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Marco Cittadini

10 DOMANDE A….MARCO CITTADINI : “COSÌ SHIMANO CONQUISTERÀ IL BELPAESE”


Da poco più di tre anni il colosso giapponese ha aperto una piattaforma anche in Italia. Marco Cittadini: “Gamma di prodotti sempre più evoluta e formazione verticale per gli addetti alle vendite. Così vinceremo le sfide del futuro”

 

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Quando si parla di Shimano ogni presentazione appare superflua. Perché poche aziende, nel mondo del ciclismo, possono vantare un’immagine così prestigiosa e longeva.

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Da poco più di tre anni, il colosso giapponese ha aperto una piattaforma anche in Italia, dove già da tempo deteneva una grande fetta del mercato. Una sfida con nuove premesse, ma gli obiettivi di sempre: incrementare i fatturati e confermarsi come il marchio ciclistico più noto del pianeta.

 

Nell’ufficio marketing e comunicazione lavora un professionista di primissimo livello – Marco Cittadini – una delle figure di riferimento di Shimano Italia a cui è stato affidato il compito di promuovere il brand anche nel Belpaese. Con lui, spigolando tra presente e futuro, vi raccontiamo i progetti e le strategie di sviluppo del grande marchio nipponico.

Cittadini, quali sono gli andamenti di mercato del vostro marchio in Italia?

“Shimano Italia che – è bene ricordare – è nata solo nel settembre del 2014, è un marchio in grande salute ed in costante espansione. E questo, bisogna ammetterlo, anche grazie alla nascita e, soprattutto, al consolidamento di nuovi filoni di mercato, come ad esempio le biciclette a pedalata assistita o il segmento ‘gravel’ che hanno dato nuovo impulso a tutta l’industria della bicicletta. L’Italia mantiene certamente le sue peculiarità culturali ed il settore strada è storicamente quello predominante, ma anche nel nostro paese questi nuovi fenomeni si stanno affermando in maniera sempre più radicata con volumi d’affari non più trascurabili”.

Shimano, a dispetto della concorrenza, conserva un’importante fetta di mercato anche nel mondo delle Mtb…

“E’ un settore che seguiamo con grande interesse, anche perché ci intriga, in particolare, la sfida con Sram che, con Shimano, rappresenta il player dominante a livello mondiale. E’ una concorrenza impegnativa che ci stimola a fare sempre meglio, tutto a vantaggio dell’utenza finale che si ritrova sul mercato una gamma di prodotti sempre più validi”.

Qual è il rapporto di Shimano con la rete distributiva italiana?

“Gran parte dei negozi, come noto, hanno problemi di cash flow, ma per noi sono partner prima che dealer e quindi con loro cerchiamo, oltre che di condividere i successi, anche di affrontare le difficoltà. Come strategia aziendale investiamo tanto nella formazione verticale degli addetti alla vendita, soprattutto oggi che l’acquisto di un prodotto non è più solo un mero scambio merceologico, bensì un’interazione che si fonda su un rapporto consulenziale, per non dire confidenziale. Su questo versante, noi facciamo la nostra parte fino in fondo, partecipando agli eventi e rendendoci disponibili, con i nostri tecnici, per ogni necessità”.

Ma i negozi sono sempre all’altezza delle aspettative aziendali?

“In molti casi sì, in altri – è innegabile – si ha la percezione che di strada da fare ce n’é ancora tanta. Ad esempio, quando visitando alcune officine mi accorgo che non c’è un computer, capisco subito che, rispetto alle esigenze di Shimano, c’è qualcosa che non va. Perché, ad esempio, per i gruppi di matrice elettromeccanica i settaggi passano inevitabilmente dall’utilizzo di un software”.

In effetti, con uno sviluppo così intensivo della tecnologia, non è semplice per i punti vendita tradizionali restare al passo con i tempi…

“E’ senza dubbio un passaggio complesso che, tuttavia, non ci preoccupa. Perché, in fondo, si tratta di una rivoluzione che l’Italia ha già vissuto nel mercato delle automobili quando, negli anni 70-80, le grandi case automobilistiche cominciarono ad inserire il computer nelle vetture di nuova concezione. Anche in quel caso, l’officina che lavorava esclusivamente con grimaldello e chiave inglese si trovò impreparata, ma poi, col tempo, quasi tutti si aggiornarono dotandosi della strumentazione necessaria per la manutenzione. Fu un passaggio epocale, ma alla fine assolutamente naturale. E da quell’istante, anche in Italia, si iniziò finalmente a parlare di post-vendita”.

Un concetto che sta molto a cuore a Shimano…

“Certo ed è la filosofia che ci ha portato ad inaugurare in tutto il mondo gli Shimano Service Center o gli Shimano Point, dove il cliente, trova un’assistenza di primissimo livello per qualsiasi necessità. E’ una formula vincente che, anche in Italia, stiamo cercando di promuovere sia verso i negozianti che verso il consumatore finale”.

Qual è il punto di vista di Shimano Italia sulle fiere di settore?

“Noi produciamo componenti, dunque il dibattito ci riguarda fino ad un certo punto. In ogni caso, mi pare ormai assodato, la dicotomia è fra la fiera campionaria, sul modello di Euro Bike, e la fiera impostata sui bike-test e quindi costruita più sul concetto di ‘esperienza’. Sintetizzando, in un caso testi l’articolo, in un altro vivi l’anteprima. Ogni opinione è legittima, per carità, ma dal mio punto di vista sono due format più complementari che antiteci”.

Dunque, qual è la soluzione ottimale?

“Io non sottovaluterei la legge dei numeri: in una fiera campionaria gli spettatori raggiungono le 40-50mila unità, mentre se parliamo di test, per una questione logistica, in un evento non si superano mai i 5mila bike-test. Io credo che la discussione sia viziata da un equivoco di fondo, ovvero la convinzione secondo cui la prospettiva più corretta sia sempre quella di chi investe nell’evento fieristico. A mio modesto parere, invece, per trovare le giuste soluzioni o il giusto compromesso, bisognerebbe iniziare a mettersi più dalla prospettiva del consumatore finale”.

Freni a disco: il mercato road ha ormai imboccato questa direzione, anche se permangono le riserve…

“I freni a disco sono l’approdo naturale di un percorso evolutivo che, al di là delle varie correnti di pensiero, hanno portato ad un innegabile miglioramento dei dispositivi frenanti, soprattutto in condizioni di bagnato e di sterrato. Permane qualche dubbio, a mio modo di vedere piuttosto pleonastico, sulla sua presunta pericolosità, ma in realtà la bicicletta, da sempre, dispone di componenti potenzialmente pericolosi, come ad esempio la corona esterna. Cito, per tutti, il caso della caduta di Ventoso alla Parigi-Roubaix di due anni fa: subito si puntò il dito sul disco del freno, in realtà, da un’analisi più accurata, ci si rese conto che a procurargli la ferita alla gamba sinistra era stata la corona”.

Perché allora questi pregiudizi?

“Se devo essere sincero, certe discussioni mi sembrano più ispirate da ragioni di business che da una reale disamina della situazione. In ogni caso, se restiamo nell’ambito delle esperienze, mi pare che i freni a disco abbiano portato significativi miglioramenti e, proprio per questo, credo che non si tornerà più indietro”.

a cura di Mario Pugliese Copyright © INBICI MAGAZINE

 

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