“Pensaci, Giacomino!” è una commedia scritta nel 1916 da Luigi Pirandello. Nel nostro caso non sono i “topoi” tipici pirandelliani ad interessarci, bensì solo il titolo, che calza a pennello per Renato Di Rocco, presidente della Fci a poche ore dalla sua scelta di non candidarsi in vista delle prossime elezioni: “Ho ricevuto una valanga di attestazioni di stima e di affetto. In sintesi una richiesta a ripensarci. Quasi quasi mi ricandido”, sorride sornione sotto i baffi.
Fa sul serio?
“Battute a parte, davvero, dopo l’annuncio della mia scelta di cedere il passo ho ricevuto tanti messaggi per ritornare sui miei passi, ma dopo 15 anni preferisco far andare avanti gente più giovane anche nel segno della discontinuità. In questi anni, ritengo di aver formato una generazione di tecnici e dirigenti che possano garantire la stabilità di un movimento che comunque sta bene, a dispetto di chi non la pensa così, stabilità acquisita anche mettendo in campo le proprie idee in una logica di confronto, e pure in modo discontinuo.
Lascio serenamente, certo di avere uno dei movimenti migliori al mondo. E poi il ciclismo deve affinare e allargare ancora di più le proprie visioni strategiche. Confido poi nella maturità delle società come garantire un futuro stabile e soprattutto in questo periodo ad abbassare i toni cresciuti oltre il livello sostenibile e concentrarsi sull’attività”.
Parliamo di geopolitica e di candidature….
”Al momento non c’è pervenuta nessuna candidatura ufficiale. La documentazione arriverà più avanti. Ci sono certo, le intenzioni di candidatura. Daniela Isetti sarebbe la prima donna presidente della Federazione Ciclistica (nelle federazioni la prima era stata Antonella Dallari sport equestri, n.d.r.). E poi Silvio Martinello, ottimo pistard. Per quanto riguarda Cordiano Dagnoni, scioglierà le riserve il 19 dicembre prossimo, dopo le elezioni regionali lombarde della Fci.
I rapporti con Daniela sono ottimi, ed è giusto che si giochi le sue carte. La regola principale del ciclismo è la squadra. Aver fatto anche, nel caso di una presidenza federale, militanza all’interno della complessa macchina burocratica federale e perché no anche amministrativa. Tutto serve a migliorare la qualità del nostro movimento”.
Ad Imola, al mondiale di settembre le brillavano gli occhi. E forse li ha cominciato a meditare sul suo cambio di passo?
“In questi mesi e soprattutto grazie a quell’occasione straordinaria ho fatto diverse riflessioni. E ho lanciato un motto: Da Imola a Imola. Ho iniziato la mia carriera federale sono da Imola ’68, al mondiale vinto da Vittorio Adorni. Era forse giusto chiudere proprio a Imola, settembre 2020. Il mondiale, lo chiamo io, dei miracoli, così come lo ha definito anche Bach, presidente del Cio. Una esperienza grandiosa. Insomma chiudo in bellezza”.
In coscienza, crede di aver dato tanto al ciclismo?
“Il ciclismo è cambiato radicalmente in questi 15 anni. Una svolta epocale. Dobbiamo imparare a guardare il ciclismo da differenti angolazioni rispetto a prima. O solo al ciclismo tradizionale, come tanti finora hanno fatto. Il ciclismo è composto di tanti fattori: strada (all’interno ci sono le cronometro), pista (con tutte le discipline che vanno dal quartetto allo scratch , velocità, omnium, madison, keirin, il derby e molte altre) mtb con downhill e l’endurance, il bike trial con ruote di differenti misure, bmx all’interno del quale ci sta il free style e il pump track, ciclocross, il ciclismo indoor con il ciclo palla e il ciclismo artistico, il paraciclismo e le nuove iniziative sui rulli.
In questi anni abbiamo conquistato moltissime medaglie. E alcune di valore immenso. Basti pensare agli ultimi trionfi in pista con Ganna oppure a cronometro. Siamo arrivati a quota 736 medaglie. E comunque, quasi sempre a podio o nella top ten, in europei, mondiali e prove di Coppa del Mondo. E altrettanti ne abbiamo organizzati. Cercatevi quanti mondiali, europei, e appuntamenti internazionali abbiamo messo in piedi. Fino allo scorso anno i settori strada, mtb, paraciclismo erano un terzo del medagliere.
E di tutte le medaglie, più del cinquanta per cento sono conquistare dalle donne. Spazio sempre di più alle donne che per anni, in silenzio hanno supportato il nostro movimento. E nonostante a causa della pandemia siano saltati alcuni campionati, conquistare 49 medaglie in una stagione non è da poco”.
Insomma il ciclismo italiano sta bene…
“Siamo nei primi cinque paesi del ranking mondiale in tutte le discipline olimpiche ovvero nel ciclismo che conta. Il fuoristrada sta attualmente creando una generazione molto competitiva in tutte le discipline e una seconda generazione sta già crescendo molto competitiva. E sono sicuro che faremo molto bene in pista a Tokyo e anche a Parigi in occasione degli appuntamenti olimpici.
La mia decisione di fermarmi, conferma che all’interno del nostro movimento, e di chi ha operato in Fci ha contribuito a far crescere ottime realtà che possono garantire la stabilità raggiunta dalla Fci e la grande credibilità che abbiamo conquistato sia all’estero che in Italia, pur riconoscendo che è giusto una discontinuità con il mio operato. E’ giusto che arrivino idee nuove e forze nuove”.
Il problema doping….
”In Italia abbiamo fatto tantissimo e ci abbiamo messo la faccia, siamo ormai una federazione di riferimento per la guerra al doping. Abbiamo affrontato l’ argomento di petto. E anche con pene severe”.
Quali i settori da rinforzare e che lascerà al nuovo corso?
“Settori da rinforzare? Siamo cresciuti molto bene e armonicamente in tutti i settori. Altri sono cresciuti di più perché sono le leggi del mercato che lo chiedono. E siamo molto attenti a quanto il mondo propone, alle novità. E questo inserendo sempre di più le competenze che ci mancavano, privilegiando la parte tecnica. E’ necessario privilegiare l’attività che stiamo svolgendo, con un occhio al futuro. Perché temo che anche nel 2021, almeno sino a maggio, giugno avremo, pur in tono minore, speriamo, le stesse difficoltà del 2020 a causa della pandemia”.
Diciamolo con orgoglio: il ciclismo è stato il primo e unico sport, in tutte le categorie a ripartire, pur tra protocolli stretti e tante difficoltà.
“Si appunto, ogni tanto è necessario tirare fuori l’orgoglio. Perché il ciclismo ha dimostrato di essere l’unico sport a ripartire e prima di tutti, e con grossi impegni. Siamo stati i primi a fare test sierologici rapidi prima di una corsa, a organizzarci in modo sistematico, creare dei protocolli, aiutare le società per quanto possibile, caricarci tanti oneri come federazione e far arrivare contributi agli atleti. Tutto quanto era nelle nostre possibilità lo abbiamo fatto. Lo dimostra appunto il fatto che in giro per l’Italia stanno correndo il ciclocross mentre gli altri sport nelle categorie minori, sono fermi”.
Una particolarità che molti nel ciclismo non hanno valutato, il ciclismo non è solo agonismo ma opportunità turistica a differenza di tanti altri sport.
“Assolutamente si. Prendiamo ad esempio la Val di Sole. E tutti i campionati nella pista da discesa che ha ospitato nell’arco degli ultimi anni. Grazie al ciclismo ha raddoppiato, come confermato dalle stesse amministrazioni, la presenza di tantissimi turisti, appassionati di sci e di ciclismo. E così Bormio o Pila. Tutti paesi che hanno investito sulla bicicletta e sulla doppia attività. Che ha portato quindi il doppio di gente. Il turismo su due ruote è sempre più in crescita e le amministrazioni guardano sempre di più alla mobilità sicura, su due ruote, anche elettrica non solo bici tradizionale come intendiamo noi.
Qualificare per l’estate i maestri di sci come guide cicloturistiche o sportive ha aiutato loro ad avere una attività anche d’estate, accompagnare gruppi nei percorsi su strada e fuoristrada, ha aiutato noi ad avere dei crediti di serietà come Federazione Ciclistica nei confronti dei comprensori montani, maggiore sensibilità delle amministrazioni ad investire su ciclovie appunto. E soprattutto, con il bonus bicicletta abbiamo scoperto che 26 mirini di italiani si muovono in bicicletta. E almeno una parte di questi li dovremmo intercettare. Nelle zone montane c’è stato uno grande aumento di presenze nelle strutture ricettive e turistiche e un grande impatto economico. E ci hanno fatto capire ancora di più la rande popolarità del ciclismo. Più siamo attrattivi e più possiamo catalizzare anche grandi sponsor. Nell’impiantistica sportiva abbiamo molte realtà che si stanno aprendo e per quanto riguarda il Velodromo di Spresiano crediamo di poter riaprire il cantiere nei primi mesi del prossimo anno”.
Quale sarà il ruolo di Di Rocco nel dopo Di Rocco?
“Chi lo sa, potrebbe servire una figura di raccordo tra la nuova presidenza e tutta struttura, un direttore generale oppure qualcuno di esperienza che mantenga “rapporti diplomatici e istituzionali”. Non lo so, vedremo.. E se ci ripensassi?” …Ri-pensaci Giacomino?
Fonte Ciclismoweb.net – a cura di Tina Ruggeri