La Sicilia ha sempre avuto un posto speciale nel cuore di Damiano Caruso. Il classe 1985 e portacolori della Bahrain Victorious ha dovuto lasciare la sua Sicilia da piccolo per inseguire il sogno di diventare corridore. Tanti i sacrifici vissuti da adolescente, fino alla conquista del suo sogno: diventare un ciclista professionista.
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Quella di quest’anno è la 14esima stagione per Caruso nella massima categoria e per il nostro ciclismo è un punto di riferimento. Caruso è il simbolo del ciclismo forte, di chi da ragazzino ha lasciato la propria casa per una corsa, per un posto in una squadra. Una scelta, la sua, che vuol essere un esempio per i più giovani che nella loro terra devono trovare le risorse per diventare bravi e importanti. Damiano nel 2020 è stato il miglior italiano sia al Tour de France che al Mondiale di Imola, dove è arrivato decimo. Il grande risultato del secondo posto al Giro d’Italia 2021 e poi il 2022 dove per lui è stato un anno con diverse difficoltà, ma nella vita di un atleta, come nella vita in senso più ampio esistono dei momenti un po’ più complessi, prove che devono essere affrontate per tornare più forti di prima: “Lo scorso anno è stato un anno diviso in due: la prima parte è stata positiva, sono partito bene e ho avuto una buona continuità, nella seconda parte di stagione invece le aspettative erano alte e non sono riuscito a rendere come volevo. Ho corso il Tour de France con tutti i sintomi del Covid-19 per poi scoprire di essere positivo e questo mi ha debilitato molto. È stata una stagione strana, ma non insufficiente“.
Come stai Damiano?
“Bene grazie. Sono a Ragusa un paio di giorni e poi torno al Nord per la Milano-Sanremo”.
Hai sentito il peso delle aspettative dopo il secondo posto al Giro nel 2021?
“No, a 33 anni non puoi diventare e trasformarti come corridore diventando così un capitano. Pensavo e penso tutt’ora di fare una buona figura in gruppo e di competere ad alti livelli”.
Hai da poco concluso un’ottima Tirreno-Adriatico. In salita sei stato con i migliori e sei andato in crescendo…
“Mi sono riposizionato al mio livello, quest’anno sono semplicemente tornato ai livelli degli ultimi anni. Nei Grandi Giri ho sempre fatto dei buoni piazzamenti e quindi niente è arrivato a caso. In salita, così come a crono, non sono il più forte ma ho la fortuna di avere una buona costanza e questo è sempre stato il mio punto di forza. Ho fatto un buon inverno, mi sono preparato bene e non ho avuto intoppi. È una stagione quella di quest’anno che sino ad ora sta andando bene, ho una buona condizione e questa è la linea da mantenere perché è quella giusta”.
In questo ciclismo di teenager, come si fa per voi “vecchietti” a tenere il passo delle nuove generazioni?
“La cosa che veramente cambia al giorno d’oggi è l’attenzione per i dettagli in ogni aspetto della vita d’atleta. Non posso più permettermi di arrivare alle corse con qualche kg in più e quindi anche sotto questo punto di vista sono molto più attento rinunciando anche a qualche cena con gli amici. Ormai sono più gli anni che ho corso in bici rispetto a quelli che mi separano dal fine carriera e voglio farli nel miglior modo possibile. Sono molto concentrato su quello che è il mio lavoro”.
Per quanti anni ti vedi ancora in gruppo?
“Sicuramente ancora il prossimo e forse anche il 2025 per poi mettere un punto. Vorrei concludere la mia carriera senza trascinarmi avendo rispetto di tutti questi anni in sella alla bici”.
I Nibali, Valverde o anche Caruso e Pozzovivo saranno sempre più una rarità? O prevedi che magari anche Pogacar, Evenepoel, etc possano avere carriere lunghe?
“Lo scopriremo nel giro di qualche anno, ma mi sento di dire che il ciclismo di oggi è esagerato e basato sul singolo dettaglio e questo, secondo me, porterà ad avere carriere più corte soprattutto ad alto livello. Anche dal punto di vista psicologico non sarà semplice perché se già da giovanissimo sei abituato a vincere tanto con il passare degli anni può venir meno quella fame di vittoria”.
Al Giro pensi che sia inevitabile una corsa a due per la vittoria tra Evenepoel e Roglic?
“Credo che entrambi saranno i corridori di riferimento al Giro e arriveranno con due squadre molto attrezzate, soprattutto la Jumbo. Poi bisognerà vedere cosa succede, in un Grande Giro può accadere di tutto”.
Al Giro la top5 è un obiettivo alla tua portata?
“Sarà da valutare strada facendo con il passare delle tappe e dipenderà anche da chi ci sarà alla Corsa Rosa. Quest’anno alla Tirreno mancavano due fari come Pogacar e Vingegaard, ma c’erano tanti corridori forti che possono lottare per un buon piazzamento nelle grandi corse a tappe. I pretendenti per una top10 possono essere molti. Io non posso confrontarmi con i mostri sacri, ma una top5 sarebbe qualcosa di speciale, ma tutto deve filare liscio e la condizione deve essere ottima. Una top10 la reputo più fattibile, ma valuteremo se converrà nel caso concentrarsi per un buon piazzamento tra i primi dieci oppure provare a centrare una tappa”.
Al Giro ti aspetti dei segnali da qualche giovane italiano in ottica classifica generale?
“Non saprei perché attualmente non vedo dei ragazzi che possono puntare alla generale, l’unico può essere Giulio Ciccone che ha le possibilità di centrare un podio in un Grande Giro. Discorso diverso invece per le singole tappe dove abbiamo molti giovani che possono fare bene come Covi, Bagioli, Milan, Zambanini e Sobrero”.
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