Si confessa a cuore aperto Riccardo Riccò, all’interno della sua autobiografia dall’emblematico titolo “Funerale in giallo – Le confessioni del Cobra“.
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Scritto a quattro mani con Salvatore Lombardo e già uscito recentemente in Francia, è stato quest’oggi presentato dallo stesso corridore modenese a Milano nel corso di una conferenza stampa appositamente organizzata.
Ripercorre la parabola sua e del ciclismo degli ultimi anni in quest’opera dal sapore irriverente – come tale è il carattere dell’ex ciclista – ma anche obiettivamente sincero in diversi punti. Secondo al Giro d’Italia 2008, prima di andare al Tour de France dove fu squalificato dopo aver vinto due frazioni, a Riccò è stata poi inflitta una pesantissima condanna a dodici anni dopo una presunta confessione di autoemotrasfusione – che gli stava costando la vita – nel febbraio del 2011, dopo essere tornato alle corse.
Sottoposto alle domande dei giornalisti, il romagnolo non nega come si possa correre e ben figurare senza doping – assicurando di averlo fatto alla Grande Boucle 2006 – ma pensa sia pressoché impossibile vincere un grande giro a “pane e acqua”. Ritenendosi, inoltre, né vittima né capro espiatorio del sistema, si definisce come “il calzolaio del paese contro la Nike“, dove il noto marchio sportivo è rappresentato, per esempio, dal sistema che ruotava attorno a Lance Armstrong, che poteva contare sull’appoggio di uno staff specializzato di medici e specialisti del settore. E, a proposito dell’era del texano, reputa più forte di lui Jan Ullrich, il cui talento è stato però sprecato dallo stile di vita non proprio esemplare nel caso del tedesco, a differenza dello statunitense.
E il ciclismo di oggi? Più pulito si, afferma ancora il biondo trentunenne, ma non completamente pulito perché c’è molta “ipocrisia” e diversi team sono di fatto “coperti”, senza che si riesca a sapere cosa effettivamente si nasconda dietro.
Il ciclismo odierno lo annoia, prosegue nel suo lungo intervento, tuttavia trova il modo di complimentarsi con Vincenzo Nibali, che sta mettendo a frutto ciò che negli anni ha imparato con costanza e dedizione.
Tornando a lui, Riccardo Riccò assicura di essere cambiato e di non essere più quella testa calda (espressione certamente più elegante della sua, più colorita): le “legnate” prese – che l’hanno spinto, in uno dei momenti più bui della sua vita, a pensare di farla finita, salvo poi avere accanto persone care che l’hanno distolto dal fatto – l’hanno fatto “innegabilmente maturare”.
In bicicletta comunque continua ad andarci, soprattutto nella bella stagione e, per il prossimo anno, il suo obiettivo è ambizioso: stabilire dei record sulle salite più importanti del ciclismo. A patto che poi gli stessi siano convalidati.
A cura di Andrea Fragasso
Fonte mondiali.net