In Ungheria centra il suo primo successo a tappa da professionista: “Una bella impresa da condividere con tutta la squadra”
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Quest’anno agosto è stato sicuramente il mese magico di Manuel Belletti. Mentre la gente comune approfitta del caldo per recarsi in vacanza, per lo più al mare, il portacolori della Androni Giocattoli – Sidermec conquistava, in Ungheria, la sua prima corsa a tappe da professionista. Era da tanto che mancava la vittoria al velocista di Sant’Angelo di Gatteo che, oltre alla generale, riesce anche a portar a casa una frazione. Dopo più di dieci anni di carriera, Manuel conferma di poter ancora togliersi qualche soddisfazione e si prepara a dare il massimo anche nei prossimi impegni. Con semplicità e umiltà ci ha raccontato il suo percorso di crescita.
Iniziamo dall’ultima affermazione, raccontaci come hai vissuto il Giro d’Ungheria: credevi di poter indossare la maglia fino alla fine?
“Avevamo pianificato bene la corsa con la squadra, dopo quasi due mesi di pausa per recuperare le energie in vista della seconda parte di stagione. La tappa che ho vinto mi ha dato fiducia, abbiamo fatto selezione in salita e ho preso la maglia, anche grazie agli abbuoni. Da lì in poi tutti i giorni sono riuscito a guadagnare sui diretti avversari e a conquistare infine la generale. Logicamente un pensiero l’avevo fatto già in partenza, perché avevo capito che era una occasione unica, dove un velocista come me poteva centrare il massimo risultato. La squadra mi ha sempre supportato ed è andato tutto alla grande”.
Cosa rappresenta per te questa vittoria?
“Innanzitutto sarà un bellissimo ricordo anche perché non avevo mai vinto una corsa a tappe da professionista. Questo successo però non cambia nulla dentro di me, io sono un corridore principalmente da gare di un giorno, ma se capiteranno occasioni simili di sicuro non mi tirerò indietro. Continuerò a dare il massimo come sempre”.
L’ottimo clima in squadra ha contribuito?
“Il clima è stato fondamentale, siamo una squadra molto unita e lo stiamo dimostrando. Fin dall’inizio della stagione abbiamo trovato il giusto equilibrio e andiamo tutti d’accordo. A seconda delle corse, lavoriamo in armonia per chi può fare risultato. A Giovanni Ellena (attuale direttore sportivo della Androni Sidermec, ndr) ho regalato la maglia come gesto di riconoscenza. È una cosa che però sono solito fare, anche con gli altri membri dello staff, tutte le volte che raggiungo un successo importante”.
Più di dieci anni di carriera, se ti volti e guardi al tuo percorso qual è stata la vittoria più emozionante?
“Sicuramente la tappa al Giro d’Italia del 2010. Penso che nessun altro successo in futuro possa sostituirla perché quel giorno ho vissuto emozioni uniche. Ero sulle strade di casa e ancora oggi mi ricordo tutto di quella stupenda giornata. Sul percorso continuavo a sentire persone che mi incitavano e poi sul rettilineo finale, quando ho iniziato la volata, il pubblico, accorgendosi che avrei ottenuto la vittoria, è scoppiato in un boato fragoroso di gioia”.
Da velocista, quale è stato l’avversario che ti ha fatto penare di più?
“Non c’è uno avversario in particolare, perché il livello è molto alto e tutte le volate sono un terno al lotto. Ci sono poi squadre più organizzate di altre per lo sprint e io, che sono uno sprinter atipico, ho cercato un po di adattarmi. Negli ultimi anni il punto di riferimento in Italia, e non solo, è certamente Elia Viviani. In questo momento sta dimostrando di essere uno dei velocisti più forti al mondo”.
Anche se sei ancora in attività, con dieci anni di carriera, posso chiederti cosa è cambiato nel ciclismo dai tuoi inizi ad oggi?
“L’evoluzione c’è stata, soprattutto nelle biciclette e nei materiali. Mi ricordo che nei primi anni di professionismo avevo delle maglie normali, oggi invece abbiamo dei tessuti aereo-dinamici e studiati apposta per garantire la massima prestazione. Anche il modo di interpretare le corse è cambiato. Prima, in un certo senso, si correva più alla garibaldini, mentre ora è tutto più schematizzato e organizzato”.
Guardando al tuo cammino da professionista, hai qualche rimpianto?
“Fortunatamente non ho rimpianti. Sarebbe semplice tornare indietro con la mente e ripensare agli errori o alle cose che non rifarei, ma alla fine tutto quello che ho fatto fa parte del mio percorso di crescita. Ovviamente le delusioni, che sono più delle vittorie, ci sono, tuttavia non cambierei nulla del mio passato ciclistico”.
Da anni condividi questo percorso anche con una persona in particolare
“Ho la fortuna di avere al mio fianco Dalia – ciclista professionista alla Valcar PBM e campionessa italiana nel 2013 – ci conosciamo da tanto. Lei è importante e mi è di supporto anche perché, correndo come me, conosce alla perfezione i sacrifici che dobbiamo fare. A volte capita di allenarsi assieme e condividere alcune pedalate in bicicletta”.
Hai qualche hobby al di fuori del ciclismo?
“Ho una forte passione, trasmessa da mio nonno, per la pesca. Appena posso, compatibilmente con le corse, prendo la mia canna e vado a pescare nei fiumi o nei laghi, utilizzando la tecnica dello spinning. È un continuo lancio e recupero dell’esca che mi rilassa molto. Una volta ho pescato un siluro, dalle parti di Ferrara, di poco inferiore ai 50 kg. Per il resto mi ritengo un tipo molto tranquillo e nel tempo libero che mi rimane, mi piace frequentare anche i miei amici”.
Prossimi impegni e progetti futuri?
“A settembre parteciperò alle corse in Italia, per lo più di un giorno, importanti per la conquista dalla Ciclismo Cup. A ottobre poi avremo altre competizioni sul nostro territorio e probabilmente, anche se dobbiamo ancora definire bene il tutto, dovrei chiudere la stagione in Cina. Per il futuro, ho riservato un contratto anche per il 2019 con l’ Androni prima del Giro d’Italia e penso di poter correre a buoni livelli ancora per tre o quattro anni. Una volta finita la mia carriera non nascondo che mi piacerebbe rimanere nell’ambiente, anche se non ho pensato ancora in quale veste”.
A cura di Davide Pegurri – INBICI MAGAZINE