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PAOLO MEI, LA VOCE DEL GIRO SI RACCONTA: “TUTTO INIZIÒ CON UNA CADUTA…”
Paolo Mei intervista Chris Froome

PAOLO MEI, LA VOCE DEL GIRO SI RACCONTA: “TUTTO INIZIÒ CON UNA CADUTA…”


Paolo Mei, classe ’75, originario di Cogne, la magica valle incantata della Valle d’Aosta, è una delle voci più note del ciclismo. E’ lui lo speaker che ha raccontato tante belle pagine di ciclismo. Gli sprint regali, le azioni d’altri tempi, i momenti più spettacolari e quelli più tragici. Tutte queste storie hanno avuto, spesso, come colonna sonora il timbro inconfondibile della sua voce.

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L’amore tra Paolo Mei e il ciclismo sboccia nel lontano 1989 e, come spesso accade, la scintilla scocca in tenera età, quando il padre gli regala una bicicletta rosa e gialla. Su quella bici, Paolo ha idealmente costruito i suoi sogni, quelli che – negli anni a venire – lo avrebbero consacrato come uno degli anchor-man più apprezzati nel mondo del pedale.

 

Paolo, la “prima volta” fu al campionato italiano di Winter Triathlon nel 2005…

“Sì, quella è stata la mia prima volta ‘seria’ perché, in realtà, già nel 2002 mi ero cimentato con il microfono. Ero reduce da un incidente in cui mi ero fratturato cinque ossa della gamba destra e, non potendo andare in gara, mi presentai in stampelle sul traguardo a commentare un triathlon estivo. La settimana successiva commentai un XC di MTB a Torgnon, ma sempre per ingannare il tempo durante la mia degenza. In quel momento, però, mi resi conto che la cosa non mi dispiaceva affatto. Il primo a credere in me fu Giuliano Marangelo. Giuliana Lamastra e Luca Alladio invece mi chiamarono, tre anni più tardi, a dare voce a quel campionato italiano di Winter Triathlon nel 2005: sì, fu quello il trampolino di lancio”.

Oltre a fare lo speaker ti occupi anche della comunicazione del fondista Francesco De Fabiani. Che rapporto hai con lui ?

“Mi occupo di lui ormai da tre anni. Gli curo la parte stampa e social. E’ nato tutto quasi per caso, ma mi piace un sacco lavorare per lui. Francesco è un ragazzo speciale, timido e riservato, ma soprattutto fortissimo. Abbiamo un bellissimo rapporto, siamo diventati amici. Abbiamo caratteri opposti e, purtroppo per me, doti fisiche diverse, nel senso che lui è un talento assoluto. Lo sento, nel periodo invernale, quasi tutti i giorni su whattsapp e molto spesso ci sentiamo per decidere le strategie di comunicazione. Insieme a me, lavora Nicolò Caneparo, che si occupa della parte media legata all’area più tecnica, mentre io mi occupo di contenuti. Siamo un team affiatato e a volte è Francesco a fare ‘il tecnico’ perché è molto appassionato di tecnologia. Spesso ci incontriamo per cenare insieme e farci qualche risata”.

Sci di fondo e ciclismo: ci sono analogie?

“Sci di fondo e ciclismo vanno certamente d’accordo. Cambiano le temperature, cambia il gesto, cambiano i materiali, ma alla fine la testa, le gambe e la fatica parlano lo stesso linguaggio”.

Tu oggi fai un lavoro molto invidiato, a contatto con i grandi campioni del pedale. Quanto tempo hai impiegato per realizzare i tuoi sogni?

“Le stelle stanno in cielo, i sogni non lo so, diceva Vasco Rossi, aggiungendo che alcuni di essi si avverano. Il mio sogno è iniziato per caso e si è realizzato il 7 maggio 2011 a Torino, quando ho commentato per la prima volta una tappa del Giro d’Italia. Posso dire che al lordo, ci ho impiegato 9 anni, visto che ebbi l’incidente lo stesso giorno, ma 9 anni prima”.  

Il Giro d’Italia è un sogno per tutti: per lei essere arrivato a fare lo speaker per Rcs è una sorta di maglia rosa?

“Direi di sì. Il Giro è quanto di più bello potessi immaginare di poter fare nella vita. Da ragazzo sognavo di parteciparvi da atleta, ma a conti fatti, faccio meno fatica da speaker, anche se è molto impegnativo, Posso contare su un team di lavoro con il quale ho un affiatamento importantissimo”.

Parlando di campioni non possiamo non dire due cose sulla sua concittadina Gaia Tormena, una vera “perla” del nostro sport…

“Qualche anno fa, facevo lo speaker alla Marciagranparadiso e al sabato c’era la gara dei bambini. Finita la premiazione, una ragazzina salì sul palco e chiese a sua mamma di scattarle una foto con me. Quella ragazzina era Gaia, e sinceramente non avrei mai pensato a quello che invece sarebbe stata in grado di fare nella sua giovane carriera. Gaia è un vanto per la Valle d’Aosta e per l’Italia. Mi auguro che possa realizzare i suoi sogni e che possa trovare una dimensione importante anche in altre discipline, per esempio in pista”.

a cura di Leonardo Serra ©Riproduzione Riservata-Copyright© InBici Magazine

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