La maglia rosa non si scorda mai e, anche se il sogno non potrà durare a lungo, la gioia di Alessandro De Marchi è di quelle da tramandare ai posteri, da raccontare a figli e nipoti.
E’ lui il volto (inedito) del Giro, il simbolo del gregariato più tenace, quello che – sotto il traguardo – ti ricorda che la maglia rosa è “un premio per tutte quelle volte che ci ho provato in questi anni”.
De Marchi – nato il 19 maggio del 1986 a San Daniele del Friuli dieci anni di ciclismo da professionista, non proprio sotto i riflettori (nel suo palmares comunque tre vittorie alla Vuelta) – si sente un po’ fuori posto, ma stanotte ci avrà pensato a lungo e quella maglia, nella solitudine della sua stanza d’albergo, se la sarà goduta parecchio.
E’ ‘Rosso di Buja’ l’alias di Alessandro De Marchi. Lui è un combattente, uno che ha costruito la sua bella carriera tra i professionisti più con la grinta che con il talento. E’ un amante delle imprese quasi impossibili ma, in realtà, nella sua lunga carriera, gliene sono riuscite poche.
Porta il braccialetto per Giulio Regeni: “Non ci vedo nulla di politico o partitico, si tratta di due genitori che vogliono la verità. Prima di essere un ciclista, sono un genitore e un marito e non vorrei mai trovarmi in una situazione del genere”.
a cura di Mario Pugliese ©Riproduzione Riservata-Copyright© InBici Magazine