Quarant’anni ininterrotti con una squadra professionistica. Il 2021 è l’anno del record per Bruno e Roberto Reverberi.
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Con il loro team hanno tagliato un traguardo unico nel mondo del ciclismo: riuscire a mettere in piedi per quattro decenni consecutivi una squadra professionistica.
Anche nei momenti più difficili, prima Bruno, poi affiancato da Roberto, la famiglia Reverberi nelle due ruote c’è da sempre. E ci sarà anche quest’anno al Giro d’Italia.
Sull’esclusione dalle wild card per la corsa rosa dell’Androni Sidermec, Roberto Reverberi preferisce mantenere un atteggiamento di equidistanza. Non punta il dito né su Rcs né sul team di Gianni Savio, ma non risparmia critiche all’Uci: “Non possiamo stare a sindacare le scelte di Rcs – spiega Roberto Reverberi, appena sceso di sella dal suoi allenamento quotidiano -. Siamo in una posizione delicata in cui preferiremmo restare neutrali. Ognuno in questo periodo complesso guarda al proprio orticello.
Nonostante la fatica di chiudere il cerchio, come tutti i team a livello mondiale, abbiamo cercato di rinforzare la squadra con degli innesti sia di ragazzi giovani che di esperienza come era stato richiesto anche dagli organizzatori, in primis Rcs. Giustamente non si possono scegliere i team solo perché italiani. Dispiace ovviamente per Gianni Savio, per il suo staff e per i ragazzi soprattutto. Perché più italiani siamo e più abbiamo possibilità di far conoscere i nostri talenti. Ma ci sono delle situazioni sulle quali l’Uci dovrebbe fare dei ragionamenti differenti”.
Ovvero, quali situazioni dovrebbe cambiare l’UCI?
“Un sistema word tour con 19 squadre è davvero pesante. E non tutte le 19 squadre del word tour sono interessate ad andare a correre in questa o in quella gara. Ma sono obbligate. Alcune ne farebbero volentieri a meno, perché fare un calendario internazionale come negli ultimi anni, in cui si corre in ogni angolo del mondo, eccetto nel 2020 causa pandemia, diventa davvero complesso e dispendioso.
Alcuni team, specie i francesi, magari preferiscono concentrarsi sul Tour o su altre corse – continua il manager della Csf Bardiani -. Secondo il mio modesto parere si potrebbe ridurre il world tour a 14, al massimo a 16 team di livello ‘top‘. In questo modo si eviterebbe di mettere in difficoltà anche gli organizzatori che così non si troverebbero costretti a fare scelte difficili e che alla fine scontentano sempre qualcuno.
Ribadisco, noi della Csf Bardiani preferiamo guardare al nostro team e alle nostre situazioni interne. Il nostro compito è di far ben figurare i nostri atleti e dare visibilità ai nostri sponsor come facciamo da 40 anni a questa parte. E, con orgoglio, possiamo dire di essere il team più longevo a livello mondiale. In questi 40 anni il ciclismo è radicalmente cambiato, si è globalizzato ed evoluto. Servono progettualità di alto livello ormai per recuperare sponsor. All’estero ad esempio tante squadre sono sovvenzionate da enti statali. Per il nostro sport come per altri, in Italia non esistono supporti importanti. Per fare una squadra word tour servono tanti soldi e in Italia le grandi aziende sono nelle mani di fondi finanziari internazionali. Anche noi ci dobbiamo adeguare”.
a cura di Tina Ruggeri – Copyright © InBici Magazine ©Riproduzione Riservata