Abbiamo raggiunto telefonicamente Davide Formolo, portacolori della UAE Team Emirates (formazione con cui ha il contratto anche la prossima stagione, ndr) e fresco vincitore della Coppa Agostoni dopo un ottimo lavoro di squadra della formazione emiratina con Marc Hirshi secondo e Diego Ulissi sesto: “Serviva questa vittoria. Dopo tanti anni, in cui ho dimostrato di esserci, anche come gregario. La vittoria è la ciliegina sulla torta, ci tenevo molto a finire bene la stagione, quindi sono contento“.
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Sei considerato uno dei migliori gregari in circolazione. Ogni tanto hai un po’ di rammarico per non esserti costruito una carriera da capitano?
“Al giorno d’oggi ci sono cinque/sei corridori che hanno qualcosa in più rispetto alla media e quindi bisogna decidere se correre per un piazzamento o essere d’aiuto per i propri capitani ed io come gregario per uno di questi fenomeni mi sento più gratificato. Con Tadej c’è un ottimo rapporto e andiamo d’accordo anche al di fuori della bici”.
Hai avuto tanti compagni di squadra formidabili. Cos’ha di speciale Pogacar?
“Tadej è un fenomeno. Abitiamo entrambi a Montecarlo, ma spesso non ci alleniamo insieme (ma so che non sono l’unico a non farlo, ci racconta ridendo, ndr) perché ha un motore impressionante e anche in allenamento ti tira il collo e spesso non riesci a stargli a ruota”.
Ripensando alla Liegi del 2019 hai dei rimpianti o il secondo posto era il traguardo massimo possibile?
“La Liegi è una gara che mi si addice molto, pochi giorni prima era scomparso Michele Scarponi e volevo fare bene per dedicargli la vittoria, ma purtroppo a 500 metri dal traguardo mi è sfuggita. Mi piacerebbe tornare alla Liegi per cercare di migliorare quel secondo posto”.
Nel 2024 e nel 2025 i percorsi dei Mondiali saranno impegnativi, per scalatori. Difficilmente il ct Bennati rinuncerà a te: ti aspetti di essere protagonista in azzurro?
“Mi piacerebbe vestire la maglia azzurra, nelle corse di un giorno ho dimostrato di esserci e di poter dire la mia, ma è chiaro che al Mondiale trovi dei fenomeni difficili da battere. Bisognerà inventarsi qualcosa per riuscire ad isolarli o anticiparli”.
Sei arrivato 9° alla Vuelta e 10° al Giro d’Italia. A posteriori e dopo qualche anno, hai capito cosa ti è mancato per poter diventare protagonista nelle corse a tappe?
“Il Giro del 2017 è un grande rammarico, purtroppo sono caduto durante la prima settimana (nella tappa dell’Etna) e ho fatto fatica a recuperare. Senza quella caduta potevo puntare ad una top5 sicuramente ed è stato l’ultimo Grande Giro in cui ho provato a puntare alla generale”.
Quanti anni di carriera vedi ancora dinanzi a te, in un’era dove ormai si inizia a vincere anche da U23?
“E’ un ciclismo, quello di oggi, che sta correndo molto. E’ uno sport che mi piace molto e sto bene in gruppo, quindi al momento non ci ho ancora pensato. Vedremo fino a quando risponderà bene il mio fisico e quindi fino a quando riuscirò ad essere competitivo”.
Nella parte finale della tua carriera continuerai ad aiutare i compagni oppure ti piacerebbe avere un’ultima occasione da capitano?
“Mi piacerebbe poter provarci un una corsa di un giorno e poi continuare ad essere al fianco del capitano nei Grandi Giri. Questo sarebbe il mio sogno per chiudere il cerchio”.
Giuseppe Saronni ha detto che “il ciclismo italiano ha un destino segnato”. La pensi anche tu così?
“Parlano i risultati. E’ uno sport che ha aperto le porte a tantissime nazioni quando prima si giocava quasi “in casa”. Purtroppo o per fortuna è diventato uno sport molto internazionale. Sta a noi riuscire ad alzare l’asticella”.
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