Sono quasi le 11 di sera quando Vincenzo Nibali torna in hotel. Il siciliano è caduto sull’Alpe D’Huez e gli è stata riscontrata una frattura della vertebra. E’ molto tardi, ma nonostante questo si ferma a parlare con i giornalisti: “Per fortuna non è molto grave quello che mi è capitato, la caduta ha fatto sì che una vertebra si abbassasse leggermente.
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Devo portare il busto per qualche giorno e solo quando passerà il dolore potrò ricominciare ad andare in bici. Avevo capito fin da subito che avrei dovuto abbandonare il Tour, mi è bastato vedere le facce dei medici”.
Il grande tifo sull’Alpe D’Huez e il fumo causato dai fumogeni non hanno fatto capire bene nemmeno a Nibali cosa possa essere accaduto precisamente negli istanti della caduta: “C’era un restringimento, c’erano dei fumogeni accesi e le moto della gendarmerie che si sono strette tra di loro – spiega il portacolori del Team Bahrain Merida – in quel momento è partito Froome, io gli sono andato dietro ma sono caduto. Non so nemmeno chi è stato a prendermi e a farmi risalire in bici. Appena ho ripreso fiato ho ricominciato a pedalare forte per cercare di rientrare. Non sapevo quanti corridori stavano lì davanti, ma ho apprezzato il gesto di fair play in una tappa del genere, perchè non è da tutti fermarsi sull’Alpe D’Huez”.
Nelle ore immediatamente seguenti la caduta, Nibali ha ricevuto “tanti messaggi da tanti amici. Anche il patron del Tour de France Christian Prudhomme mi ha portato le scuse ufficiali: quando accade una cosa così non è mai semplice, spero che questo incidente possa permettere di migliorare le regole sulla sicurezza”.
Infine, un appello ai tifosi: “Ragazzi, va bene il tifo, ma i fumogeni non servono a niente”.
A cura di Carlo Gugliotta per InBici Magazine