Alan Marangoni appende la bici al chiodo. Dalla prossima stagione, uno dei gregari “old style” del ciclismo contemporaneo non sarà più in gruppo. E certamente, la sua assenza si farà sentire. Passato professionista nel 2009 nella squadra della famiglia Reverberi, a partire dal 2011 il romagnolo entra a far parte di una squadra italiana che era tra le più forti al mondo, la Liquigas-Cannondale. Ed è lì che Marangoni, instancabile faticatore, si ritaglia un ruolo importante; un ruolo che, probabilmente, è destinato a sparire, quello del gregario di una volta, quello che lavora tutto il giorno senza proferir parola.
Solo, lì davanti, a far fatica per i propri capitani. A prendere vento in faccia, a sfidare la pioggia e il caldo, per permettere agli altri di vincere. A lavorare quando le telecamere sono ancora spente. A staccarsi quando la corsa entra nel vivo, perché il lavoro è terminato. E quando hai davanti dei signori come Peter Sagan, Vincenzo Nibali e Ivan Basso, c’è poco da fare: devi lavorare, e tanto.
Marangoni è stato uno degli uomini di fiducia di Peter Sagan quando militava nella formazione italiana. Le pietre del Belgio e della Francia erano diventate la sua seconda casa, proprio lì, dove sono state scritte pagine eroiche della storia ciclismo. Alan non ha mai avuto paura della fatica, si è sempre presentato al via di gare importanti come la Parigi-Roubaix sempre con il sorriso sulle labbra, e con la consapevolezza che il suo mestiere, quello del gregario, è sinonimo di fatica.
Di fatica, Maranga ne ha fatta davvero molta. E ora, che ha deciso di scendere dalla bicicletta, la vita sarà diversa. Solo una cosa non dovrà mai cambiare: la voglia di lottare, di essere sempre pronti a sacrificarsi per la vittoria.
A cura di Carlo Gugliotta per InBici Magazine