Alla fine di questo Tour de France posso dirlo apertamente: la cosa che mi è piaciuta di più è stato il fatto che non abbiano vinto squadre partite con l’obiettivo grande della maglia gialla, spendendo milioni e milioni con l’ambizione di portare a casa il tanto ambito simbolo del primato. Fermi tutti: la UAE Team Emirates non è di certo una squadra povera, ma se ci fate caso non ha vinto un corridore che guadagna diversi milioni di euro l’anno: Tadej Pogacar avrà il suo sacrosanto aumento di stipendio, ma il suo ingaggio non è paragonabile a quello di tanti altri suoi colleghi.
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Un’altra formazione “low-cost” che si è messa bene in evidenza è il Team Sunweb, soprattutto con Kragh Andersen ma anche con Marc Hirschi: due corridori ai quali la formazione olandese ha permesso, nel corso di questi anni, di crescere e di diventare dei ragazzi molto promettenti.
Tornando a Pogacar, mi è piaciuto che abbia vinto il singolo. La squadra è importante, ma quando vinci da solo contro tutti l’impresa è davvero bellissima. Ho adorato le volate di Sam Bennett, il quale, zitto zitto, si è portato a casa la maglia verde. Abbiamo visto sfrecciare Wout Van Aert dopo aver lavorato per Primoz Roglic. Insomma, gli spunti sono stati davvero molti e ci hanno fatto capire che, a volte, per vincere le grandi corse a tappe non è necessario avere un grandissimo budget. Ma bisogna avere lungimiranza, andare a pescare i corridori migliori quando sono giovani e permettere loro di crescere.
La mia sarà forse la visione di un inguaribile romantico? Può darsi. Probabilmente non sono al passo con i tempi, ma il Tour de France ci ha offerto questi spunti. Vedremo se saranno confermati anche al prossimo Giro d’Italia.