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CORONAVIRUS, SI VA VERSO UN CICLISMO SENZA I BUS?
Credit photo Team Ineos

CORONAVIRUS, SI VA VERSO UN CICLISMO SENZA I BUS?


Il ciclismo non ha ancora trovato le proprie regole per la ripartenza. E’ vero che si tratta di uno sport individuale, ma una gara in bicicletta è un assembramento di circa 200 corridori che pedalano tutti insieme, ed è normale immaginare che le gare, intese così come le conosciamo noi oggi, non potranno essere le stesse fino a che non verrà completamente debellato il Coronavirus. Spesso si pensa che con la ripresa degli allenamenti possa essere facile riprendere a gareggiare, ma non è così. E ad oggi, a poco più di due mesi dalla Strade Bianche dell’1 agosto, mancano ancora delle regole certe su come comportarsi alla ripresa degli eventi.

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Eccoci qui, allora, a cercare di immaginare come possa essere un ciclismo che convive con il distanziamento sociale. Facile a dirsi, difficile a farsi. Il ciclismo professionistico su strada è una vera attrazione per tutti: non si paga il biglietto, è possibile vedere da vicino i corridori, chiedere autografi e selfie. E’ il bello del ciclismo, un vero e proprio sport senza barriere. Ma come è possibile far convivere la formula di una gara, così come la conosciamo noi, con il distanziamento sociale? Insomma, il vero problema è quello di riuscire a far pedalare tutti in gruppo, ma anche il pre e post gara potrebbero cambiare.

Credit photo Mitchelton-Scott

Viene quindi da pensare che nel ciclismo post Covid-19, fino al momento in cui non sarà trovata una cura o un vaccino per questo terribile nemico, sarà probabilmente necessario non utilizzare più uno dei simboli del ciclismo moderno, i bus delle squadre. Sappiamo bene quanto sia importante il bus per una squadra professionistica: ormai non sono più dei mezzi di trasporto semplici, ma sono delle vere e proprie case viaggianti, dove i corridori trascorrono gran parte del tempo tra una tappa e l’altra. I ciclisti si cambiano nel bus prima della partenza, mangiano e fanno la doccia dopo l’arrivo, svolgono la riunione tecnica e spesso, alla sera, diventa il punto di ritrovo per bere un caffè tutti insieme. Insomma, si tratta di veri e proprio motorhome, dove vi è anche la possibilità di dormire: i cosiddetti marginal gains sono anche questo.

Ebbene, i bus delle squadre presentano un grande problema che i virologi definiscono “periodo spogliatoio”. Nelle due ore immediatamente seguenti un’attività sportiva molto intensa, il fisico è abbastanza debilitato e ci si può ammalare con facilità. Di conseguenza, salire su un motorhome dove si sta tutti attaccati potrebbe essere un grosso problema per i corridori, che entrano a contatto con lo staff della squadra. Il bus è molto più stretto di uno spogliatoio normale, di conseguenza il contatto con gli altri è molto frenetico e potrebbe essere un grosso problema per tutti.

Credit photo Team Ineos

Esiste poi un altro problema: sono tanti i tifosi che vogliono una foto o un autografo del proprio corridore preferito, e dopo le varie tappe i bus sono letteralmente presi d’assalto dai tifosi. Il bus, insomma, potrebbe essere (involontariamente) un mezzo per creare un assembramento di persone. Ad oggi, insomma, l’utilizzo del motorhome sembra essere davvero molto difficile, ed è immaginabile un maggiore utilizzo di ammiraglie, al fine di permettere a tutti i corridori di poter viaggiare a debita distanza, soprattutto dopo la tappa, quando le difese immunitarie sono molto più basse. Bisognerà quindi dire addio, almeno per il momento, ai marginal gains: ci si farà la doccia in hotel e in macchina si mangerà solo un pasto take away. Ma è sempre meglio che non correre.

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