Filippo Pozzato, vicentino e classe 1981, è passato tra i professionisti a soli 18 anni. Fortissimo in volata, “Pippo” nel 1999 ha disputato a Verona il Mondiale Juniores vinto da Damiano Cunego.
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Pochi mesi dopo, dal gennaio del 2002, è passato professionista con la formazione belga di Patrick Lefevere, la Mapei-Quick-Step. Pozzato ha corso nella massima categoria fino al 2018, stagione in cui ha deciso di appendere la bici al chiodo. Tra le altre ha indossato le maglie della Fassa Bortolo, Quick-Step-innergetic, Liquigas, Kathusha, Farnese, Lampre, Southeast e Wiliter Trietstina. Ben 45 le sue vittorie tra cui la Milano-Sanremo del 2006, due tappe al Tour de France, una al Giro d’Italia, tre edizioni del Trofeo Laigueglia (di cui è primatista, ndr), due del Trofeo Matteotti e nel 2003 ha conquistato una tappa (la seconda, la Sabaudia-Tarquinia, ndr) e la generale della Tirreno-Adriatico. Oggi invece ha grandi doti come manager e organizzatore di corse.
Facciamo un passo indietro: qual è stato il momento più bello della tua carriera?
“La tappa che ho vinto al Tour de France 2004 (la settima, quella con arrivo a Saint-Brieuc, ndr). Lì ho preso la giusta consapevolezza e mi ha fatto entrare nel mondo dei grandi professionisti”.
E quello più brutto invece?
“Ce ne sono parecchi, tra tutti il Mondiale 2010 a Geelong che ho buttato via”.
Hai qualche rimpianto?
“No, sono felice di tutto, sia delle cose positive ma anche di quelle negative. Cerco sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno”.
Vanti ben 45 vittorie in carriera. Qual è quella del cuore?
“Il primo Trofeo Laigueglia nel 2003 è stata una vittoria per me molto importante, così come la Milano-Sanremo 2006 che era il sogno da bambino”.
A volte pensi che con il tuo talento avresti potuto vincere di più?
“Sicuramente potevo vincere di più, tanti mi hanno sempre incolpato di non aver fatto le cose bene. Forse avrei potuto fare qualcosa in più ma avendo vicino persone diverse e quindi facendo scelte differenti”.
Hai corso tra i professionisti per 19 stagioni. Com’è cambiato il ciclismo in questi anni?
“E’ cambiato tanto. Durante i miei anni di carriera secondo me è cambiato tre volte e adesso è ancora diverso. Il livello in gruppo si è alzato molto, c’è tanta concorrenza ed è diventato più difficile vincere. E’ cambiato anche il livello dei materiali, molto più tecnici, così come la preparazione. E’ un ciclismo che va sempre più veloce”.
Hai dimostrato grandi doti da organizzatore e manager. Creare una squadra italiana non è nei tuoi programmi?
“E’ da sempre il mio sogno ma non è così facile. Il problema di adesso è che ci vogliono tanti soldi per una squadra World Tour, ad esempio per una World Tour servono almeno 20 milioni. Ho iniziato ad organizzare le corse anche con l’obiettivo di far appassionare gli sponsor a questo mondo con la speranza un giorno di riuscire magari a costruire qualcosa. Organizzare le corse è un lavoro che mi piace molto e sto cercando di fare qualcosa di diverso per modernizzare il nostro sport”.
Com’è messo il ciclismo italiano secondo te?
“Secondo me non è messo male, manca però una squadra di quelle importanti. Ivan Basso è sulla strada giusta, così come Davide Cassani. La qualità degli atleti c’è, in Italia siamo bravi a criticare quello che abbiamo al posto di valorizzarlo”.
Un movimento femminile che è in grande crescita…
“Sicuramente. Da quattro anni dico che le donne sono il futuro del ciclismo ed i risultati lo stanno dimostrando. Non dobbiamo però abituarci a questi risultati perché secondo me tra un paio di anni arriveranno anche altre nazioni. Al momento però ci stiamo confermando in cima al mondo grazie alle nostre ragazze”.
Venerdì da Budapest scatterà la 105esima edizione della Corsa Rosa. Che Giro sarà secondo te?
“Il Giro per me è sempre la corsa più bella e quindi penso che verrà fuori un bel Giro. Non ci sono grandissimi nomi e questo è un po’ una pecca ma sicuramente ci sarà qualche nome nuovo e poi speriamo negli italiani”.
Chi tra gli italiani può ambire alla top10 al Giro?
“Lorenzo Fortunato”.
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