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ALLENAMENTO INVERNALE: TRE MODELLI DI LAVORO CON  MAGNETIC DAYS
 ©HLM Photo

ALLENAMENTO INVERNALE: TRE MODELLI DI LAVORO CON MAGNETIC DAYS


Il vento in faccia, la sensazione degli pneumatici che scorrono sull’asfalto e soprattutto il piacere di guidare, di alzarsi a scattare in fuorisella o “pennellare” le curve in discesa: impossibile negarlo, uscire in bici sarà sempre e comunque più emozionante, più coinvolgente e appassionante che pedalare sui rulli. Lo sarà sempre tranne questo periodo dell’anno, che a livello indicativo inizia con novembre e si protrae almeno per tutto il mese di gennaio, il periodo delle scarse ore di luce, del maltempo e delle basse temperature.

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L’alternativa è ovviamente il ciclismo indoor, che tra l’altro è un’ottima soluzione la soluzione per fare lavori specifici, ancor più di quel che si può fare su strada, dove una nutrita serie di aspetti (vento, variabilità della pendenza e del fondo stradale) fanno sì che sia più difficile mantenere le intensità di lavoro prefissate da una tabella di allenamento.

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Questo è vero soprattutto se il “rullo” che hai sotto il sedere non è uno qualsiasi, ma è una piattaforma di livello evoluto come quella che fornisce Magnetic Days con il suo sistema di allenamento: il cicloergometro di questa azienda toscana si chiama Jarvis, ma oltre a questo il punto forte del sistema MD è più che altro nel servizio che c’è dietro, negli allenatori in carne ed ossa che ti seguono passo passo, gli stessi che ti “srcivono” gli allenamenti più adatti al tuo caso e monitorano i tuoi progressi o, eventualmente, i tuoi cali di condizione.

È appunto proprio in questo momento dell’anno tradizionalmente più propizio a lasciare l’asfalto  e dedicarsi ai rulli abbiamo pensato di interpellare uno dei coach di Magnetic Days, per chiedergli quale può essere l’utilizzo più opportuno del Jarvis in base a quelli che sono i tre obiettivi più frequenti in questa fase. 

Ci riferiamo a chi in questo periodo punta semplicemente a “mantenere” la condizione acquisita durante la stagione che si è lasciato alle spalle, a chi invece decide di far corrispondere questa fase per gettare le basi dell’allenamento dell’anno a venire e infine ai prarticanti (e dati alla mano sono sempre di più) che nella stagione fredda di dedicano al ciclocross.

Luca Bianchini, coach di Magnetic Days – ©HLM Photo

Quali lavori si possono fare sul ciclotrainer in questi tre casi, e in particolare sul Jarvis? Lo abbiamo chiesto a Luca Bianchini, tra i veterani dei coach di Magnetic Days.

Ipotesi 1: Se l’obiettivo è il mantenimento 

Pedalare in modo strutturato sul ciclotrainer può portare a risultati migliori del normale pedalare su strada anche se l’obiettivo è il semplice mantenimento della condizione acquisita. Ne è sicuro Luca Bianchini, che ci ricorda come quello che dagli amatori viene generalmente definito “mantenimento”, per la scienza dello sport è più correttamente codificabile come scarico funzionale, oppure periodo di transizione: «In questa fase molti atleti escono senza troppe motivazioni un paio di volta alla settimana e nulla più – ci spiega Bianchini -. In questo caso il lavoro su un ciclotrainer è comunque meglio di quello che potresti fare fuori».

Il Jarvis è l'”hardware” su cui si fonda tutta la metodologia di allenamento di Magnetic Days e dei suoi HTT, gli High Tech Training

Come impostare un programma di mantenimento su un ciclotrainer come il Jarvis Di Magnetic Days?

«L’obiettivo dello scarico funzionale è mantenere il livello di condizione, evitando di farlo scadere. In questo senso la risposta migliore sono gli allenamenti autogestiti evolution inclusi nella nostra  piattaforma. Per adattarli a uno scarico funzionale basterà riprendere questa tipologia di lavori e ridurne la potenza di un valore percentuale del 40 per cento. In questo senso il lavoro che si andrà a fare sarà prettamente aerobico, che è esattamente quel che serve per garantire quell’obiettivo che generalmente definiamo mantenimento».

Che durata dovranno avere i lavori?

«Circa un’ora, massimo un’ora e dieci se si vuole aggiungere una fase riscaldante e poi una defaticante. È in pratica un po’ come sono tutti i gli allenamenti anche più evoluti che scriviamo per i nostri atleti durante fasi più calde della stagione. Non si va mai oltre quella durata».

E se invece di mantenere la condizione scende troppo? Come accorgersene?

«È sufficiente eseguire con il Jarvis il test di potenza ftp. Con lavori impostati con questo criterio la potenza non dovrebbe scendere, a patto che questo periodo di mantenimento non vada oltre certi limiti temporali oltre i quali è inevitabile che il livello di condizione inevitabilmente scenda se non si variano gli stimoli allenanti oppure si riporti più in alto l’asticella dell’intensità»

Quanto è questo periodo al massimo?

«Due, tre settimane al massimo».

Ipotesi 2: Per costruire la base

Nel ciclismo professionistico il mese di dicembre – ma anche un po’ prima per tanti – è il periodo durante il quale si gettano le basi del percorso di preparazione che poi inizierà a dare i suoi frutti nei primissimi mesi dell’anno a venire. Oggi anche molti cicloamatori seguono lo stesso criterio in termini di periodizzazione. Ma come, questi ultimi, possono ottenere il massimo in questo periodo che per condizioni meteo avverse e per la scarsità di ore di luce mal si concilia con le uscite in bici di chi in bici non va per professione? 

Una valida opzione è proprio quella offerta dalla piattaforma magnetic days, che considera il cicltorainer il principale (ma non unico) dispositivo di lavoro per il ciclista amatoriale che intende allenarsi in inverno. Ci spiega Bianchini: «Proprio alla luce delle difficoltà di allenarsi in questo periodo abbiamo strutturato un criterio che fa il contrario di quel che si fa di solito, o almeno di quel che si dovrebbe fare se uno facesse il ciclista di professione. La tradizione vuole che per ripartire si inizi dai fondi lunghi, dalla quantità che predomina sulla qualità, dai lavori di agilizzazione messi prima rispetto ai lavori specifici o alle ripetute. Il nostro approccio verso l’amatore è esattamente l’opposto, ed è dettato dalle condizioni. La chiamiamo non a caso periodizzazione inversa: si parte subito con l’alta intensità degli allenamenti, da accoppiare a un paio di uscite – quella del sabato e della domenica – che a livello amatoriale sono quelle nelle quali l’amatore può lavorare di più sulla quantità ovvero sulla distanza e sul volume».

È in pratica una settimana di lavoro in cui si lavora sia su qualità che quantità? 

«Esattamente. Con il lavoro sul ciclotrainer si cerca di aumentare quel parametro essenziale nella costruzioe della condizione che è la potenza di soglia. Poi, magari a marzo, quando il tempo sarà migliorato e quando le ore di luce saranno sufficienti, si tornerà ad aumentare tempi e distanze con le uscite su strada, contemporaneamente abbassando le intensità, sia sugli allenamenti su ciclotrainer, sia su strada». 

In questo senso come potrebbe essere una settimana tipo dell’amatore che vuole iniziare a costruire la “base”? 

«Di solito i lavori più qualificanti sul Jarvis li faccio fare il martedì e il giovedì, con degli allenamenti intensi. Chi poi ha la possibilità di uscire su strada anche il fine settimana lo farà, e andrà a integrare il lavoro sulla macchina con delle uscite più lunghe su strada. Chi, invece, non può, anche il fine settimana, può continuare a fare lavori sul Jarvis».

E tutti gli altri giorni? Riposo?

«Tendenzialmente per l’amatore medio sì, o al massimo integrare con lavori di potenziamento in palestra o esercizi di allungamento muscolare».   

Nello specifico che tipo di lavori saranno quelli da fare sul Jarvis? 

Il diagramma di un HTT finalizzato a incrementare la potenza aerobica

«Sono i nostri HTT, gli High Tech Training, lavori ad alta intensità intervallati da fasi di recupero. Anche in questo caso, ogni tre o quattro settimane la nostra piattaforma mette a disposizione un test di soglia, per vedere effettivamente i risultati del lavoro, per verificare se e quanto effettivamente gli HTT hanno indotto adattamenti funzionali».  

Ipotesi 3: Per chi fa ciclocross

In Italia negli ultimi anni il ciclocross ha conosciuto un boom di praticanti a livello amatoriale. Anche grazie a questo il ciclopratismo si è definitivamente liberato di quell’etichetta che la dipingeva come disciplina minore, principalmente propedeutica alla stagione su strada, ma ha una dignità, una storia e uno spessore a sé stanti, con praticanti che, anche a livello amatoriale, le assegnano la stessa dignità che spetta alle discipline più prettamente estive delle due ruote. 

©Photo Nannini

Anche e soprattutto per i tanti che la considerano in questo modo, come allora dovrebbe essere impostato uno schema di lavoro sul ciclotrainer in questa fase dell’anno che corrisponde alla stagione crossisitca “piena”?

«Ipotizzato che a luglio, agosto e settembre si sia già fatto qualcosa di allenante per questa specialità, lavorare in modo specifico per il ciclocross sul Jarvis significa lavorare su quelli che noi di Magnetic Days chiamiamo Sprint Interval Training. Si tratta di lavori di durata variabile tra i dieci e i trenta secondi, quelli che ci permettono di avvicinarci al modello di prestazione che troverò in gara. Ovviamente questo riguarda l’aspetto metabolico di questa specialità, perché per quel che riguarda l’aspetto tecnico – ovvero della destrezza e della coordinazione a guidare e salire e scendere di bici – solo la vera pratica ci potrà aiutare».

Come “tarare” il livello di intensità a cui effettuare gli sprint sul ciclotrainer? 

«Prima di iniziare a fare lavori del genere proponiamo sempre due test, il test di cadenza/potenza e il wingate, che sono solo due delle prove che si possono fare con il Jarvis e la piattaforma Magnetic Days. Nel primo caso sfruttiamo il parametro del cambio di intensità applicata e contemporaneamente facciamo fare sette scatti per capire dalla macchina quale è il livello di resistenza del Jarvis che, ottimizzando la cadenza, ci permette di trovare la migliore potenza espressa di cui è capace l’atleta in questione. Sì, perché in questo senso ci sono molte differenze tra i vari atleti, nella fattispecie tra i vari crossisti. È in questo modo che riusciamo a definire con precisione quali valori di cadenza e potenza impostare negli Sprint Interval Training. Il test del wingate completa il quadro, è uno sprint di trenta secondi alla massima potenza possibile, avendo come riferimento il parametro dei newton pro chilo espressi. Questo ci permette di individuare il rapporto newton per chilo ottimale per effettuare gli spint, entro un range che indicativamente va da 0.7 a 1.1 Newton/kg».

Insomma, lavori di breve durata ed altissima intensità?

«Esattamente, sono tutti lavori lattacidi, appunto perché nel ciclocross l’attitudine a tollerare il lattato è elemento estremamente peculiare a livello metabolico e di tipologia dello sforzo. In termini di allenamento, da un lato questo lavoro allena la testa a gestire carichi elevati e, per così dire, a “imparare a tollerare il mal di gambe; dall’altro lato, quello fisiologico, aumentiamo effettivamente il numero degli enzimi che ci permetteranno di smaltire il lattato più velocemente possibile».

Un planning settimanale scritto da un coach MD: ci sono anche indicazioni sulle uscite all’aperto, non solo sul ciclotrainer

Come distribuire allenamenti simili nell’arco della settimana, ipotizzando che si corra tutte le domeniche? 

«Se si corre tutte le domeniche, a livello amatoriale, direi che un lavoro di questo tipo a settimana è più che sufficiente. Ad esempio lo si potrebbe fare il mercoledì, per poi il giovedì fare un lavoro a intensità più bassa, corrispondente al medio/soglia. Se, invece, il livello dell’atleta è più elevato, gli sprint si potranno fare già al martedì, giovedì curare intensità prossime al medio/soglia e il venerdì non dimenticarsi di fare un lavoro essenziale di tecnica e coordinazione, all’aperto».

Ulteriori informazioni: Magnetic Days

a cura di Maurizio Coccia ©Riproduzione Riservata-Copyright© InBici Magazine

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