Cipriano (Aneis): “Necessaria una polizza, come già accade in Svizzera”
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Sarà la crisi, la voglia di mantenersi in forma o una rediviva coscienza ecologica, sta di fatto che, in Italia (come in tutta Europa, del resto), continua a crescere in maniera esponenziale il numero di persone che, in alternativa all’auto, sceglie di spostarsi utilizzando la bicicletta. A Roma, ad esempio, nel 2013 si sono contati oltre 170 mila bikers, dieci volte di più rispetto al 2010.
L’utilizzo della bicicletta, del resto, non è soggetto ad alcun obbligo o limitazione. Non servono patenti e neppure assicurazioni. Se si escludono i corsi di educazione alla mobilità che cominciano a comparire nei programmi didattici delle scuole dell’infanzia, il ciclista può essere, in linea teorica, un perfetto analfabeta della circolazione. Che non conosce la segnaletica, l’obbligo della precedenza e neppure la differenza fra un senso unico e un divieto di transito. Eppure, recitano le statistiche del Ministero dei trasporti, negli ultimi anni si è registrato un numero crescente di incidenti causati da ciclisti a causa della loro non osservanza (o non conoscenza) delle norme del codice stradale.
Ad esempio, a Milano su un totale di 819 sinistri stradali, 15 (0,6%) sono stati causati da una bicicletta, contro i cinque causati da bus/tram. L’Osservatorio Utenze Deboli ha reso noto che “negli ultimi dieci anni la media degli incidenti che hanno coinvolto ciclisti e pedoni è stata di circa 180 incidenti all’anno su tutto il territorio nazionale”, con circa 2-3 decessi ogni anno.
Questi comportamenti – si evince dalle ultime ricerche demoscopiche – hanno reso la categoria dei ciclisti invisa agli automobilisti, anche alla luce della non obbligatorietà per i ciclisti a sottoscrivere polizze assicurative. E così, malgrado dall’inizio dell’anno ad oggi siano ben 296 i ciclisti morti in seguito ad incidenti stradali (in pratica uno al giorno), a finire sotto processo, talvolta, è la cosiddetta “utenza debole”.
Da una recente indagine, ad esempio, è emerso che il 58% degli automobilisti intervistati denuncia “la mancanza di attenzione nell’immettersi nelle strade”, il 44% degli intervistati fa notare “che rari sono i ciclisti che usano segnalatori luminosi o sono almeno muniti di catarifrangente durante le ore notturne”, infine il 40% punta il dito “sul loro cambio improvviso di direzione senza segnalazione alcuna”.
“Quello dei ciclisti indisciplinati è divenuto un problema serio in molte città italiane dove la percentuale di chi sceglie questo mezzo è molto alta – spiega a Il Sole 24 Ore l’avvocato Luigi Cipriano, presidente dell’Aneis, l’associazione nazionale esperti infortunistica stradale -. Mi è capitato di trattare danni subiti da pedoni urtati da ciclisti che transitavano irregolarmente sui marciapiedi, o di seguire casi in cui i ciclisti sono stati causa di incidenti e tamponamenti tra automobili. Fermo restando che chiunque causi danni a cose o persone è tenuto al risarcimento, ex art. 2043 del Codice Civile, credo che sia opportuna una maggiore diffusione della cultura civica, magari proprio a partire dalle scuole, e per chi utilizza la bici suggerirei un’adeguata polizza assicurativa. Sebbene questa prospettiva possa sembrare surreale nel nostro Paese, in altri, come ad esempio la Svizzera – conclude Cipriano – le assicurazioni per i ciclisti sono già obbligatorie”.
fonte redazione INBICI Copyright © INBICI MAGAZINE