L’8 luglio a Trento la sesta tappa del Giro d’Italia d’Epoca. A “tirare il gruppo”, oggi come ieri, il leggendario “Sceriffo”
Talvolta una rassegna “di contorno” può diventare un main event. E “La Moserissima” dell’8 luglio, sesta tappa del Giro d’Italia d’Epoca, è una delle chicche di un circuito che raggruppa e coordina le ciclo-storiche d’Italia. Ogni ciclostorica rappresenta una “tappa” del Giro ed ogni tappa è soprattutto un’occasione per fare della bicicletta un momento di festa autentica e di incontro tra gli appassionati.
Trento è una città dalla storia e dal cuore millenari, e per questo non poteva non avere un evento che la rispecchiasse e che rendesse omaggio ad uno dei suoi personaggi simbolo: Francesco Moser, il ciclista italiano più vincente della storia. A lui “La Moserissima” è dedicata, ed è il corridore trentino a dar prova di tutta la propria abilità allestendo anche i percorsi lungo i quali si svilupperà la manifestazione.
La terza edizione dell’evento avrà luogo l’8 luglio a Trento con partenza da Piazza Duomo ed arrivo in Piazza Fiera, con le iscrizioni fissate a 40 euro comprensive di numero di gara da fissare alla maglia e alla bicicletta, prodotti tipici del territorio, assicurazione di “responsabilità civile” verso terzi, ristori lungo il percorso e all’arrivo, lunch al termine della manifestazione, servizi igienici e docce all’arrivo.
Gli atleti avranno l’occasione unica di cimentarsi con il fascino del retrò, immedesimandosi con le caratteristiche principali del ciclismo d’epoca, fra maglie in lana, caschi in cuoio, puntapiedi e cinghiette, pantaloncini d’un tempo, biciclette fabbricate rigorosamente prima del 1987: questi i requisiti fondamentali per partecipare a questo salto nel tempo. Nella seconda edizione dello scorso luglio a ricordare il ciclismo dei tempi che furono c’erano i grandi campioni del passato a due ruote come Gianni Motta, vincitore del Giro d’Italia 1966, Marino Basso, campione del mondo a Gap in Francia nel 1972, “Cuore Matto” Franco Bitossi, Palmiro Masciarelli, fidato gregario di Moser per dieci stagioni, e Luciano Armani, uno in grado di battere Merckx in volata al Tour de France 1971.
Il percorso di 55 km e 678 metri dislivello permetterà di riassaporare i fasti del ciclismo degli anni d’oro, gustandosi in amicizia e fratellanza i ristori siti alle cantine Moser e Cavit. Prima dell’agonismo e di qualsiasi tipo di “belligeranza sportiva”, l’atmosfera ed il regolamento della manifestazione, sottolineano l’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e l’ASD Charly Gaul Internazionale, vanno severamente rispettati, i partecipanti sono altresì obbligati ad indossare abbigliamento d’epoca o d’ispirazione, evitando di mettere in vista indumenti con materiali tecnici di recente manifattura. Nel rispetto dello spirito rievocativo della manifestazione, i partecipanti sono invitati a curare anche la scelta di tutti gli altri accessori, a partire dalle scarpe, i cappellini, le borracce, mentre per quanto riguarda l’utilizzo del casco di sicurezza omologato questo è l’unico accessorio moderno di cui è consentito e consigliato l’utilizzo, seguendo le norme tecniche dell’attività ciclo pedalata vintage internazionale, con il regolamento ufficiale a prevederne proprio l’utilizzo.
La prima grande teorizzazione della bicicletta risale al “genio” di Leonardo da Vinci, nel 1490. Questi progetti contemplavano ruote dello stesso diametro con un sistema di trasmissione a pedali e cinghia che ricalcava fedelmente il nostro concetto di catena. Evoluzioni successive hanno coinvolto il “mezzo” nei secoli a venire, ma la vera bicicletta fu inventata attorno al 1839 dal maniscalco scozzese Kirkpatrick Mac Millan. Qualche decennio più tardi nacquero anche le prime gare, esclusivamente a fini di tipo commerciale e di promozione. Nel 1868 fecero la loro prima apparizione telai e forcelle di acciaio forgiato, ruote di legno cerchiate in ferro, rivestimenti delle ruote in caucciù, e nel 1869 nacque in Francia la Parigi-Rouen (prima grande corsa ciclistica su strada), vinta dal veterinario inglese Moor. In Italia la prima competizione risale invece alla Firenze-Pistoia del 1870 e, sei anni dopo il primo “Tour de France”, nel 1909, rispondemmo organizzando il primo Giro d’Italia. Grazie all’inventiva di Uccio Costamagna de “La Gazzetta dello Sport” 127 corridori si presentarono al via della corsa che non aveva ancora come simbolo del primato la maglia rosa, e la classifica non era redatta in base al tempo impiegato da ciascun corridore, ma in base ad un punteggio assegnato al termine di ogni arrivo di tappa. E già nella prima frazione il “Giro” perse due dei probabili favoriti: l’astigiano Giovanni Gerbi soprannominato il “diavolo rosso” e il francese Lucien Mazan che si faceva chiamare “Petit Breton”, entrambi coinvolti in due differenti cadute. La classifica finale vide primeggiare Luigi Ganna che precedette di due punti Carlo Galetti e di 15 Giovanni Rossignoli.
Sfide sui pedali culminanti con la nascita, nel 1912, del professionismo. 39 anni più tardi nacque invece a Palù di Giovo, piccolo paesino in provincia di Trento, Francesco Moser, capace di conquistare 273 vittorie su strada assieme a tutte le più grandi classiche del calendario nazionale e internazionale, la cui combattività gli consegnò il nickname di “Sceriffo”. L’organizzazione dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e dell’ASD Charly Gaul Internazionale è inoltre una delle più apprezzate del panorama nazionale, in particolar modo quest’anno con una miriade di eventi fra la dodicesima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul”, la cronometro di Cavedine e la prova a scatto fisso che si svolgerà proprio nella giornata de La Moserissima. La parola vintage si definisce “lo status e il valore di un oggetto prodotto almeno un ventennio prima del tempo presente”, ma nel caso del ciclismo, ogni anno passato avvicina sempre più all’olimpo di chi cominciò una storia destinata a durare per sempre.
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