Il caso Nairo Quintana ha sconvolto l’ambiente del ciclismo poco prima del via della Vuelta di Spagna. Il colombiano dell’Arkea-Samsic era pronto a partire per il grande giro iberico, invece è stato costretto a dar forfait per potersi difendere dall’accusa di aver assunto Tramadol durante il Tour de France.
Qualche giorno fa infatti è arrivata la notizia della positività dello scalatore a questa sostanza durante la Grande Boucle: per l’UCI non è nella lista delle sostanze dopanti, ma è comunque pericolosa per la salute dei corridori e dunque c’è stata la rimozione dei risultati per la gara transalpina.
Questo l’intervento a Marca dell’avvocato di Quintana: “È un processo insolito. Sono cose nuove che l’UCI si inventa. Il Tramadol non è proibito dall’Agenzia mondiale antidoping. È un oppioide sintetico che viene utilizzato per alleviare il dolore. L’UCI ha deciso che non è doping, ma che c’è una sanzione“.
Prosegue: “Non credo ci sia un complotto, ma è tutto molto strano. Tutto è molto frettoloso e il regolamento dà solo 10 giorni. È stata usata una nuova tecnica del sangue secco, non so cosa sarà. Il Tramadol è consumato da chiunque perché è un ottimo antidolorifico. Nairo assicura che non l’ha consumato e io gli credo“.
Tanti i dubbi: “Il campione non è stato analizzato da un laboratorio accreditato Wada. Non esiste un campione B e tutto è strano. La procedura potrebbe essere affidabile, ma non la persona che la esegue. Per i ricorsi al TAS ci sono 21 giorni, è strano che ce ne diano solo 10. C’è già la sanzione, ovvero la revoca del premio e dei punti del Tour. La cosa più assurda è che ti fanno pagare i kit e le procedure”.
L’obiettivo: “L’importante è revocare la sanzione. È importante guardare a cosa sta cercando l’UCI, perché se riguarda la salute, allora è da Wada. Stanno ignorando i diritti minimi di una persona. Non lo hanno avvisato né chiamato per una dichiarazione. Il regolamento dice che devono ascoltarlo”.
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