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Raffele Babini

RAFFAELE BABINI: “A METÀ MAGGIO ERAVAMO SOTT’ACQUA, OGGI FINALMENTE VEDIAMO LA LUCE”


La Faentina è una società ciclistica storica del pedale emiliano. Esiste ed opera sul territorio dal 1907 e oggi, fedele alla sua storia autorevole, è degnamente rappresentata da Raffele Babini, ex uomo Rcs ma, soprattutto, uno dei più fini conoscitori del ciclismo mondiale.

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Assieme a lui abbiamo camminato attraverso le difficoltà dell’immediato post alluvione e di come si può uscire da questa inquietudine che un evento così difficile e traumatico ha generato. “Servono organizzazione e un pizzico di ottimismo per ripartire”, dice subito indicando la rotta.

Babini, facciamo il punto della situazione sui danni alle strutture e a che punto è la ripartenza nel territorio di Faenza…

“Sono arrivati quasi due metri d’acqua che, purtroppo, oltre ad avere invaso il parco, hanno allagato completamente la sede sociale della Sc Faentina. Sotto i 120 centimetri non si è salvato niente, tutto è stato spazzato via dall’onda d’urto dell’acqua. Per quanto riguarda le biciclette, quelle appese siamo riusciti a salvarle mentre le bici più vecchie – dopo averle pulite e sistemate accuratamente – saranno inviate ai centri federali di Cuba e Africa. Le altre, quelle meno toccate dall’acqua, le abbiamo recuperate dopo una radicale manutenzione”.

Come avete affrontato i giorni dell’emergenza post-alluvione?

“Noi, come Faentina, oltre a pulire il parco da tutta l’immondizia grazie all’aiuto dei volontari di tante società limitrofe, ci siamo avvalsi di un mezzo con una ruspa che ci ha permesso di spostare tutto il fango, sgomberando di fatto tutta la via centrale. Abbiamo voluto procedere con la pulizia del parco, anche se non era di nostra stretta competenza, ma ce lo siamo accollati perché è anche un punto di ritrovo per le persone anziane o per chi desidera farsi una camminata in sicurezza. Noi abbiamo perso gran parte degli arredi, la cucina, i tosaerba e tutti i pulmini per un danno che si aggira attorno ai 45 mila euro. Altrettanti danni saranno a carico del Comune perché la forza dell’acqua ha strappato il blocco degli elementi, acqua, elettricità e fognature. Per oltre 20 giorni ci siamo avvalsi di generatori per procedere alle prime pulizie. Adesso stiamo completando la sistemazione interna ed esterna che sarà conclusa in una settimana. Nel frattempo siamo stati ospitati dalla Asd Forti Liberi di Forlì nel loro circuito protetto. Interesse nostro era la radicale pulizia del circuito per consentire ai nostri, alla Zanoni e alla Reda di utilizzarlo”.

Quanta solidarietà avete toccato con mano?

“Tantissima e resterà l’unica bella pagina di questa tragedia. Una domenica ci siamo trovati qui in 15 persone, abbiamo lavorato tutto il giorno per raccogliere cataste di rifiuti. Ho avuto solidarietà dalla Zanoni, dalla Massese e da tanti volontari, gente che è venuta da Ferrara e dalla bassa Emilia Romagna con le vanghe e gli stivali. Grazie al loro aiuto siamo riusciti a pulire il parco e a lavare tutta la struttura”.

Ha mai avuto “paura” di un possibile rallentamento nella crescita dei giovani?

“Mah, più dell’alluvione io credo siano certe scelte politiche ad ostacolare il vero ricambio generazionale del nostro ciclismo. Penso che in Italia dobbiamo fare una riflessione perché se paesi ciclisticamente meno evoluti del nostro portano più atleti di noi al Giro e al Tour significa che qualcosa non torna. Io credo che il percorso che Davide Cassani, con il suo staff, aveva iniziato vada portato avanti. Bisogna creare cultura formativa nelle società di base. Occorre essere educatori in primis e allenatori poi per una crescita psicofisica equilibrata dei nostri atleti. Non ha senso cercare il successo subito e, invece, oggi tutto è stato anticipato. Oggi se si guarda solo a Pogacar, Evenepoel e pochi altri, rischiamo di commettere errori grossolani. Serve invece una nuova politica sui giovani e, altra cosa che certo non aiuta, in Italia abbiamo una pessima cultura sulla mobilità sostenibile. Deve entrare in quella cultura che io chiamo casa-scuola casa-lavoro, cosa che avviene nei paesi nordici, un insegnamento che dobbiamo cercare di fare nostro. Abbiano necessità di fare tanto in questa direzione per recuperare il tempo perduto”.

Quanti problemi ha creato questa alluvione anche ai giovani ciclisti?

“I bambini l’hanno sentita in maniera considerevole, anche solo nel trasferirsi per continuare la propria attività motoria. Tutto questo ha lasciato in loro, come nella città, un senso di tristezza, di torpore, di disagio, direi quasi di abbandono. Noi cerchiamo di stimolarli, i bambini sono molto più elastici nel recepire e nell’azzerare, questo è fondamentale per non perderli, nessuno è stato lasciato indietro. Ogni famiglia, chi più chi meno, è stata interessata dall’alluvione che ha lasciato un alone che, ancora oggi, si percepisce nell’aria lasciando un senso di precaria serenità. Noi siamo un luogo polivalente e deve essere sfruttato come tale. Abbiamo il desiderio di riprenderci, dobbiamo pensare anche a chi non ha più casa o ha smarrito i suoi punti di riferimento”.

Rafaele Babini con i giovani atleti del team SC Faentina

Si può dire che, il ciclismo possa fungere da gancio trainante all’interno della società per una ripresa più veloce?

“Il ciclismo non deve abbattersi perché, dovendo gestire giovani, bambini e adolescenti, ha il dovere di rialzarsi. Dove c’è gioventù, del resto, c’è più voglia di sorridere. Il loro entusiasmo va alimentato, soprattutto oggi”.

Voi avete avuto tanta solidarietà anche da Davide Cassani…

“Abbiamo avuto tanta solidarietà dal mondo del ciclismo, ma anche dai podisti, in particolare dall’associazione podistica dell’Avis, dalla società cicloturistica del Ferrarese e del Reggiano. Conoscendo tante persone, sono arrivate tante donazioni che ci aiuteranno a tornare gradualmente alla normalità. Devo dire grazie a Davide, ma anche a tante persone del mondo dello sport che ci hanno offerto un aiuto tangibile e inaspettato. Dobbiamo ringraziare tutti perché ci hanno dato spinta e più senso di responsabilità nel fare quello che è giusto per i ragazzi e per la tutela di un patrimonio della città”.

Come si può ripartire e quale deve essere l’obiettivo a medio termine?

“L’obiettivo primario come Faentina è quello di far tornare il parco come prima, perché è un luogo indentitario della città, non solo del ciclismo. Quello di cui abbiamo bisogno è rimettere in sesto quelle infrastrutture che l’onda d’urto ha devastato. Ho fatto a mie spese dei collegamenti di fortuna per avere un minimo di autogestione. Il Comune ad oggi non ha speso molto, occorre rimettere in sesto le strutture ricettive, non solo per la Faentina ma anche per chi verrà dopo”.

Nei suoi anni in RCS alla Direzione Corse, come ha visto cambiare il mondo del ciclismo?

“Quest’anno, per via dei tanti impegni ho preferito, dopo 17 anni, fare il Giro Under 23 anziché il Giro dei Prof. A me sta molto a cuore la sicurezza degli atleti ma anche il significato promozionale del ciclismo che ha peculiarità tutte sue perché va a casa degli altri, portando alla scoperta delle nostre bellezze. Il ciclismo deve essere un volano per il turismo a tutto tondo sfruttando potenzialità che altri sport non hanno. Nel rispetto delle regole stradali, il ciclismo deve essere tutelato anche dalle istituzioni. Deve essere tutelata l’immagine del ciclismo ma anche del nostro bel paese. Gli organizzatori devono capire questo concetto. Lo schema non è difficile: le corse le fanno i corridori, mentre gli organizzatori devono preparare la scena. In tanti anni ho imparato questo: per fare il bene del ciclismo serve grande organizzazione a tutti i livelli”.

Oggi, due mesi dopo la tragedia, vedete la luce in fondo al tunnel?

“Sì, io sono ottimista e lo sono per natura. Veniamo da momenti difficili ed impegnativi. Ma ci sono tutti i presupposti per guardare avanti con grande ottimismo”.

A cura di M.M. – Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata

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