Si intitola “Tour e Giro per salvare i conti del ciclismo” l’articolo, a firma di Mario Nicoliello, pubblicato oggi su Il Sole 24 Ore. Un focus interessante sul mondo del ciclismo professionistico, che rischia il default per colpa della crisi Covid-19. Il business delle due ruote, infatti, sta pagando un prezzo salatissimo al lockdown che, di fatto – dopo la Parigi-Nizza di metà marzo – ha paralizzato l’attività ciclistica fino a luglio.
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“L’auspicio – si legge nell’articolo – è rimettersi in marcia ad agosto, concentrando in tre mesi il meglio della stagione: i tre grandi giri a tappe (Tour de France, Giro d’Italia, Vuelta a España), le cinque classiche Monumento (Milano-Sanremo, Giro di Lombardia, Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi e Parigi-Roubaix) e i Mondiali, programmati per fine settembre in Svizzera, ma ancora a rischio slittamento”.
Ma perché il ciclismo rischia grosso? Perché il ciclismo – si rammenta nell’articolo – “è uno dei pochi sport dove gli sponsor danno il nome alle squadre, ricevendo in cambio un’esposizione mediatica notevole. Così dal commerciante di scarpe polacco, CCC, fino al colosso chimico inglese, Ineos, passando per gli oligarchi kazaki dell’Astana, sono numerosi i brand che hanno cercato visibilità nelle due ruote, legando i team al destino della casa madre. Pertanto se il Covid manda in tilt il commercio al dettaglio o riduce il prezzo di gas e petrolio, il ciclismo si scopre fragile, vittima di una pericolosa dipendenza economica”.
Il modello di business di un team del World Tour è semplice. “Sul fronte delle entrate – spiega il quotidiano di Confindustria – circa i tre quarti del fatturato derivano dallo sponsor principale, il 20% dal co-sponsor, il 5% dalla ripartizione delle quote pagate dagli organizzatori per essere ammessi al World Tour e l’1% dal merchandising. A parte ci sono i premi per le vittorie, comunque non paragonabili a quelli di altri sport: chi conquista il Tour de France incassa 500mila euro”.
Dopo aver ricordato che i “bilanci sono schizzati alle stelle nell’ultimo decennio, basti pensare che nel 2010 il team Sky aveva un budget di 16,5 milioni di euro, cresciuti a 27,4 nel 2015, mentre nel 2020 il budget del team Ineos si attesta sui 45 milioni di euro”, sul fronte dei costi, il 75% del giro d’affari viene speso per gli stipendi dei circa 70 dipendenti, tra corridori, dirigenti, medici, massaggiatori, autisti e meccanici. Il restante 25% se ne va in spese di viaggio, vitto e alloggio in giro per il mondo.
“I salari delle star – si legge ancora – non sono paragonabili a quelli dei calciatori top, ma comunque sono di rilievo: lo slovacco Sagan viaggia sui 5 milioni di euro all’anno, mentre Ineos assicura 4,5 milioni a Chris Froome, 3,5 a Geraint Thomas e 2,7 a Egan Bernal. A differenza della Formula Uno, le squadre non hanno entrate legate ai diritti televisivi, gestiti esclusivamente dagli organizzatori e legati alle principali competizioni, quelle da disputare a tutti i costi”.
Ma come si esce da questa situazione di pericoloso stallo? Provando a salvare la stagione. “Il cuore del nuovo calendario – si legge – sarà il Tour de France, che da solo offre il 70% della visibilità annuale agli sponsor. La Grande Boucle è stata riprogrammata dal 29 agosto al 20 settembre, periodo privo di altre classiche di primo livello. In questo modo l’Aso (Amaury Sport Organisation) potrà mettere in scena senza concorrenza uno show da 150 milioni di euro di fatturato in presenza di pubblico, mentre in caso di tappe senza tifosi salterà la fetta di ricavi legata alla carovana pubblicitaria (si alleggeriranno i costi della sicurezza).
Discorso diverso per il Giro d’Italia, posizionato tra il 3 e il 25 ottobre. Nella trattativa con l’Uci, Rcs Sport è riuscita a mantenere inalterato il format della corsa rosa (21 tappe su quattro week-end) ma dovrà confrontarsi con una concorrenza senza precedenti ogni domenica, giacché tutte le classiche del Nord saranno in ottobre. In più è saltata la partenza da Budapest, che oltre a conferire un tocco di internazionalità al Giro avrebbe pure rimpinguato le casse. Peggio è andata alla Vuelta che, scontando il fatto di condividere l’organizzazione con il Tour, è stata amputata di tre giorni e un weekend, venendo compressa tra il 20 ottobre e l’8 novembre. Si è così creata la Super domenica del ciclismo: il 25 ottobre. Quel giorno il Giro si concluderà a Milano, la Vuelta salirà sul Tourmalet e in Francia ci sarà la Parigi-Roubaix, la corsa di un giorno per antonomasia. Gli organizzatori assicurano orari variabili, così da consentire la diretta tv dei tre eventi. Sempre che non ci siano altre sorprese in agenda e che il Giro – conclude l’articolo – non sia anticipato di una settimana nel caso di rinvio dei Mondiali”.