La pista è da sempre sinonimo di “grandi gioie” per l’Italia che, grazie a questa disciplina, ha arricchito bacheche iridate e medaglieri olimpici. Uno di quelli che quella gioia l’ha provata è Andrea Collinelli, campione Olimpico ad Atlanta 1996 e, da sempre, vicino al mondo del pedale.
Training Camp Spagna Costa Blanca
A Gennaio e Febbraio pedala con la tua bici
dove si allenano i campioni del Tour de France, Giro d'Italia e Vuelta Espana
Scopri di più
Andrea, se parliamo di Atlanta 1996, cosa ricordi?
“L’Olimpiade è stato il coronamento di un sogno. La mia favola cominciò nel lontano 1992 quando, per motivi familiari, decisi di entrare nel gruppo Forestale dello Stato. In quegli anni facevamo attività Open, l’odierna Continental. Mi ero già tolto diverse soddisfazioni tra maglie tricolori e Mondiali, ma non presi parte alle Olimpiadi dell’88 e, quattro anni dopo, ero riserva. Vincere ad Atlanta fu quindi la sintesi di un percorso ed il coronamento di una grande carriera”.
Non solo l’Olimpiade però. In bacheca ci sono anche altre prestigiose vittorie come quella di Manchester nel ’96 e di Perth nel ’97 nell’inseguimento a squadre. Che esperienze furono?
“Manchester arrivò poco dopo Atlanta e fu una soddisfazione enorme perché in quell’occasione facemmo anche il record del mondo. Ricordo una pista stupenda e una soddisfazione grandissima per quel risultato che, in fondo, era il coronamento del nostro lavoro. Perth invece arrivò l’anno dopo cambiando un uomo. Nella finale il quartetto dell’Ucraina si ruotò e noi fummo bravi ad arrivare al traguardo e vincere”.
Come vedi il percorso azzurro in chiave olimpica?
“La nostra Nazionale ha le carte in regola per fare bene. I ragazzi stanno andando forte e hanno dimostrato di avere le medaglie nel mirino, anche se poi il colore lo decreterà la pista. C’è l’incognita Covid che può sparigliare le carte. Perché se ti viene a mancare un solo elemento i valori in campo possono cambiare da un momento all’altro, magari gettando alle ortiche il lavoro di un intero anno”.
Qual è invece la situazione attuale della pista in Italia, anche per quanto riguarda i giovani?
“La pista fa parte, da sempre, della scuola del nostro ciclismo. Da noi, in Emilia Romagna ad esempio, c’è sempre stata una grande cultura della pista. La mentalità sta cambiando rispetto a qualche anno fa, ma c’è la pecca dei velodromi. Un paese come l’Italia non può avere solo l’impianto di Montichiari che, per altro, non è in buono stato. E non è ammissibile che ogni qual volta si parli di costruire un secondo velodromo si fermi sempre tutto. Purtroppo questo è lo spaccato attuale del nostro paese, speriamo che le cose cambino al più presto”.
Capitolo elezioni: qual è il tuo giudizio?
“Quando c’è un cambiamento ci sono sempre novità e, obiettivamente, qualcosa andava fatto. Io penso che si debba tornare a lavorare dalle radici, dal basso, perché se non si investe sui giovani lo sport muore. Per attrarre le nuove generazioni, inoltre, è necessario puntare su specialità particolari, come la BMX o il fuori strada, attività che portano i ragazzi ad avvicinarsi a questo sport ma sempre nel segno del divertimento. Solo in un secondo momento si deve far assaggiare ai giovani la strada, la pista, il fuori strada e, solo quando sono Allievi, cominciare ad indirizzarli in base alle loro caratteristiche.
E’ chiaro che la strada è il punto di arrivo più importante, quello che ti dà maggiore visibilità ed é anche il più retribuito. Ma certi giovani potrebbe anche fare come ho fatto io che, se non avessi fatto pista da Juniores, probabilmente non avrei vinto nulla. Non c’è solo il titolo del mondo su strada, teniamo larga la forbice il più possibile in modo tale da far crescere tanti ragazzi in tutte le discipline. Anche perché molte di queste sono discipline olimpiche che possono dare vittorie, medaglie e grandi soddisfazioni”. Parola di Andrea Collinelli.
a cura di M.M. Copyright © Inbici Magazine ©Riproduzione Riservata