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“LA BICI MI HA SALVATO LA VITA”: LA LOTTA (VINTA) CONTRO L’ANORESSIA DI SAMUELE BONETTO

“LA BICI MI HA SALVATO LA VITA”: LA LOTTA (VINTA) CONTRO L’ANORESSIA DI SAMUELE BONETTO


“La bicicletta mi ha salvato la vita”. Samuele Bonetto si racconta come in un libro aperto.

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Lo junior, neo campione europeo su pista nell’inseguimento individuale, deve la sua rinascita alla bicicletta. E a suo papà.

“Mio papà Fabiano, appassionato di bicicletta, nel periodo più nero della mia vita, quando veramente ho rischiato di morire a causa dell’anoressia, mi ha portato, come estrema ratio in bicicletta, in mtb. E li è stato amore a prima vista. Ho cominciato a pedalare, a divertirmi e soprattutto sono tornato a mangiare. Avevamo fatto un patto. Sarei uscito in bicicletta alla condizione di mangiare. E pedalando, giorno dopo giorno, sono ritornato alla vita”.

Samuele Bonetto, 18 anni, già diplomato allo scientifico – Scienze Applicate al “Filippini” a Crespano del Grappa – è già diventato un fenomeno, come la corsa che ha vinto: “Prima gara in pista della mia vita e conquisto subito il titolo europeo. Ringrazio infinitamente Diego Bragato e ovviamente il tecnico Marco Villa che mi hanno dato fiducia a discapito di altri corridori che magari facevano pista da più tempo di me. Penso di averla ripagata”.

Hai corso una gara incredibile contro il tedesco Benjamin Boos: “Ancora non me ne capacito. Sono rientrato da poche ore a casa ed è ancora un sogno. Il mio avversario ha corso il primo chilometri in 1’1”. Se avesse corso il chilometrò da fermo avrebbe vinto anche il titolo europeo della categoria under 23. E’ partito fortissimo. Poi si è piantato. Io ho visto la sua difficoltà e ho accelerato. Nel pomeriggio, nelle qualifiche, avevo addirittura fatto il record italiano dell’inseguimento individuale per la mia categoria. Mi hanno spiegato Diego Bragato e Fabio Masotti che in progressione avrei abbattuto un altro record italiano. Incredibile davvero: record italiano e titolo europeo nella mia prima gara che ho corso in pista. E non mi voglio fermare qui”.

Samuele Bonetto è un predestinato. Arriva dal nuoto, faceva i 50 metri rana, ma evidentemente il nuoto non era nel suo futuro: “Ogni tanto sì, mi manca nuotare però preferisco il ciclismo. Anzi, a Montebelluna abito in zona piscine, a trecento metri dal natatorium. E quando rientro a casa faccio il giro largo”.

Da li è iniziata la tua anoressia? “Non lo so. Certo gli allenamenti erano duri ed estenuanti. Ma io ho iniziato ad eliminare il cibo non corretto, partendo dalle merendine. Ho cominciato a togliere tutto ciò che non era sano. E poi piano piano ho tolto proprio tutto il cibo. Mi vedevo ugualmente in forma allo specchio, anche se l’anoressia è una brutta bestia, ti fa diventare scontroso e asociale. Ho perso infatti tutti i miei amici. Ma il ciclismo mi ha ridato indietro tanto.

Da allievo con la Termopiave Valcavasia mi sono tolto belle soddisfazioni. Ho vinto il titolo regionale su strada a Follina e quello italiano sempre su strada a Chianciano Terme. E anche la cronosquadre tricolore sempre da allievo, a Treviglio. E sono stato insignito del memorial Reghin, consegnato dai giudici veneti. Poi da junior piano piano ho iniziato a credere in me stesso, grazie a Beppe Parolisi il mio diesse. Il primo anno mi ha dato solo piazzamenti, il secondo anche il titolo italiano a cronometro. Ma l’emozione più grande l’ho avuta, sempre a crono, nel vincere la prima prova contro il tempo a San Benedetto del Tronto. Arrivare sotto l’arco dove poi sarebbero passati i professionisti nella tappa della Tirreno – Adriatico mi ha fatto emozionare”.


Samuele Bonetto insomma deve davvero tutto al papà Fabiano, laurea in economia e commercio, titolare di una azienda che confeziona scarpe da uomo e da donna, a Onè di Fonte: “Ecco, a saperlo, se avessero fatto anche scarpe da bicicletta”… Sorride Samuele, che ringrazia anche mamma Katiusha e il fratello più piccolo Simone, che però ha preferito il calcio.

Il montebellunese, 190 cm, passerà il prossimo anno tra gli under23 con la Zalf Euromobil Fior. 

a cura di Tina Ruggeri – Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata

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