La stagione del ciclismo si è conclusa con una Classica Monumento vinta da Tadej Pogacar confermatosi, in questo 2023, “signore delle classiche”. A brindare a questo ennesimo successo è stato, in primis, Mauro Gianetti, direttore d’orchestra della UAE Team Emirates.
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Mauro, la vittoria al Giro di Lombardia é la ciliegina di una stagione molto positiva per il vostro numero uno…
“Una vittoria di classe, l’ennesima per Tadej. Stava abbastanza bene di condizione ma, negli ultimi giorni, aveva accusato un po’ di tosse e raffreddore. Però lui ha corso con la testa del campione, con la voglia di vincere. Con o senza la gamba, ancora una volta si è visto tutto il carattere di Tadej”.
Quale bilancio si può fare per la stagione di Pogacar?
“Direi un bilancio straordinario. Ha vinto la prima e l’ultima corsa della stagione. In totale diciassette affermazioni ed il secondo posto ad un Tour de France affrontato in condizioni non ideali: quattro settimane senza allenarsi a poco più di due mesi dal via della Grand Boucle. Ha dimostrato capacità uniche, nessun corridore avrebbe fatto una cosa simile. Ha vinto il Fiandre, è scattato sul Poggio alla Sanremo, si è imposto all’Amstel, alla Freccia e la caduta della Liegi lo ha privato di una battaglia epica con Evenepoel. Ha stravinto la classifica mondiale individuale. Insomma, una stagione di altissimo livello pur segnata da questo grave infortunio”.
E per la UAE Emirates?
“Direi altrettanto buono. Abbiamo raggiunto il nostro traguardo di vincere la classifica mondiale per club. Avevamo due obiettivi: il Tour e la Classifica mondiale. Al Tour abbiamo messo due ragazzi sul podio, Tadej ed Adam Yates. Chiaramente era meglio vincere ma Vingegaard, bisogna ammetterlo, ha fatto un ottimo Tour. In ogni caso, siamo stati in assoluto la migliore squadra in salita e riuscire a mettere due corridori sul podio è stato straordinario. Sappiamo che Tadej non ha potuto giocarsi tutte le sue carte, ma il bilancio è stato comunque esaltante. Altro dato importante: su 30 corridori 18 dei nostri hanno vinto almeno una gara. Nella classifica mondiale abbiamo 4 corridori nella top 15: Pogacar, Adam Yates, Almeida e Marc Hirschi. Abbiamo vinto le tre maglie bianche nei tre grandi giri. Impossibile non essere soddisfatti di una stagione così”.
Formolo è partito direzione Movistar…
“Gli hanno offerto un ruolo diverso e lui ha detto sì. Lo ringraziamo per quello che ha fatto per noi e gli auguriamo ogni bene”.
Come si muoverà il vostro mercato in vista della stagione 2024?
“Noi, per la verità, ci siamo già mossi guardando soprattutto al futuro con l’ingaggio di alcuni giovani interessanti come Jan Christen, Antonio Morgando e Isac Del Toro. Sono tutti prospetti molto promettenti. E poi abbiamo puntato sull’italiano Baroncini che, a nostro parere, ha delle potenzialità ancora inespresse e, nel 2024, potrebbe fare il salto di qualità. Abbiamo deciso di creare una squadra competitiva in ogni scenario: con Pavel Sivakov abbiamo un corridore completo per le corse a tappe, mentre Nils Poitt è uno specialista del pavè. Con loro copriamo due settori per noi molto importanti. Il resto è stato un investimento sui giovani. Ad esempio segnatevi il nome dello spagnolo Arieta, un ragazzo con prospettive importanti”.
Dunque, non solo campioni già affermati, ma anche giovani da valorizzare?
“Noi, per una precisa scelta di team, abbiamo da subito guardato ai giovani, investendo su talenti acerbi come Pogacar, Alessandro Covi, Finn Fisher Black, Joao Almeida, Marc Hirschi, Brandon McNulty e Juan Ayuso. Ragazzi che adesso hanno dai 21 ai 24 anni. Vogliamo continuare su questa strada, abbiamo una base molto ben organizzata e non sentiamo lo stress di andare a prendere corridori già affermati. Dal prossimo anno, tra l’altro, avremo lo GenZ Team, un gruppo di corridori con meno di 20 anni che diventeranno il vivaio naturale della squadra”.
Al netto delle trattive qual è, ad oggi, la squadra che si è maggiormente rinforzata? Ti aspetti qualche big con la valigia, penso a Evenepoel…
“Credo che Remco resti dov’è. La squadra attorno a lui è stata rafforzata anche se, a mio giudizio, partiva già da un’ottima base. Penso che Luca Guercilena con la Lidl – Trek abbia fatto un’ottima campagna acquisti, la migliore di tutti: con Andrea Bagioli, Tao Geoghegan Hart ed altri innesti ha rinforzato in modo significativo la squadra che, dal prossimo anno, sarà ancora più competitiva. L’altro colpo lo ha fatto la Bora-Hansgrohe che ha fatto firmare Primosz Roglic, inserendolo in un contesto già molto competitivo. Ingaggiando un leader come lui ha fatto un altro salto in avanti”.
Si parlava di vivai, come vedi il momento dei giovani italiani?
“Il ciclismo italiano ha delle buone prospettive, vedo tanti atleti che stanno arrivando. Manca però la squadra faro nel World Tour, quella che dà delle garanzie. Per l’Italia il discorso è sempre più generale: andrebbero fatti più investimenti a livello politico, bisognerebbe creare più piste ciclabili per permettere ai ragazzi di allenarsi. La situazione sta migliorando, lo abbiamo visto nel recente Giro d’Italia soprattutto al Centro Sud ma c’è ancora molto lavoro da fare sul piano delle infrastrutture. Per quanto riguarda i giovani, bisogna lavorare anche nei settori della mountain bike e della bmx investendo di più sulle cosiddette discipline ludiche, quelle che avvicinano i bambini alla bicicletta. Non è necessario, quando hai tra i 15 ed i 17 anni, allenarsi su strada. Meglio impegnare i ragazzi in discipline più divertenti piuttosto che costringerli a fare delle ripetute”.
Quindi più spazio alla multidisciplinarietà?
“Certo. Non a caso, nel recente campionato mondiale Gravel, molti campioni del ciclismo sono andati a giocarselo. La multidisciplinarietà è ormai parte del futuro e deve partire ovviamente dai giovani che devono potersi allenare su altri terreni, non solo sulla strada”.
Come hai visto cambiare il mercato in questi anni? Lo spettro della fusione tra Jumbo e Quick Step poteva davvero sparigliare le carte?
“Noi abbiamo fatto il nostro programma guardando avanti con investimenti a lungo termine sui giovani senza mai speculare sulle fusioni. Non mi sembrava una bella cosa, onestamente, per il ciclismo questo tipo di operazione. Parliamo di una unione tra due delle tre migliori squadre al mondo. Non ne avrei capito il senso, se era sportivo o economico. Il ciclismo non ha bisogno di cartelli, ma di concorrenza e di esaltazione, come abbiamo visto al Tour o nelle classiche di quest’anno, gare che sono state uno spot promozionale importante per il ciclismo. Non è sicuramente stata la Vuelta la gara più esaltante della stagione… Insomma, un’eventuale fusione avrebbe creato una super potenza, la squadra avrebbe recuperato un Remco Evenepoel e comunque perso Roglic. In ogni caso, visto che è andata così, sono felice per tutti i corridori e per tutto lo staff delle squadre. Continuando così nessuno ha corso il pericolo di essere tagliato fuori”.
Hai parlato di Vuelta: cosa ne pensi della gestione della corsa iberica? Vista dall’ammiraglia è la strada giusta o serve una presa di coscienza dei corridori?
“Non credo siano state decisioni prese dai corridori, ma da chi, nel nome di uno spettacolo esasperato, sceglie sempre di più arrivi bizzarri in posti improbabili. Non credo sia necessario avere salite al 40% per avere dello spettacolo, perché oggi i corridori hanno rapporti per affrontare ogni tipo di salita, non è che più è ripida e più si fa spettacolo. Questa logica dovrebbe appartenere più al Gravel che al ciclismo su strada. A parte delle eccezioni storiche come il Fiandre, la Roubaix o le Strade Bianche, il ciclismo non può discostarsi troppo dai suoi schemi e dalla sua storia. Ripeto, se si vuole esagerare, facciamolo nel Gravel”.
Capitolo Grandi Giri: quali sono i piani per Pogacar?
“La stagione è finita da poco, ha avuto una stagione molto logorante più sul piano mentale che fisico. Guardare gli altri in tv che corrono o i social degli altri che si allenano è stata dura. Il voler essere protagonista al Tour de France e non poter lavorare per quell’obiettivo è stato uno stress non indifferente. Il Tour, con gli alti e bassi che ha avuto, è stato un turbinio di emozioni. Vogliamo prima visionare tutti i percorsi poi, tra novembre e dicembre, con la serenità di sempre, ci siederemo con Tadej e faremo il punto della situazione”.
A cura di M.M – Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata