La UCI ha sperato che le polemiche sulla sicurezza delle gare dopo la tragica morte di Muriel Furrer, giovane ciclista svizzera, si sarebbero placate. Tuttavia, le scuse come “il ciclismo è pericoloso” non sono più accettabili. Il numero di fatalità nel ciclismo è diventato inaccettabile.
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Incidenti come quello di Jonas Vingegaard nel Tour del Paese Basco hanno evidenziato la necessità di un cambiamento. La morte di Furrer incarna i pericoli delle alte velocità, del design obsoleto dei percorsi e della scarsa comunicazione durante le gare. È tempo che il ciclismo segua l’esempio della Formula 1, che ha fatto enormi progressi nella sicurezza dopo le tragedie del 1994.
Le fatalità nel ciclismo, da Fabio Casartelli a Wouter Weylandt, continuano a verificarsi. Dobbiamo accettare questa realtà? La cultura del “ciclismo è pericoloso” deve finire. Misure di sicurezza come il GPS e l’uso delle radio devono essere implementate per migliorare la comunicazione tra i corridori e gli organizzatori.
Il presidente della UCI, David Lappartient, ha dichiarato che “il 50% degli incidenti avviene a causa di comportamenti scorretti”. Tuttavia, è fondamentale che la UCI prenda misure più decisive per garantire la sicurezza dei ciclisti. Dopo la morte di Mäder, l’iniziativa SafeR è stata creata, ma i risultati sono stati insufficienti.
È essenziale che tutti gli organizzatori di gare collaborino con le squadre e i corridori per stabilire criteri di sicurezza più elevati. Se ciò significa che alcune gare devono essere cancellate per garantire la sicurezza, allora è un prezzo che deve essere pagato. La vita dei ciclisti deve essere la priorità assoluta.
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Arabba: La Perla delle Dolomiti per il CicloturismoA cura della redazione di Inbici News24
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