Moreno Argentin è, palmares alla mano, un monumento del ciclismo italiano e mondiale. Nella sua bacheca tanti trofei e altrettante storie da raccontare.
Training Camp Spagna Costa Blanca
A Febbraio pedala con la tua bici
dove si allenano i campioni del Tour de France, Giro d'Italia e Vuelta Espana
Scopri di più
Lo abbiamo contattato per scattare con lui una panoramica sull’imminente partenza del Giro d’Italia e per parlare di quella che, può considerarsi, una sua creatura, l’Adriatica Ionica Race.
Moreno, una corsa che ti sta molto a cuore – l’AIR – sta per rimettere le ruote in strada: come vi state muovendo?
“Per una questione legata alla pandemia, abbiamo fatto una scelta strategica riducendo le tappe da 5 a 3. La corsa partirà da Trieste per terminare a Comacchio. Per questa edizione, in pratica, abbiamo invertito l’ordine di marcia: faremo Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna, new entry da quest’anno. La corsa sarà dal 15 al 17 di giugno ma la presentazione ufficiale dell’evento avverrà solo qualche giorno prima…”.
Nelle scorse edizioni avete sempre avuto un “parterre de roy” con al via tanti corridori di valore: è già chiara la starting list o ci state ancora lavorando?
“Ancora una griglia ufficiale non c’è perché, proprio in questi giorni, stiamo contattando le squadre. Delle certezze ci sono ma, per il momento, è prematuro fare nomi”.
Si è appena conclusa la “campagna del Nord”, una serie di corse che hanno confermato la crescita di tanti nuovi talenti, ma che hanno messo sotto la lente d’ingrandimento anche un ciclismo italiano un po’ defilato… cosa non va a tuo avviso?
“Sono convinto che la filiera del nostro movimento ciclistico – quella che parte dai Giovanissimi ed arriva al Professionismo – si sia interrotta da diversi anni. Sono situazioni che vanno analizzate. Adesso qualche buon esponente, mi riferisco a Ganna, ci ha un po’ messo una pezza: restano però dei lampi a cui manca attorno un contesto. Il grosso problema, a mio avviso, è nel nostro dilettantismo dove vedo troppi problemi di gestione.
Se si vanno a prendere tutti gli atleti che sono passati professionisti ci sono tante belle promesse ma non c’è stato un solo corridore che sia emerso. Formolo, Moscon, Ulissi sono tutti corridori che, con rispetto parlando, sono un po’ discontinui. Un altro dato abbastanza lampante è che non riusciamo più ad allestire squadre professionistiche, ma quello è imputabile anche ad un fattore economico perché trovare oggi uno sponsor disposto ad investire 20\25milioni di euro per fare una World Tour non é semplice. Se si tolgono dirigenti di grande esperienza come Reverberi e Savio a cui ci aggrappiamo, siamo veramente in braghe di tela.
Penso che vada cambiato il sistema ed anche la brutta abitudine di spremere i ragazzi da dilettanti e da juniores. Bisognerebbe capire quanti corridori sono passati professionisti, perché sono passati e, soprattutto, perché hanno fallito. Non posso pensare che solo Belgio ed Olanda partoriscano grandi campioni. Noi bruciamo tanti talenti o perché abbiamo fretta prima oppure perché non li aspettiamo dopo”.
E’ un segnale pericoloso anche in vista del Mondiale?
“Sicuramente sì. Nell’ultimo Mondiale a Imola non mi pare di aver visto un’Italia protagonista, quello prima – in Inghilterra – ci ha salvato Trentin, che ha i suoi anni. Non vedo grandi leoni, del resto se nelle classiche non riusciamo a piazzare nessuno qualche problema c’è…”.
Il Giro d’Italia è alle porte: che idea hai della corsa rosa?
“Il Giro è una delle corse più impegnative del mondo, in alcuni casi anche più del Tour. Quest’anno non vedo un favorito numero uno. Ci sono tanti buoni elementi anche se c’è già stato un forfait importante come quello di Pinot. Sarà un Giro che porterà con sé tante sorprese, perché non c’è il faro, quello che ha una forma tale da essere competitivo da subito”.
Quali saranno, secondo te, i candidati alla vittoria finale?
“E’ difficile dirlo. So che ci sarà Bernal che, avendo vinto già un Tour, dovrebbe essere un grande protagonista, anche se permangono dubbi sulla sua condizione. Poi ci sarà Evenepoel, che è un giovane e ha tutto da dimostrare. Vedremo se avrà smaltito le scorie della caduta dello scorso anno, ma dovrebbe averlo passato. Nibali, credo che la scelta di fargli fare il Giro con il problema al polso non sia stata saggia. Vincenzo ha sempre una frattura che deve rimarginarsi, personalmente gli avrei fatto correre il Tour”.
Sarà una corsa rosa dura, ma a tuo avviso quali sono le tappe che potranno delineare la classifica generale del Giro?
“Le corse a tappe sono complesse, gli uomini di classifica devono essere presenti ed avere la gamba al momento giusto. Dirlo adesso è dura, occorre essere in corsa. Anche una tappa come quella di Stradella potrebbe essere insidiosa perché obbligherà gli uomini di classifica a correre davanti su un percorso pieno di trappole”.
Nuove regole: Carapaz ha pagato uno scotto molto alto: cosa ne pensi?
“Carapaz è vittima di una stupidaggine del regolamento”.
In conclusione ti chiedo: si è tornati a parlare di ‘doping tecnologico’ qual è il tuo pensiero?
“La storia ci ha insegnato che tutto può succedere. Non è mai stato beccato nessuno, ma credo che qualcosa ci sia stato. Come si dice, le foglie non si muovono mai senza vento. Purtroppo questo è segno dell’evoluzione dei tempi. Occorre stare all’erta, l’UCI deve vigilare. Si sono dati molto da fare sul doping, ma devono controllare anche la meccanica”.
a cura di M.M. – ©Riproduzione Riservata-Copyright© InBici Magazine