Scalare una montagna non è la semplice impresa di un ciclista. E’ un viaggio introspettivo dentro le nostre paure, un percorso nei meandri della sofferenza, in cui emergono spietati i tratti più autentici della nostra personalità
“Vado forte in salita per accorciare la sofferenza“. Lo diceva un certo Marco Pantani che, sulle leggendarie ascese delle Alpi, ha scritto la storia del ciclismo. Nessun riferimento alla gioia inebriante della vittoria… Solo sofferenza e dolore.
Cari lettori, oggi parliamo di montagne, “croce e delizia” dei ciclisti. La salita, infatti, mutuando le sensazioni dei grandi alpinisti, significa “fare un’impresa”. Riuscire a scalare un ostacolo, anche ideale, e vincere con le proprie forze le asperità della natura e, con essa, le proprie paure di uomo.
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La
salita risponde all’impulso primario dell’esplorazione, al
desiderio di provare emozioni nuove, alla tendenza a compiere imprese
sensazionali e non alla portata di tutti. La soddisfazione per l’azione portata
a termine ripaga della fatica e consolida la sensazione psicologica di
autosufficienza e sicurezza. In poche parole, puntella con robusti piloni
l’impalcatura della nostra autostima.
Non importa quindi possedere le caratteristiche fisiche dello scalatore per
amare la salita. Conosco alcuni amatori che
evitano di fare gare e allenamenti in salita con la scusa di non essere
“portati”. Un grave errore.
Perché, oltre a costituire una fondamentale palestra in cui alternare
differenti tipi di allenamento, la salita rimane un momento di intensa
introspezione.
Quando la strada sale e l’acido lattico comincia a scorticare le gambe, fatica fisica e fatica mentale si intrecciano in un’unica spirale. La percezione della fatica e del dolore varia da un individuo all’altro, ma varia anche, nello stesso soggetto, in base al momento, alle situazioni emotive, alle condizioni culturali e sociali. E’ nella reazione alla sofferenza che emergono, spietati, i tratti poliedrici della personalità dell’uomo.
Ho avuto la fortuna di affrontare alcune tra le più belle salite del continente, ma ancora amo avventurarmi alla scoperta di nuove e impervie strade. In fondo, la vittoria più grande resta il dominio sulle nostre paure.
A cura di Gian Paolo Mondini – Copyright © INBICI MAGAZINE