Sono tanti gli argomenti emersi in una sola settimana nel ciclismo. Dal tremendo incidente costato la vita a Gino Mäder alle riflessioni sulla sicurezza, fino ancora ai fatti del Giro Next Gen con la questione dello Stelvio con le 31 squalifiche per traini di vario genere. A parlarne è Mauro Vegni, che risponde a Tina Ruggeri per InBici.
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Il primo pensiero è legato alla tragica scomparsa di Gino Mäder: “Scendere a quasi 100 all’ora, c’era una discesa che poteva permettere quella velocità. Purtroppo questo è un mestiere pericoloso, siamo in mezzo alla strada e diventa imprevisto anche quello che potrebbe sembrare normalità. Quindi purtroppo oggi siamo ancora affranti per un giovane ragazzo. E’ una cosa imprevedibile, una cosa che uno spesso fa, girarsi per vedere chi si è lasciato indietro. Però proprio perché fare ciclismo su strada è una situazione diversa da altre competizioni, è chiaro che ha un’alea di rischio importante“.
Rifiuta però l’idea di “ridurre” il ciclismo ai circuiti: “Se qualcuno mi firma oggi che non si fa più male nessuno lo facciamo, perché questo non è ciclismo. A fare qualsiasi tipo di circuito ci può essere qualsiasi tipo di incognita sulla tappa che può creare l’imponderabile. Chiaramente oggi con le velocità sempre più elevate che si toccano, per i mezzi che hanno a disposizione i ciclisti e l’arredo urbano che diventa un pericolo costante, è chiaro che il ciclismo è uno degli sport più pericolosi. Ricordiamoci sempre che, 80 o 100, stiamo correndo su una gomma di 20 millimetri“.
Sull’attenzione, e con il pensiero anche ai partecipanti del Giro Next Gen: “Qualche volta è giusto mollare il freno, perché non è facendo una volata per vincere o per arrivare quinti, sesti, settimi, che cambiano le cose. Pensare sempre a quella che è la sicurezza. Quando si va su rotonde, soprattutto nei Grandi Giri, all’inizio, non c’è mai la voglia di frenare. Hanno tutti voglia di mettersi in mostra, ma i Giri sono lunghi, c’è tutto il tempo, senza rischiare alla prima tappa“.
Infine, un bilancio che comprende anche la tappa più chiacchierata: “Anche sullo Stelvio non è che io sia molto d’accordo con quelli che hanno spinto, l’hanno violato. Quelli che sono arrivati non hanno fatto anche loro la corsa? Guardiamo sempre il peggio di quello che succede, non il meglio. Sono convinto che molti di quei ragazzi che hanno fatto lo Stelvio sono arrivati, hanno fatto una fatica bestiale, bisogna riconoscere loro il meglio. Poi qualcuno ha fatto qualcosa di scorretto, però non possiamo fare che siano tutti quanti nella stessa situazione. Per cui il bilancio è positivo, bisogna tener conto delle categorie diverse e degli approcci diversi, ma piano piano cercheremo di eliminare queste incongruenze che ci sono. Fare una gara a tappe e non avere una seconda ammiraglia per me è una cosa bestiale, perché se hai i corridori in fuga o dietro devi fare servizio per l’una o per l’altra, e anche lì c’è il rischio. Basterebbe avere due ammiraglie come succede nei Giri normali. Elimineremmo i rischi del passaggio avanti e indietro di queste macchine“.
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