Cordiale, riservato e un po’ timido ma in corsa dotato di classe cristallina, intelligenza e una grinta speciale. Michele Bartoli è stato un vero e proprio Re delle Classiche.
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In quelle di un giorno, il curriculum di Bartoli è fra i più prestigiosi: cinque Classiche Monumento (Giro delle Fiandre nel 1996, Liegi-Bastogne-Liegi nel 1997 e 1998, due Giri di Lombardia nel 2002 e 2003) e altre Classiche importanti come la Freccia Vallone (1999) e l’Amstel Gold Race (2002).
Qual è il ricordo più bello della tua carriera?
“Il ricordo più bello è la prima vittoria da professionista al Giro di Sicilia nel 1993. Lì in quel momento mi si è aperto un mondo.”
E quello più brutto invece?
“L’infortunio al ginocchio nel 1999. Da lì non sono più riuscito a tornare al 100% della condizione.”
Cosa ti è mancato per vincere il Mondiale?
“La fortuna e la solidità di squadra. E’ mancata un po’ la coordinazione con i miei compagni di Nazionale con cui non sei abituato a correre come con i tuoi compagni di squadra. Il non aver vinto il Mondiale non è però un grande rimpianto.”
Chi è stato il corridore più forte con cui ti sei confrontato?
“Laurent Jalabert. Lui ha sempre lottato fino all’ultimo metro, anche se si accorgeva di non essere il più forte. Aspettava sempre la linea del traguardo.”
Con chi sei rimasto in buoni rapporti?
“Onestamente con tutti. Con Alessandro Petacchi poi ho un rapporto diverso perché ci siamo frequentati anche al di fuori delle corse, così come con Luca Scinto.”
Com’è cambiato il ciclismo oggi?
“Il ciclismo nell’atleta è cambiato poco. E’ cambiato molto invece nella gestione delle squadre: non sono più a livello familiare ma ci sono molte figure nuove all’interno dei team. Ogni settore oggi viaggia indipendentemente, prima c’era il General Manager che gestiva tutto. Oggi invece il Manager si circonda di persone di cui si fida e capaci nel loro lavoro e poi lascia la libera gestione senza avere sempre tutto sotto controllo.”
L’Italia è reduce da un 2021 importante. Su chi punteresti per le corse a tappe?
“In questo momento non saprei proprio. Giulio Ciccone è in crescita e al momento è il nostro miglior esponente per il futuro ma abbiamo bisogno anche di altro.”
Vincenzo Nibali al Giro può giocarsi il podio oppure andrà a caccia di tappe?
“Vincenzo se trova l’anno giusto e la motivazione necessaria potrebbe ancora vincere il Giro ma non possiamo sempre chiedere tutto a lui. Gli si chiede sempre un po’ troppo e solo a lui. Bisogna iniziare a guardare un po’ altrove anche se al momento non saprei in quale direzione. Su Ciccone però sono fiducioso.”
Filippo Ganna può diventare il Moser moderno alla Parigi-Roubaix?
“Sicuramente sì. Ganna per fare un ulteriore upgrade deve iniziare a puntare alla campagna belga del pavè e non deve aspettare. E’ il corridore giusto.”
Tra gli italiani c’è qualcun altro su cui possiamo puntare in questa stagione?
“Sonny Colbrelli secondo me sarà in grado di riconfermarsi e Andrea Bagioli farà grandi cose. Non conosciamo ancora i suoi limiti, ma sarà una bella scoperta.”
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