Silvio Martinello ha utilizzato i propri canali social per esprimere un proprio pensiero sulla situazione in cui si è ritrovato Tom Dumoulin. Secondo il campione olimpico di Atlanta 1996, l’olandese starebbe pagando un senso di solitudine nel quale si trovano molti atleti.
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Questa l’opinione di Martinello: “Suscita un certo stupore il momentaneo, auspichiamo, addio al ciclismo agonistico di Tom Dumoulin, sento e leggo pareri più o meno condivisibili e ad essere sotto inchiesta è il ciclismo moderno. Vorrei però provare a spostare l’attenzione su un aspetto insito nel ciclismo di ieri, di oggi e di domani; la solitudine.
Solo chi questo affascinante mestiere lo ha fatto può capire a cosa mi riferisco. Con la solitudine ti confronti soprattutto quando le cose non vanno per il verso giusto, al contrario quando le cose girano bene hai un sacco di gente intorno, tutti ti cercano e scopri di avere un sacco di “amici”. Con la solitudine ti ritrovi nelle lunghe uscite in allenamento, con i tuoi pensieri e le tue preoccupazioni che ti frullano in testa.
Con la solitudine ci convivi nelle lunghe trasferte e nei lunghi pomeriggi dedicati al recupero nelle camere d’albergo e, quando hai tanto tempo per pensare, per riflettere, per guardarti dentro senza filtri, senza maschere, puoi anche scoprire che ciò che stai facendo non è ciò che ti fa essere felice. Tom Dumoulin ora, ma prima di lui Marcel Kittel, Moreno Moser, Peter Kennaugh, sono solo alcuni degli uomini che avevano di fronte a loro ancora lunghi periodi di attività e di relativi introiti economici, che a sorpresa hanno detto basta.
Personalmente non mi sono mai trovato in questa condizione, non avrei mai potuto immaginarmi senza la bicicletta, senza il mondo delle corse, senza le indimenticabili nottate nei velodromi. Il grande saggio Alfredo Martini, amava dire che il ciclismo non è un gioco ma è uno sport.
Uno sport di grande sacrificio, di rinunce, di fatica, di dolore e di solitudine, che nessun contratto milionario può importi, tuttavia può trovare giustificazione esclusivamente nella smisurata passione che arde in ogni giovane che intraprende questo percorso. A Tom, Marcel, Moreno e Peter si è semplicemente spenta la fiamma della passione, tutto qui, e con coraggio hanno scelto di dire stop. Dopotutto i ciclisti sono uomini, che in bicicletta fanno cose non comuni, ma uomini rimangono”.
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