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CASO GIOVANISSIMI, CAPPELLOTTO: “A CHI SI LAMENTA CHE NON CI SONO GARE DICO: ORGANIZZATELE”


“Vorrei non commentare, preferisco il silenzio, guardate la data di approvazione delle norme”. Sandro Checchin, il neo presidente del comitato regionale veneto della FCI, preferisce non esporsi e non commentare la sottolineatura di Alessandra Cappellotto alla normativa sui punteggi per la categoria giovanissimi e la divisione aggiornata tra maschi e femmine. Una scivolata? Una norma da correggere? Un aggiornamento da fare? 

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Resta il fatto che a gestire il nuovo corso regionale non sia altro che il precedente corso. Del resto, poco è cambiato nel nuovo direttivo veneto, e chi gestiva prima il settore dei giovanissimi è lo stesso che lo gestisce ora. Quindi il cambiamento auspicato è semplicemente la continuazione del precedente. Ma l’ex iridata Alessandra Cappellotto, attualmente vice presidente del sindacato corridori, si è sempre battuta perché il ciclismo femminile trovi pari dignità nello sport rispetto a quello maschile. 

E il ribadire il criterio di assegnazione dei punti sottolineando la differenza tra uomo e donna, le ha fatto andare la mosca al naso. “Il rispetto reciproco è fondamentale, come nella vita, così nello sport. E non sopporto più le offese al mondo femminile. L’educazione parte anche dalla parità. Ogni anno io trascorro diverso tempo in Olanda per motivi personali e affettivi. Nei paesi del Nord, parlo di ciclismo, nelle categorie giovanili non c’è divisione tra maschi e femmine. Poi, ovviamente, crescendo la differenza si acuisce. Ma si valuta comunque il risultato sportivo e si cresce nel rispetto. Anche da noi deve crescere la cultura del rispetto tra i due generi. Ma attenzione – sottolinea Alessandra Cappellotto -. Non confondiamo il discorso di parità perché quando si diventa adolescenti le peculiarità di una donna sono differenti rispetto a quelle di un uomo. Quello che voglio ribadire è che nelle categorie giovanili non ci deve essere discriminazione di punteggio tra maschi e femmine. Certamente c’è una partecipazione numericamente differente, il ciclismo femminile però sta crescendo, quindi è necessario che ci sia maggiore sensibilità in questo”. 

Le sue proposte allora quali sono? “Semplice, io suggerirei di togliere i punteggi e assegnarli per meriti generici alle società, con parametri differenti e valutando magari anche nuovi criteri. La butto lì: l’aggregazione sociale fatta da una società non potrebbe diventare presupposto per assegnare punteggi?”. Facciamo qualche esempio: “Premetto che l’assegnazione dei punteggi è data da una gestione “libera” regionale (nei binari comunque delle norme e regolamenti federali) e in alcune regioni il sistema è già stato cambiato. Ma io toglierei proprio i punti assegnati ai giovanissimi in base all’ordine d’arrivo e assegnerei solo quelli alle società. E cambierei radicalmente i criteri. Magari fattori principali potrebbero essere il numero dei bambini e delle bambine iscritti a ciascuna società, o il numero di gare che la società organizza, o le gare alle quali prende parte il team. O anche gli allenamenti in aree protette, fatti con un direttore sportivo, magari in circuito dove i bimbi pedalano in sicurezza. Lo sport deve tornare ad avere valore sociale, educativo. Specie in questo anno in cui i ragazzi purtroppo sono stati costretti a rimanere a casa e non frequentare la scuola. Insomma, basta guardare al mero ordine d’arrivo ma si deve premiare il lavoro complessivo di una squadra. Può essere anche un incentivo per i team a trovare ragazzine desiderose di mettersi in gioco con il ciclismo. E a quelle società che si lamentano e che dicono che per le ragazze non ci sono corse o poche corse, chiedo loro: quante gare organizzate?”. 

Un punto fondamentale, l’organizzazione di gare. “Esatto. Da sempre invito i team più blasonati, maschili e femminili, di tutte le categorie, a mettersi in gioco anche nell’organizzazione. Ne basterebbe una all’anno, per ogni società che ha i ragazzi che corrono. Avremmo risolto tanti problemi”. 

Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo anche l’attuale vice presidente federale, Daniela Isetti, ex ciclista. Assieme all’anziano papà ha una società di bambini e organizza gare: “Certamente bisogna aumentare il livello di attenzione in queste cose. Il mondo del ciclismo è ormai sempre più diversificato. Nelle manifestazioni giovanili c’è comunque una classifica di squadra che prevale su quella individuale perché la maggior enfasi nella manifestazione giovanile viene data alla premiazione di squadra poi di conseguenza ci sono le premiazioni delle singole categorie. Per arrivare poi a determinare qual è la squadra vincitrice dell’evento si stila la classifica delle società si fa la somma dei punteggi acquisiti nelle singole categorie, sia maschili che femminili. I punti nascono e finiscono in quella gara per determinare la classifica di squadra. Non punteggi ai fini federali o per eventuali convocazioni. Questo nasce storicamente dal fatto che le femmine sono in numero minore dei maschi. Ribadisco, questo sta accadendo fino ad ora. Poi ovviamente ci sono normative che vengono applicate a livello regionale ma rimane sempre una norma nazionale di riferimento e le regioni possono a caduta operare delle proprie variazioni a seconda del sentore dei comitati. Ovviamente rispettando la regola quadro nazionale. Ma ribadisco, il ciclismo sta subendo importanti trasformazioni e quello che valeva dieci anni fa ora non vale più. Sono la prima a dire che è necessario incentivare il ciclismo femminile. Sono stata anche una atleta in bicicletta. Non ho ottenuto risultati eccelsi ma ci ho provato. E il ciclismo rosa ha ora ampi margini di miglioramento in termine numerici. E tante medaglie arrivavano proprio da questo settore”.

A cura di Tina RuggeriCopyright © Inbici Magazine ©Riproduzione Riservata

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