Silvio Martinello il ciclismo lo conosce bene e sotto diversi punti di vista. La quasi ventennale carriera da ciclista (professionista e pistard dal 1985 al 2003, ndr) gli ha regalato successi indimenticabili. Su strada vale la pena ricordare due tappe al Giro con la maglia rosa indossata per quattro giorni nel 1996, una frazione alla Vuelta di Spagna e ancora successi alla Tirreno-Adriatico e al Giro di Svizzera. In pista poi ha vinto tutto: Sei Giorni con Marco Villa, Campionati italiani e del mondo e due medaglie olimpiche: oro ad Atlanta nel 1996 nella corsa a punti e bronzo Sydney nel 2000 con Marco Villa nella madison. Velocista puro, Silvio ha corso tra i professionisti fino a 40 anni, per poi intraprendere un’attività imprenditoriale e quindi quella di opinionista: dal 2014 al 2019 ha commentato le corse per RaiSport per passare poi a RadioRai.
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Che idea ti sei fatto all’Europeo di domenica?
“E’ un ordine d’arrivo di alto livello, i primi quattro sono corridori che avevano ottime probabilità di essere protagonisti. Mi è piaciuto il finale, ma non ho mai apprezzato la scelta di correre un Europeo su una distanza “dilettantistica”, secondo me dovrebbe corrersi su una distanza consona alla categoria. Per Laporte è senza dubbio una consacrazione alla fine di una stagione che lo ha visto protagonista”.
Secondo te Ganna, per diventare uno dei migliori nelle Classiche del Nord, deve per forza abbandonare la pista o sarebbe un errore?
“La pista lo ha aiutato a diventare ciò che è e le ha regalato grandi soddisfazioni, ma credo che sia arrivato il momento di fare delle scelte, chiaramente dopo le Olimpiadi di Parigi. In pista ha raccolto tutto quello che poteva raccogliere, e quindi non ci vedrei nulla di strano se dopo Parigi 2024 facesse una scelta di questo genere perché ha dimostrato di poter raggiungere certi traguardi. Vincere un altro inseguimento individuale non cambierebbe molto, vincere una Milano-Sanremo o un Giro delle Fiandre gli cambierebbe ancora di più la carriera, nonostante in quest’ultima non ci abbia ancora provato, così come migliorare il risultato alla Parigi-Roubaix. Anche a livello di motivazione personale sarebbe un qualcosa in più”.
A livello giovanile sono davvero tanti gli azzurri che si mettono in mostra, ma quelli che poi emergono con una carriera da protagonisti tra i professionisti sono pochi…
“Ogni carriera e ogni soggetto ha la propria storia e il proprio percorso. Sulla base della mia esperienza personale, credo che la categoria Under23 necessiti di una notevole riforma perché non capisco cosa serva così com’è. E’ una categoria che ha poco senso a mio avviso, ci troviamo con atleti che normalmente possono fare attività professionistica ad alto livello che si ritrovano a partecipare con coetanei che fanno un altro tipo di attività. E’ una categoria che deve continuare ad esistere, per essere un cuscinetto tra gli Juniores e i professionisti, ma necessità una riforma”.
La Slovenia non ha una squadra World Tour. Perché ora sta sfornando campioni? Qual è il segreto?
“C’è un progetto e una modalità di far crescere i giovani diversa dalla nostra. Noi siamo ancorati alla nostra tradizione e questa ci porta a fare sempre dei confronti con il passato. E’ preoccupante che un paese come l’Italia, dove il ciclismo ha delle radici profonde, non riesca da tantissimi anni a proporre un progetto World Tour, e penso che le cause siano molteplici, non solo legate agli alti costi che impone la categoria World Tour. Il ciclismo ha una grande capacità di promuovere prodotti e paesi che nessun altro sport ha, e questo sarebbe da fare capire alle istituzioni e potrebbe essere l’anello mancante per i nostri giovani migliori per farli emergere”.
Jonathan Milan ha pagato a duro prezzo un Giro d’Italia da assoluto protagonista: te lo aspettavi?
“Conosco dal punto di vista fisiologico i suoi dati e ha un grande motore. C’era da aspettarsi le cose che ha fatto, ha la potenza e le qualità per diventare uno dei grandi. Nel ciclismo non si corre in corsie singole, contano molto le posizioni e spesso ha perso volate per essersi trovato in una posizione non idonea, ma con una squadra che lo mette al posto giusto nel momento giusto può fare delle grandi cose”.
Antonio Tiberi ha lasciato intravedere qualcosa alla Vuelta…
“Alla Vuelta ha fatto vedere di avere delle discrete qualità, anche come recupero. Corre in una grande squadra e quindi spesso e volentieri lavora per i capitani, ma è un ragazzo su cui investire. E’ bello vedere un giovane, che ha avuto un ottimo passato nelle giovanili, notarlo nella massima categoria”.
Il problema della sicurezza stradale allontana sempre più i praticanti, soprattutto bambini e ragazzini. Un problema di impossibile risoluzione senza un intervento statale?
“Abbiamo il dovere di provare a fare qualcosa. E’ un lavoro di lungo periodo perché va a toccare l’educazione e il senso civico delle persone, partendo dalle nuove generazioni. Dal mio punto di vista è giusto punire in modo più severo chi non rispetta le regole del codice della strada, ma quello che vedo non è la mancanza di regole ma bensì di controlli e quindi sarebbe il caso di investire anche su questo. Ci sono tanti altri problemi, come società che stanno scomparendo e il mancato reclutamento dei giovani. Manca la capacità di pianificare e progettare e così facendo il nostro ciclismo rischia di avere una base sempre più limitata e quindi con minori possibilità di avere soggetti che possano fare da traino per le generazioni successive. Le società inoltre andrebbero aiutate economicamente, il ciclismo è uno sport costoso e i soldi vanno investiti dove servono”.
Cosa pensi di Pellizzari e Piganzoli che sono arrivati sul podio all’Avenir?
“E’ un bel banco di prova, sono ragazzi con qualità e speriamo che riescano a confermarsi e progredire nei prossimi anni”.
L’arrivo di Salvoldi nel settore juniores pensi che stia rivitalizzando la base?
“Salvoldi è un tecnico molto preparato e sta facendo un ottimo lavoro. I risultati stanno arrivando, soprattutto su pista. A livello internazionale, già tra gli Juniores, sono avanti anni luce. Credo che Salvoldi abbia sicuramente portato un valore aggiunto e sta facendo un buon lavoro”.
Ti ricandiderai alla presidenza della Federciclismo?
“L’intenzione c’è, vedremo se ci saranno le condizioni. Io ci sono solo per cambiare le cose, non per continuare così”.
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