Troppo bello per essere vero? La domanda è venuta spontanea, per quanto si è visto ieri nella prova contro il tempo del Tour de France 2023, che partiva da Passy e arrivava a Combloux di 22,4 km, sedicesima frazione della Grande Boucle. Il dominio della Maglia gialla, Jonas Vingegaard, ha avuto dei tratti quasi surreali per la media (41.227 km/h), su un percorso impegnativo, e soprattutto per i distacchi rifilati a due assi delle crono come lo sloveno Tadej Pogacar (+1:38) e il belga Wout Van Aert (+2:51).
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Un incedere impetuoso che ha avuto delle ripercussioni nella classifica generale, visto che il danese ha un margine di 1:48 su Pogacar, mentre il terzo della graduatoria, il britannico Adam Yates, è a 8:52 dal vertice. Vingegaard sembra aver ipotecato il successo di questo Tour, che sarebbe il secondo consecutivo, ma a tenere banco sono le domande su come sia stata possibile una prestazione del genere.
Come riportato dal Corriere dalla Sera, Vingegaard si era pronunciato in conferenza stampa sabato scorso su quanto stesse facendo in bicicletta nella Grande Boucle: “Capisco e giustifico chi è scettico sulle mie prestazioni: sto andando davvero fortissimo. Avere dubbi è importante: impedisce che il ciclismo ricada negli errori del passato, autodistruggendosi. Abbiatene pure su di me”.
Il danese quindi rafforza l’idea di sollevare dei dubbi su quanto sta accadendo? In realtà, l’asso della Jumbo-Visma ha sottolineato anche questo ai media: “Capisco perfettamente le domande su questo a causa del passato del nostro sport. Tutto quello che posso dire è che non prendiamo niente. È vero che andiamo veloci. Attrezzatura, alimentazione, allenamento, tutto è cambiato e questo spiega perché le prestazioni stanno migliorando. Ma è bene siate scettici“. Pertanto, l’attuale Maglia gialla ha posto l’accento sulle nuove metodologiche di preparazione/allenamento che possono giustificare prove come quella a cui abbiamo assistito.
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