Trasmissione meccanica ed elettromeccanica, freni rim-brake oppure disc brake: la più aggiornata componentistica Ultegra di serie 8000 declina quattro diversi modi di concepire trasmissione e sistema frenante. Le abbiamo provate tutte e quattro in un test di durata su due bici Argon18. Ecco le nostre impressioni e le nostre valutazioni
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In Italia – se dici “Ultegra” – tanti, forse troppi, cicloamatori hanno l’idea di un gruppo di rimpiazzo rispetto al primo della famiglia Shimano, il blasonato Dura-Ace. Peggio ancora, molti reputano l’Ultegra l’opzione obbligata per tutti quegli “Shimanisti” che non hanno i soldi per permettersi il Dura-Ace. «Allora – pensano loro – compro l’Ultegra perché anche se pesa un po’ di più, in fondo va bene lo stesso, perché alla fine è sempre un gruppo della Shimano».
Quanto questa lettura sia semplicistica, banale e piena di radicati luoghi comuni ce lo dicono due fattori. Il primo: basta guardare oltre confine per capire quanto l’Ultegra all’estero abbia la dignità che gli compete, ossia quello di gruppo di altissima gamma destinato alla competizione, quello di “reparto” ambito da tanti agonisti e fiore all’occhiello delle bici di tanti ciclisti sportivi evoluti. Il Dura-Ace? Il Dura-Ace è roba da professionisti o, al massimo, roba da ciclisti evoluti che hanno le possibilità economiche per togliersi anche lo sfizio di disporre davvero del non-plus-ultra di Casa Shimano.
Non finisce qui: il secondo fattore per (provare) a scardinare questo luogo comune tipicamente italiano lo aggiungiamo noi che, grazie alla collaborazione di Shimano Italia, abbiamo effettuato un test di durata su due “gruppi” Ultegra di più recente generazione, per l’occasione montati su due telai Argon18, un Nitrogen e un Gallium Pro Disc, messi a disposizione dalla Beltrami di Reggio Emilia.
Su uno di questi Shimano Italia ci ha montato un reparto elettromeccanico di serie R8050 con freni di tipo rim-brake, sull’altro un reparto meccanico di serie R8000 con dei freni idraulici a disco. Abbiamo in pratica avuto l’occasione di testare in parallelo due delle quattro possibilità di configurazione che l’attuale componentistica Ultegra consente (le altre due sono quelle di una trasmissione meccanica con rim-brake e una elettromeccanica con rim-brake).
Questo, tra l’altro, ci consente di ricordare che l’utente che si avvicina al “mondo Ultegra” ha la possibilità di scegliere all’interno di un bouquet variegato, che riesce ad assecondare qualsiasi tipo di gusto e di esigenza.
Da parte nostra l’obiettivo e la finalità principali del nostro test erano quelle di analizzare le funzionalità e la fruibilità di componenti che in fondo esprimono filosofie tecniche differenti, oseremmo dire opposte, perché in un caso demandano alla meccanica il compito di gestire la trasmissione, nell’altro alla elettromeccanica; in un caso affidano ai rotori e alle pinze idrauliche il compito di frenare, nell’altro ai tradizionali “archetti” che agiscono sul cerchio.
Insomma, quella che vi apprestate a leggere è una panoramica generale su come è possibile intendere oggi un gruppo completo di una bicicletta, e tutto questo all’interno delle possibilità che offre la componentistica Ultegra di più recente generazione, ossia quella che è stata introdotta sul mercato circa dodici mesi fa, e che come vedremo ha fatto un significativo passo avanti rispetto all’omologa componentistica Ultegra fino a quel momento sul mercato.
Cosa abbiamo provato
Sulla Argon18 Nitrogen, Shimano Italia ci ha montato un gruppo elettromeccanico di serie R8050 quasi completo: all’appello mancavano infatti freni rim brake, sostituiti per forza di cose dai freni Trp, quelli di tipo semi integrato, dedicati specificamente a questo frame. La bici era completata da un paio di ruote a basso profilo WH-R500, gommate con coperture tubeless Hutchinson Fusion5. La cassetta montata era una 11-28, accoppiata a una guarnitura con corone 52-36. Stessa rapportatura per la Gallium Pro Disc, che ovviamente montava invece il reparto Ultegra meccanico di serie R8000, configurato con l’impianto frenante a disco e con rotori da 140 millimetri. Le ruote in questo caso erano le nuove WH-RS770, ossia le nuove ruote disc di classe Ultegra, alle quali dedicheremo un test specifico sul prossimo numero. Entrambe le bici erano poi equipaggiate con componenti di guida e con una sella della Pro (rispettivamente curva e attacco Vibe e una comodissima e leggera sella Stealth Carbon, in carbonio). Comprensiva di pedali, borraccia e portaborraccia, il peso della Nitrogen Pro è stato di 7.3 chili, quello della Gallium Pro Disc di 7.85 chili. Entrambe le bici erano in taglia S.
I vantaggi comuni a entrambi i gruppi
La componentistica di classe Ultegra è stata rinnovata totalmente da Shimano a inizio estate 2017, esattamente un anno dopo l’aggiornamento che ha interessato il gruppo di vertice Dura-Ace, licenziato nelle due versioni di serie 9100 e 9150 (meccanica e elettromeccanica) nel 2016. Come è facile immaginare il fratello minore Ultegra muta le sue caratteristiche tecniche e anche il suo design dal fratello maggiora, ma, diversamente da quel che succedeva in passato, possiamo senza dubbio affermare che il passo avanti compiuto dal secondo reparto della Shimano è stato notevolissimo e che le differenze con il reparto di vertice si sono notevolmente accorciate, molto più di quello che succedeva in passato. Sempre nel raffronto con il precedente Ultegra (ovvero quello di classe 6800) a salire assieme alla qualità è stato anche il prezzo, ma di sicuro il livello di funzionalità, fruibilità e potenzialità generale è ben maggiore di quel che si deve spendere in più per comperarlo. Passiamo ai benefit comuni a tutta la nuova componentistica Ultegra: prima di tutto l’ampiezza delle moltipliche disponibili è superiore. Le combinazioni possibili sul plateau sono quattro (53/39, 52/36, 50/34 e 46/36) a cui si aggiunge un’ampiezza delle “scale” delle cassette posteriori notevolmente implementata rispetto al passato. Si va dalla scala più compatta 11-25 alla più generosa 11-34, ovvero una scala che apre al gruppo Ultegra orizzonti di utilizzo gravel o cicloturistici impegnati. Tra l’altro, approfittiamo per dire che l’eventuale declinazione off road dell’Ultegra è corroborata dalla recente introduzione del cambio Ultegra in versione “RX”, che grazie a uno speciale stabilizzatore applicato sul bilanciere assicura al componente prestazioni identiche a quelle dei cambi da mountain bike. Passiamo al capitolo“efficienza e durata nel tempo”: prima di scrivere abbiamo pedalato parecchio con i due gruppi: tre mesi in tutto, percorrendo circa duemila kilometri con ogni bici. Una distanza che non ci autorizza a parlare di test di lunghissima, ma quanto meno di lunga durata. Durante questo tempo l’efficienza è stata garantita in pieno, ci è stato è davvero impossibile trovare anche piccoli segni di usura sulle parti soggette a frizione (corone, piuttosto che allungamento della catena) e l’unico intervento necessario è stato qualche leggera registrazione sul registro del cavo del deragliatore posteriore.
Una nota comune va infine riservata al look che emanano i due gruppi: quello estetico è aspetto personale, ci mancherebbe, ma a detta di chi scrive il nuovo Ultegra ha fatto un passo avanti anche nelle fattezze estetiche, nelle eleganza e nella “potenza” che emanano tutti i componenti (primi tra tutti la guarnitura e poi il cambio posteriore con l’architettura Shadow RD, che si abbina perfettamente ai pacchi pignoni con dentatura generosa per cui questo gruppo è in particolare dedicato). Anche in merito al look, insomma, mai la componentistica di classe Ultegra si era posizionata così vicina rispetto agli articoli di vertice di classe Dura-Ace.
Meccanico vs elettromeccanico: la fruibilità
Parlando di fruibilità del gruppo trasmissione non intendiamo riferirci alla sua funzionalità, ma più che altro alle incombenze che il suo utilizzo comporta. Iniziamo allora dall’esperienza avuta con la componentistica meccanica di classe Ultegra R8000. Ribadiamo che per il cambio posteriore l’unico intervento è stata la registrazione della tensione del cavo, soprattutto quando, come nel caso nostro, la diversa posizione del perno passante utilizzato sulla Gallium Pro Disc ha determinato piccoli disallineamenti nelle tolleranze del cambio rispetto al telaio, che ovviamente vanno ricalibrati appunto con il registro di tensione. Per il deragliatore meccanico questa possibilità non esiste: rimane certo la necessità di gestire manualmente con la leva di comando la regolazione del cosiddetto trim, ossia attuare lo spostamento parziale della forchetta di deragliata quando la catena è posizionata in modo particolarmente “incrociato”, appunto per evitare che catena e forchetta si tocchino. La qualità e la durevolezza di cavi e guaine è risultata eccellente: durante l’utilizzo, a volte anche sotto l’acqua, fluidità e immediatezza della cambiata non sono scadute per niente, conservando sempre quel “family feeling” che ha reso celebri le trasmissioni Shimano.
Passiamo ora alla fruibilità della trasmissione elettromeccanica di serie R8050. Gli interventi di regolazione sono in questo caso ridotti quasi a zero. Quel che conta è che la registrazione delle viti di battuta della corsa siano state eseguite bene: si tratta però di interventi che richiedono competenza, che se si acquista una bici di serie sono stati effettuati dall’installatore, mentre se si acquista il gruppo a parte è bene lasciar fare al meccanico specializzato. Ciò che può accadere nel corso dell’utilizzo è che l’utilizzo prolungato dei deragliatori (in particolare del cambio posteriore) possa portare il firmware del componente ad accumulare degli errori e quindi non essere più preciso al 100 per cento. In questo casi eventuali registrazioni si gestiscono velocemente utilizzando la modalità adjustement mode, che si attiva facilmente dal pulsante posto nella centralina del gruppo Ultegra Di2 e che si può effettuare sia con la bici fissa sul cavalletto o ancora meglio durante la marcia.
Capitolo “batteria e alimentazione”: la casa madre parla di 1500 chilometri come autonomia dichiarata della batteria con forma cilindrica nascosta nel reggisella. Si tratta però di un valore puramente indicativo: a incidere sui consumi è infatti lo stile di cambiata (cioè di quanto si utilizzano i due deragliatori) e il fatto se si usi più il deragliatore piuttosto che il cambio (il primo consuma molto di più). Ineccepibile e sicura è invece la qualità della batteria: il produttore dichiara che, solo dopo 500 cicli di ricarica, la batteria riduce all’ottanta per cento la sua funzionalità iniziale, ovvero dura di meno. Il tempo di ricarica non è velocissimo: un’ora e mezza ore per la ricarica completa, ma questo accade solo se la batteria è completamente scarica. La ricarica si effettua esclusivamente via cavo, occorre pertanto tenere vicina la bici a una presa elettrica o anche a un laptop, visto che il cavo ha una presa di uscita Usb (ma in questo caso il tempo di ricarica aumenta).
Il feeling e la sensazione di cambiata con il nuovo Ultegra sono praticamente identiche a quelle del gruppo precedente e anche in questo caso minime sono le differenze con il Dura-Ace. La transizione sui pignoni posteriori è libera, ma il deragliatore posteriore inibisce automaticamente l’ingaggio dei due pignoni piccoli quando la catena è sulla corona piccola. Si tratta di una modalità di utilizzo automatica, che preserva la durata della catena ottimizzandone la linea di lavoro. Con la catena sulla corona grande, invece, si può utilizzare tutta la scala utile, anche “incrociando” la linea di lavoro con la corona grande e il pignone grande. Solamente in questo caso l’azione della trasmissione è leggermente più rumorosa e il componente è soggetto a maggiore usura. Non ci sono però limiti funzionali con questa modalità di utilizzo.
Come già accadeva per il precedente gruppo Ultegra elettromeccanico di generazione 6870 anche in questo caso c’è una interfacciabilità totale con la piattaforma proprietaria e-tube, che consente di gestire, personalizzare ed effettuare la diagnostica di tutti i componenti. Il vantaggio è che ora tutte queste funzioni sono possibili in modalità wireless, attraverso l’apposita antenna Di-Fly. In pratica, anche con la componentistica Ultegra Di2 è possibile impostare le cambiate in modalità automatico o semiautomatica (Full Syncro o Semi Syncro), esattamente come accade da due anni sulla piattaforma Di2 di classe Dura-Ace.
L’ergonomia dei sistemi
Parlare di ergonomia di un gruppo trasmissione evidentemente impone di guardare ai comandi cambio, che in casa Shimano sono i famosi Dual Control Lever: diciamo allora che, rispetto al gruppo Ultegra, non ci sono differenze nella forma delle leve freno dei gruppi elettromeccanici e di quelli meccanici, mentre naturalmente di differenze si deve parlare in merito alla gestione della cambiata, che sui comandi Di2 è possibile grazie a due leve pulsante che attuano lo spostamento della catena con una pressione leggerissima, mentre sui comandi meccanici necessitano di uno spostamento radiale sulle due leve. Sulla nuova generazione di componentistica Ultegra l’ergonomia di entrambi i comandi è però migliorata. In particolare i Dual Control Lever elettromeccanici hanno distanziato maggiormente le due leve pulsante rispetto alla serie precedente, assicurando così massima ergonomia anche in situazioni difficili, ad esempio quando in inverno si indossano i guanti a dita lunghe. Aggiungiamo, inoltre, che sia sui comandi elettromeccanici sia su quelli meccanici Shimano ha reso più accessibile la vite che, nascosta sotto al copricomando, consente di gestire la distanza della leva freno dal manubrio, per permettere così ai diversi utenti di trovare la posizione giusta in base alle loro caratteristiche corporee e/o ai loro gusti. In un’ottica comparativa è inoltre necessario aggiungere che la parte superiore del comando, ovverosia quella che si impugna nella cosiddetta presa intermedia, è leggermente più prominente e più sviluppata in larghezza sul comando meccanico per freni a disco, di quel che invece accade sull’omologo componente elettromeccanico per freni rim brake, che è invece morfologicamente identica al comando meccanico per freni rim-brake. Infine, sempre a proposito di copricomando, la nuova componentistica Ultegra ha risolto brillantemente il problema dei manicotti che talvolta non si fissavano correttamente al corpo del comando, lasciando il margine inferiore in certi casi lasco.
Disco vs rim brake: pianeti opposti
Utilizzare una configurazione frenante “disc” e una rim brake è in fondo una scelta di campo, questione che va oltre la specifica valutazione della “piattaforma” prodotto di un determinato brand – appunto in questo caso la piattaforma Ultegra della Shimano. Questo è ancor più vero perché, nella nostra fattispecie, ci è stato impossibile mettere a confronto tutti i componenti disc e tutti quelli rim brake dell’Ultegra, visto che la Argon18 Nitrogen che abbiamo utilizzato necessitava di corpi freno “dedicati”, integrati nel telaio, nella fattispecie forniti dalla Trp. Tant’è, in un recente passato non ci è mancata l’occasione di utilizzare bici con i freni rim brake Ultegra di classe R8000, per questo sappiamo bene come questo componente lavora e in genere come lavorano tutti i freni rim brake montati sulle bici da corsa. Non sarà per questo una novità sentire che a nostro giudizio un impianto a disco è nettamente superiore ad uno rim brake, lo è sia sotto il profilo della modulabilità della frenata, sia per quel che riguarda la potenza. Caratteristiche simili sono infatti insite in ogni impianto frenante a disco, a prescindere dal produttore e del modello di cui si vuol parlare. Scendendo più nello specifico, e dunque parlando di componenti “disco” inclusi nella nuova piattaforma Ultegra, possiamo dire che rispetto al precedente freno a disco il nuovo modello ha fatto ulteriori passi avanti sulla strada dell’efficienza, visto che sono stati ridotti al minimo (ma non annullati del tutto) gli occasionali rumori di sfregamento dovuti al disallineamento momentaneo dei rotori con le pastiglie. Sui precedenti pinze “non series” (le BR-R785) i “zing zing” erano di sicuro più frequenti. Nel caso nostro noie del genere si sono manifestate raramente, ad esempio in seguito a frenate vigorose ed immediate. L’adesione delle pastiglie al rotore ha invece sempre assicurato massima silenziosità ed efficienza, salvo nei rarissimi casi in cui, ad esempio scendendo su di una discesa molto ripida e allo stesso tempo dissestata, siamo stati obbligati a tenere le leve freno continuamente premute (ma evidentemente questa è una situazione limite, che non incontra le normali necessità del ciclismo su strada). Per quel che riguarda i rotori, il diametro da 140 millimetri trovato montato sia sull’anteriore che sul posteriore (ma ricordiamo che esiste anche la misura 160 mm) incontra in pieno i favori di chi scrive, che crede che tale dimensionamento sia il migliore per il ciclismo stradistico, perché a differenza del rotore da 160 millimetri assicura una risposta meno “secca” non appena si premono le dia sulle leve, proprio perché il punto di presa delle pastiglie è posto in un area più vicina al centro della ruota e meno periferica. Appunto: quanto appena detto è solo una delle ragioni che portano chi scrive a considerare qualitativamente inferiore il tradizionale sistema frenante rim brake. In presenza di pattini in gomma che agiscono su un cerchio quando il pattino “pinza” sul cerchio, la ruota nel suo insieme subisce una forza che è molto più difficile da controllare (leggi “modulabile”) rispetto a quel che accade con un rotore e delle pastiglie che lo bloccano. Non solo: se questa forza viene applicata durante l’esecuzione di una curva (quante volte vi è capitato di arrivare “lunghi” in discesa in curva ed essere obbligati a pinzare mentre siete in piega?) l’entità di questa forza che agisce sul cerchio va ad incidere sull’equilibrio di forze che ci reggono in equilibrio: la conseguenza è che nella migliore delle ipotesi l’esecuzione della curva diventa pessima, mentre nella peggiore si rischia di cadere. Con una bici “disc”, invece, i margini di recupero da un errore durante una curva in discesa sono più ampi.
Dopo la potenza, la modulabilità e la maggiore capacità di correggere gli errori, un vantaggio ulteriore dei freni a disco è quello relativo all’efficienza sul bagnato, ma nell’ordine di priorità dei vantaggi di questo standard non è il primo. I limiti della frenata sul bagnato sono invece il primo, pesantissimo, handicap dei freni rim brake rispetto a quelli disc, situazione nella quale questo standard non può neanche provare a stabilire un confronto. Da ultima, ma ovviamente non per importanza, la questione “peso” che differenzia un impianto rim brake da uno disc brake: ovviamente il secondo è più pesante, ma l’aggravio di peso è inferiore a quel che tanti possono pensare. Se ci riferiamo alla componentistica Ultegra che abbiamo testato la differenza tra i due impianti completi è di circa 400 grammi, come documentano i dati specifici di peso delle componenti che riportiamo a seguire. Insomma, è una differenza inferiore ai 6, 7 etti etti di divario che solitamente separano una bici disc da una rim brake. Questo ancora una volta ci ricorda che a incidere nel peso finale è non solo il peso dei freni in sé, ma più che altro le caratteristiche strutturali del telaio (anche in questo caso i telai predisposti per freno a disco pesano necessariamente qualcosa in più rispetto ai “rim brake”) ed ovviamente la tipologia di ruote e componentistica montata.
Clicca qui sotto e guarda il test Shimano Ultegra Disc
Ultegra a disco (con comandi meccanici)
Comandi 554 grammi (coppia); pinze: 296 grammi (coppia); rotori: 216 grammi (coppia 140 mm).
Totale 1066 grammi
Ultegra Di2 (elettromeccanico) per rim brake
Comandi: 295 grammi (coppia); corpo freno ant. 182 grammi; corpo freno post: 178 grammi.
Totale: 655 grammi
Durante i 4000 e più kilometri di prova (2000 per bici):
- la catena non è mai caduta dalle corone
- siamo intervenuti una volta sul registro del cambio meccanico
- siamo intervenuti una volta sul registro automatico del cambio elettromeccanico
- non abbiamo mai ricaricato la batteria del gruppo elettronico
- abbiamo pulito e ingrassato due volte la catena
- abbiamo sfruttato molto la capacità della corona grande di lavorare coi pignoni grandi
- non abbiamo rilevato segni di usura percepibili sui denti delle corone
- non abbiamo rilevato segni di usura percepibili sulle pastiglie
a cura di Murizio Coccia – Copyright © INBICI MAGAZINE