Da regista ad attrice protagonista: Tatiana Guderzo, secondo i piani iniziali del commissario tecnico Dino Salvoldi, sarebbe dovuta essere la regista della nazionale azzurra, la donna di esperienza capace di pilotare al meglio la nostra capitana, Elisa Longo Borghini. Ma la corsa è sempre imprevedibile, e così la Guderzo è riuscita a raddrizzare una situazione che per i colori azzurri, a un certo punto, sembrava ormai compromessa, soprattutto dopo che il gruppo con la Pirrone era stato ripreso.
Con questo terzo posto di Innsbruck 2018, la Guderzo torna a calcare il podio del mondiale 9 anni dopo il trionfo iridato di Mendrisio 2009: “Le sensazioni di oggi sono le stesse che avevo dopo quel mondiale – spiega una raggiante Guderzo dopo la corsa – non mi aspettavo di fare una gara così buona. Ci speravo, credevo che la nazionale potesse fare bene ma non pensavo potessi essere io quella che avrebbe portato a casa questa medaglia. E’ una medaglia che brilla come l’oro”.
Non eri tra le prime scelte del ct Salvoldi, tant’è vero che sei stata convocata con la Pirrone all’ultimo momento, e invece siete state le migliori in corsa. Che sapore ha questa medaglia alla luce di questo?
“E’ stato un anno molto difficile per me, ho perso mio nonno, al quale ero molto legata, e ho avuto tanti problemi fisici. Ho parlato con Salvoldi, il quale è a conoscenza perfettamente del fatto che per questa maglia azzurra io sputerei sangue, sono legatissima a questa maglia e ogni volta che l’ho indossata non mi sono mai risparmiata. Non sono riuscita a portargli dei risultati concreti, ma ho lavorato tantissimo e così mi ha dato questa opportunità. Oggi ho perso tutte le mie vite, chilometro dopo chilometro”.
A giudicare dai distacchi, possiamo dire che questo è stato il mondiale più duro della storia?
“Posso assicurare che è stato un mondiale veramente duro, infatti al penultimo giro pensavo di staccarmi ma ho tenuto duro per dare sostegno alle ragazze che erano davanti, poi quando ho visto che è scattata la canadese e ho visto che le altre non ne avevano mi sono detta che avrei dovuto scattare ancora. E’ stato un calvario che mi ha portato al successo”.
Quando la Longo Borghini ha capito di non essere in giornata vi siete parlate? E cosa vi siete dette?
“Elisa stava bene, non abbiamo cambiato tattica, poi è normale che in queste situazioni ci sia anche un po’ di agitazione. Sono partita convinta della forza delle mie compagne e volevo fare bene per loro, poi la gara è stata molto dura ma mi è andata bene”.
A 16 anni dalla tua prima volta in azzurro torni di nuovo sul podio, e a 9 anni di distanza dal mondiale vinto da te. Te lo saresti mai aspettata?
“Detta così sembro vecchia (ride, n.d.r.). Non me lo aspettavo, ma mi hanno sempre insegnato che il ciclismo è lottare, provarci fino alla fine. E io questa mattina, quando ho indossato per la sedicesima volta la maglia azzurra nella mia carriera, sono partita convinta. Ancora una volta ho pedalato per raggiungere un sogno insieme alle mie compagne”.
Al momento dell’attacco vincente della Van Der Breggen, la situazione è sembrata quasi compromessa per le azzurre. Ci puoi raccontare cosa è successo in quel momento?
“In quel momento ero davvero a tutta, quindi non ho ben compreso tutta la situazione. Avevamo la Pirrone davanti, quindi c’è sempre stata un’azzurra nelle varie azioni. la Van Der Breggen non ha bisogno di presentazioni, quindi quando è andata in fuga c’è stato un attimo di panico, ma abbiamo lavorato al meglio per ricucire quella situazione”.
Se dovessi sintetizzare la tua lunga esperienza da professionista fino a qui, cosa potresti raccontare oltre ai sogni e ai successi ottenuti su strada e su pista?
“Credo che il ciclismo femminile sia cresciuto molto e possa crescere ancora di più con il passare degli anni, si sta evolvendo molto e questa è una cosa positiva. Ho sempre cercato di dare il mio contributo per farci reputare come delle professioniste, facciamo la stessa fatica dei maschi e la speranza è quella di essere considerate sempre come loro”.
A cura di Carlo Gugliotta, inviato a Innsbruck per InBici Magazine