Ebbe un solo limite: trovare sulla sua strada due campionissimi come Merckx e Hinault. Ma in una gara era – e restò – imbattibile: il Giro dell’Appennino.
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Gianbattista Baronchelli è nato il 6 settembre 1953 a Ceresara (Mantova) e si è messo subito in luce vincendo, a soli venti anni, il Giro d’Italia dilettanti e il Tour de l’Avenir.
Baronchelli è stato un campione vero e non solo per le sue prestigiose vittorie tra i professionisti.
Il suo unico limite è stato… generazionale. Ha avuto cioè la sfortuna di incrociare sulla sua carriera due campionissimi del calibro di Eddy Merckx e Bernard Hinault, cioè – albi d’oro alla mano – i massimi esponenti del ciclismo del periodo che va dagli anni ‘70 agli anni ‘90.
Baronchelli, a soli 21 anni, nel 1974 (primo anno tra i professionisti), riuscì a duellare ad armi pari con il già campione Eddy Merckx. Nel suo primo giro d’Italia perse per soli 12 secondi la maglia rosa contro il “Cannibale” e, nella tappa delle Tre Cime di Lavaredo, lo riuscì a staccare. Sua maestà Merckx, per la prima volta, fu sul punto di cedere davanti all’attacco di quel ragazzo appena ventunenne.
Partito favorito nel Giro d’Italia del 1975, Baronchelli non riuscì ad ottenere quei successi che tutti si aspettavano da lui nelle corse a tappe. Riuscì bensì a vincere numerose gare in linea importanti a livello nazionale ed internazionale.
Tra le sue vittorie elenchiamo Trofeo Laigueglia nel 1975, Giro di Romagna del 1976, Giro di Romandia e Giro di Lombardia del 1977, Giro del Piemonte e Coppa Placci nel 1978.
Ma la gara della vera consacrazione per Baronchelli fu sicuramente il Giro dell’Appennino. Infatti riuscì ad imporsi in ben sei edizioni consecutive tra il 1977 ed il 1982 . Un vero record mai eguagliato da nessun professionista.
Il 1980 fu un anno altrettanto buono per Baronchelli che riuscì ad imporsi nel Giro del Piemonte, Giro dell’Emilia e Giro di Calabria oltre che al Gran premio di Francoforte.
In quell’anno tutti ricordano che “GIBI” fu l’ultimo a cedere al grande Hinault nel mondiale di Sallanches, definito il mondiale più duro di tutti i tempi. Un determinatissimo campione come Hinault riuscì a trionfare su un tracciato cosi duro da far mettere piede a terra a tanti campioni. L’unico che riuscì a resistere al fuoriclasse francese fino all’ultima salita, nell’ultimo giro del tracciato, fu proprio l’azzurro Giambattista Baronchelli.
Due competizioni – quali il Giro d’Italia ed il Campionato del mondo – avrebbero dato ancor più lustro ad una brillante carriera ciclistica professionistica. Ma in questi casi il secondo posto vale la vittoria perché ottenuto al cospetto di autentici fuoriclasse in giornata di grazia. Altre belle vittorie di Baronchelli sono state il Giro del Lazio del 1981 e il Giro di Lombardia del 1986.
Baronchelli, dopo gli albori sotto le insegne del team Scic, cambiò tante squadre e, forse, proprio a questi cambiamenti si attribuisce la mancanza di vittorie al Giro o al Mondiale, corse che – secondo gli esperti del pedale – sarebbero sicuramente state alla sua portata. Questo campione avrebbe meritato sicuramente una squadra tutta sua, costruita interamente attorno al suo capitano visto ciò che riuscì a fare durante il Giro d’esordio del 1974 e nel Mondiale del 1980.
In questo articolo presentiamo la Colnago modello Super che il team SCIC utilizzò durante la stagione del 1974. Il colore del telaio del team era azzurrino, ma le varie varianti di colore furono tantissime, specialmente bianco perlato, arancione ma anche verde e rosso.
Il telaio super fu riproposto anche negli anni successivi da Colnago con la testa della forcella inclinata (con il trifoglio inserito all’interno della “C” di Colnago pantografata sulla testa della forcella stessa).
La Colnago utilizzata dai professionisti della Scic aveva – rispetto a questo modello di 10 anni più giovane – la testa della forcella piatta con il trifoglio pantografato. Una successiva versione aveva, oltre al trifoglio, anche la scritta Colnago sotto il trifoglio.
Inoltre, nel 1974, non c’erano i passacavi, ma il tubo orizzontale si presentava liscio ed ospitava i passacavi cromati della Campagnolo.
In quegli anni, infatti, i telaisti non vedevano di buon occhio saldare dei passacavi al tubo orizzontale adducendo una perdita di rigidità del telaio stesso.
Le scritte sul telaio appaiono diverse tra la Colnago super del 1974 e quella dell’epoca successiva. Infatti, il trifoglio sul tubo piantone venne sostituito dalla scritta Colnago.
Caratteristica di questa bici superlativa è inoltre la congiuntura dei forcellini posteriore al tubo piantone. I forcellini, nella parte superiore, venivano sagomati dapprima semplicemente tagliando il tubo a “fetta di salame” per poi essere sagomato a “becco di flauto”. Questa innovazione donava a questa bicicletta un’eleganza che la poneva al di sopra di tutte le produzioni di allora. Anche la forma delle congiunture tra i tubi erano davvero ben eseguite e contraddistinguono la maestria del costruttore- telaisti-artista Colnago.
Le capacità tecniche di Colnago e il suo ingegno lo portarono a costruire biciclette non solo vincenti ma anche bellissime fino ad arrivare alla costruzione della splendida Colnago ARABESQUE di cui ci occuperemo la prossima volta.
Da rilevare che la bici Colnago di Baronchelli del 1974 montava la miglior componentistica dell’epoca, vale a dire il Gruppo Super Record di Campagnolo del 1974 che presentava la serie sterzo in lega leggera e il perno del movimento centrale dei pedali e la viteria in titanio. Inoltre, il cambio del Super Record si differenziava dal Nuovo Record per i blocchetti anodizzati in nero ed i pedali che possedevano la gabbia in lega leggera anodizzata nera.
A cura di Adriano Vispi e del Dottor Dario Corsi Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata