Diciamo la verità, la tappa di sabato del Giro d’Italia, quella con il Colle dell’Agnello, era in forse già da diversi giorni. Nessuno si sarebbe aspettato una decisione presa dalle autorità francesi per contenere il contagio da Coronavirus: eravamo tutti con il naso all’insù, per cercare di capire se avesse potuto nevicare o no. E invece l’allarme Covid-19 ha imposto una scelta drastica.
Questo Giro d’Italia era partito tra mille incertezze, e noi, poveri umani ancorati allo spettacolo della corsa rosa, ci siamo dati una vana speranza: vedere un Giro bellissimo, perché la gara avrebbe potuto avere degli stravolgimenti da un giorno all’altro sia per via del meteo che per via del Coronavirus. E invece niente: non attacca nessuno, mancano le gambe.
E’ inutile dire “le salite sono pedalabili” oppure “non si riesce a fare la differenza”. Spazio e tempo per attaccare c’erano. Vedi la tappa di Piancavallo, forse l’unica in grado di aver fatto sfracelli. Il problema è che anche lo scorso anno i big della corsa rosa hanno aspettato troppo per dare battaglia, e alla fine ha vinto il corridore che ha dimostrato di avere più coraggio, Richard Carapaz, che è stato bravo a intrufolarsi tra Nibali e Roglic nella tappa di Courmayeur.
Allo stesso modo, al Giro d’Italia 2020, Joao Almeida non sta rubando nulla. Anzi: a tutti noi sarebbe piaciuto vedere qualche attacco in più, qualche azione da lontano, qualche tentativo magari anche disperato di togliergli la maglia rosa. Adesso, invece, stravolta la tappa regina, i corridori si ritrovano un’unica tappa per cercare di fare la differenza e ribaltare un verdetto che sembra essere già scritto, perché Almeida è favorito dalla cronometro di domenica a Milano.
A volte, tra me e me, viene da pensare che questo Giro d’Italia 2020 sia un po’ la copia del Giro d’Italia 2012, uno dei più brutti dal punto di vista dello spettacolo, dove, nell’immobilismo generale, si impose Ryder Hesyedal. Un nome che forse è finito in un piccolo ricordo nella mente di molti.