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il Prefetto Roberto Sgalla

ROBERTO SGALLA: “ECCO IL CICLISMO CHE VERRÀ”


Il ciclismo dopo il virus? Uno scenario difficile da immaginare.

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Come cambierà il mondo del pedale dopo una primavera in quarantena? Quali i problemi, le sfide e le opportunità? Ne abbiamo parlato con il Prefetto Roberto Sgalla, Presidente di Formula Bici, una delle professionalità più autorevoli e competenti del mondo delle due ruote.

Presidente Sgalla, quale ciclismo possiamo immaginarci dopo questa pandemia?

Io parlerei, come ormai è consuetudine, di un ritorno alla normalità scandito da più fasi perché, al di là delle date che verranno via via indicate dai decreti, ci vorrà tempo perché tutto torni come prima.

Molte manifestazioni già rinviate stanno guardando al mese di ottobre…

Vedremo. Intanto la precedenza ce l’avranno i professionisti, mentre credo che tante corse amatoriali, quelle che tradizionalmente annoverano un alto numero di partecipanti, dovranno pazientare ancora un po’. Questa voglia di ripartire è sicuramente un bel segnale perché, quando le condizioni sanitarie lo consentiranno, il ciclismo sarà una leva di rilancio importante per il turismo e per tutti quei territori pesantemente depressi dalla pandemia. Ma bisognerà anche valutare tante variabili che, ad oggi, è impossibile prevedere…

Ad esempio?

Ad esempio bisognerà tenere conto delle condizioni del nostro sistema sanitario che, gravemente stressato da questa lunga emergenza epidemiologica, potrebbe legittimamente rivendicare il diritto a tirare un po’ il fiato e quindi negare il supporto sanitario a così tante manifestazioni sportive.

Doveva essere un anno storico per il ciclismo amatoriale con l’introduzione delle nuove norme del disciplinare e, invece, rischia di essere una stagione di progetti incompiuti…

Lo sarà senz’altro. Per l’applicazione delle nuove norme del disciplinare, intanto, la Federazione Ciclistica ha già inoltrato al Ministero dell’Interno e dei Trasporti la richiesta di sospensione. Dunque, per l’entrata in vigore del nuovo codice, con tutta probabilità, bisognerà attendere il 2021 visto che, in questa situazione di paralisi globale, non è stato oggettivamente possibile per molti organizzatori adeguarsi alle nuove disposizioni. A questo punto, se il Ministero darà il suo assenso, tutte le manifestazioni che si svolgeranno fino a dicembre 2020 non dovranno più attenersi al nuovo schema normativo che entrerà invece in vigore dal prossimo anno.

Oggi anche il mondo del ciclismo ha compreso l’importanza del lockdown, ma che fatica far capire ai ciclisti che bisognava stare a casa…

In effetti, il mondo degli amatori – che, da sempre, è un po’ luci ed ombre – ha tardato ad allinearsi compatto a certi comportamenti. Ma, in questo senso, va dato atto alla Federazione Ciclistica Italiana di aver agito con grande tempestività e, anche quando i decreti ancora consentivano l’attività motoria, ha lanciato un monito chiaro a tutti i ciclisti invitandoli a sospendere gli allenamenti all’aria aperta e a restare a casa. Lo stesso hanno fatto alcune società amatoriali, come ad esempio la Fausto Coppi di Cesenatico che ha chiesto a tutti i suoi tesserati un atteggiamento di responsabilità, vietando di fatto ogni uscita sui pedali”.

Questi mesi di quarantena possono averci insegnato qualcosa?

Dipende. Al di là delle conseguenze drammatiche sul piano soprattutto economico, sarebbe importante trasformare questa esperienza in una preziosa opportunità di crescita. E’ chiaro che dovremo immaginare un nuovo modo di fare sport e quindi chissà che questa pandemia non ci aiuti davvero a combattere quelli che sono i vizi endemici del ciclismo amatoriale, magari partendo proprio dall’eccesso di agonismo. Sul piano logistico, invece, bisognerà pensare a nuovi format; penso alle partenze scaglionate per arginare gli assembramenti o ad un numero più elevato di ristori in cui sostare. Più complicato, invece, immaginare il ciclista con la mascherina perché, sul piano respiratorio, difficilmente si concilierebbe con un’attività aerobica così impegnativa”. 

Capitolo sponsor: in un’Italia globalmente più povera non sarà facile per molte manifestazioni sportive reperire risorse…

Non c’è dubbio che, nella fase della ripartenza, la priorità di molte aziende sarà il mantenimento dei livelli occupazioni per cui i budget per le sponsorizzazioni sportive potrebbero essere pesantemente decurtati. Ma, d’altra parte, il ciclismo rappresenta un efficacissimo veicolo promozionale, dunque in una strategia di rilancio, stare al fianco delle rassegne ciclistiche per un brand potrebbe risultare molto importante. Io credo che, in ogni caso, andremo verso un ridimensionamento del numero delle gare, un approdo che, per altro, avevamo già previsto dopo l’introduzione del nuovo disciplinare che, in termini di costi – tra addetti Asa, transenne e figure tecniche – già imponevano agli organizzatori costi più onerosi per la sicurezza.

Dunque, tante gare spariranno?

Probabilmente sì, ma questi nuovi scenari potrebbero anche fornire l’occasione per abbandonare certi localismi e, ragionando in un’ottica di area vasta, iniziare ad accorpare alcune manifestazioni che, pur svolgendosi a pochi chilometri di distanza, in questi anni non hanno mai neppure dialogato. Chissà che questa pandemia non ci aiuti a creare nuove virtuose sinergie e ad abbattere finalmente alcuni campanilismi che, in questi anni, sono stati solo un ostacolo alla crescita del movimento”.

Lei è molto vicino alla Nove Colli che, come noto, ha deciso di cancellare l’edizione 2020. Era davvero impossibile rinviarla ad ottobre?

Non faccio parte del direttivo per cui non voglio entrare nel merito di una scelta che non mi compete. Personalmente, però, avrei aspettato ancora un po’. Ovviamente il 24 maggio era una data improponibile, però la Nove Colli non è la Maratona delle Dolomiti che si svolge in contesti climatici così estremi. Con tutta la prudenza del caso, analizzando con attenzione l’evolversi della situazione, forse una collocazione in un’altra data non sarebbe stata impossibile”.

Qualcuno dice “nulla sarà più come prima”…

E’ vero ma io, che ben conosco gli antichi vizi italici, resto scettico. Temo che, quando tutto sarà tornato alla normalità, anche nel ciclismo riaffioreranno i peccati di sempre: dall’agonismo esasperato, che distorce il vero significato dello sport amatoriale, ai soliti provincialismi che antepongo gli interessi di bottega allo sviluppo dei territori. Le opportunità di crescita ci sono ma – mi chiedo – saremo in grado di coglierle fino in fondo?”.

a cura di Mario Pugliese per iNBiCi magazine

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