Una vita spezzata. La morte di Davide Rebellin ha colpito tutti, appassionati di ciclismo e non. L’incidente tra l’ex corridore nostrano e l’arcinoto Tir, avvenuto a Montebello Vicentino, ha riportato in cima alla lista della priorità il tema della sicurezza stradale. L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport fornisce aggiornamenti circa la vicenda, relativamente al 62enne camionista tedesco, scovato in Germania da Carabinieri e Interpol dopo una fuga di 1100 km.
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Sulla Rosea, poi, è riportata anche la testimonianza di chi conosceva molto bene Rebellin, ovvero Filippo Pozzato: “La rotonda la conosco bene, la strada è molto trafficata e non la facevamo mai in allenamento. Penso nemmeno Davide, era lì solo perché casa sua a Lonigo era a 6 km. Pedalava su una bici gravel, io credo che fosse uscito da uno sterrato e avesse fatto pochi chilometri sulla statale prima di riprendere i sentieri. Era sempre molto scrupoloso e aveva sempre la luce accesa”, ha raccontato alla Gazzetta Pozzato.
L’ex corridore, ora organizzatore di alcune gare, ha ricordato appunto quando quest’anno Rebellin ha affrontato la Serenissima Gravel e la Veneto Classic: “Era ancora competitivo, quella è una corsa dura, non è facile gareggiare contro i ragazzi di 20 anni. Ti fa capire quali erano le capacità di Davide. E’ stato il più grande talento che ha avuto l’Italia ciclistica, aveva un motore pazzesco, il migliore di tutti. Non ci sono in gruppo adesso corridori così. A 40 anni vinceva con i ventenni”.
E poi il tema della sicurezza stradale: “Siamo indietro, non abbiamo infrastrutture valide, non abbiamo strade adeguate per la bici, per chi va a scuola e a fare la spesa. Sulle ciclabili c’è un passo carrabile ogni 20 metri. Dobbiamo civilizzarci di più: da noi ognuno fa quello che vuole“.
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