo molti giovani che però corrono in squadre straniere e quindi spesso si trovano in seconda battuta”.
Da dove comincerà questa tua stagione al fianco dei c.t. Amadori e Bennati?
“Alla Vuelta a San Juan in Argentina, dove sarò lì con i ragazzi della Nazionale”.
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