“Il mio primo pensiero va a Mauro Valentini. Un amico, un fratello, un pistard come me. Mi è sembrato quasi un passaggio di testimone, come se mi avesse posato una mano dall’alto. Un saluto da stayer a stayer”.
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E’ visibilmente commosso Cordiano Dagnoni, neo eletto presidente della Fci. E’ ancora a Roma, deve insediarsi negli uffici dello Stadio Olimpico e il lunedì mattina ha voluto presenziare alla funzione funebre di Mauro Valentini e abbracciare il papà Mario.
Ma la fatica della lunga campagna elettorale si comincia a far sentire in modo pesante: “Sto rispondendo a centinaia di telefonate e di messaggi. Passato qualche giorno per capire come funziona tutto, mi metterò subito al lavoro”.
E adesso è il momento dei ringraziamenti: “A Renato Di Rocco, che è stato per anni il mio presidente. Lo ringrazio per essermi sempre stato vicino, anche quando ero presidente del Comitato Lombardo. Mi sono candidato con una convinzione forte, sempre tenendo la barra dritta sugli obiettivi da raggiungere. Ho preferito rimanere fuori dalle contese e dalle polemiche e tenere un profilo basso, parlando più di fatti e di concretezza che di parole. E questo credo, alla fine, abbia pagato. Fabio Perego? Eh, mi ha detto che si era candidato contro di me chiedendomi se ero pronto ad accettare la sfida e il verdetto finale. Ora il verdetto finale lo deve accettare lui. Daniela Isetti? A lei, una grande donna, l’onore delle armi; l’ho sempre ammirata, è stata pacata, controllata. Una donna di solida esperienza e competenza e una grande persona. E da vice presidente quale era mi ha sempre aiutato”.
Ora che taglio avrà questa Federazione ciclistica italiana? “La Fci avrà un nuovo imprinting manageriale, ma non confondiamo la federazione come azienda, non nel senso della privatizzazione ma della efficienza dei risultati, anche in termini di visibilità. E’ necessario creare efficienza e sfruttare al meglio tutte le potenzialità.
Ora dobbiamo pensare alle corse e alla ripartenza della stagione e soprattutto alle categorie giovanili, un settore che conosco bene e nel quale ho fatto io esperienza da presidente del Comitato Lombardo. Come faremo per far ripartire le gare? Tutto quello che funziona e che è stato fatto finora, soprattutto nell’anno difficile della pandemia, non si cambia. La Federazione ciclistica è l’unica federazione che è riuscita e riesce a fare attività anche con atleti non professionisti, quindi facciamo tesoro di quanto è stato fatto. La campagna elettorale è stata dura e lunga e in alcuni comitati ci sono frizioni forti e pesanti. E quindi mi raccorderò con i comitati regionali per ripartire alla grande. Ora cercherò il dialogo con tutti perché bisogna remare compatti a favore del ciclismo. Dobbiamo ricompattare il movimento e muoverci tutti da uno stesso lato.
Ringrazio anche Rocco Marcheggiano che è stato tra i primi a stimolarmi a scendere in campo, ho grande stima di lui e di quanto ha fatto per far crescere il movimento ciclistico del Piemonte; ha grande umiltà ed è stato sensibile nel fare un passo indietro e lavorare dietro le quinte. Spingeremo forte per il velodromo di Spresiano. Io devo avere gente che pedala forte. Ma di una cosa mi sono raccomandato: la Lombardia ha sette persone ai vertici della Fci, compresi i due vice – presidenti. Non deve essere una fci a trazione Lombarda. Ci si deve occupare di tutto il movimento nazionale. Da Sud a Nord. Perché noi dobbiamo fare tutto per il bene del ciclismo italiano”.
A cura di Tina Ruggeri ©Riproduzione Riservata-Copyright© InBici Magazine