Se c’è una cosa della Parigi-Roubaix che colpisce di più, per chi ha la possibilità di andarla a seguire di persona, è il grande silenzio che caratterizza le zone attraversate dalla corsa. Fino al giorno della ricognizione, in quelle strade in pavè c’è solo il silenzio. La foresta di Arenberg fa difficoltà a far entrare i raggi del sole, il Carrefour de L’Arbre è una piana dove ogni tanto si sente un “alè” di qualche ciclista che vuole imitare i suoi idoli sulle pietre.
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Poi, dal giorno precedente la corsa, è l’esplosione del tifo. Trovare un parcheggio in prossimità della foresta è quasi impossibile, figuriamoci al Carrefour de l’Arbre, così vicino al Belgio, il cuore del tifo ciclistico mondiale.
Quest’anno sarà solo il silenzio a fare da contorno a una corsa che non ci sarà. Il 2020 passerà alla storia del ciclismo come l’anno senza Parigi-Roubaix, senza le pietre leggendarie di questa corsa, senza la piazza di Compiegne che si riempie a dismisura per salutare coloro che devono affrontare l’Inferno del Nord. Un inferno che, come riportato nel velodromo di Roubaix, porta al Paradiso. E speriamo di vedere la luce in fondo al tunnel di tutta questa faccenda.