Ospite del consueto appuntamento di Bike2u, Francesco Moser si è raccontato tra passato, aneddoti di un certo spessore e presente, focalizzandosi al riguardo sul movimento ciclistico azzurro. Dalla Parigi-Roubaix all’avanguardia avuta nel tentare nuovi materiali, passando infine per il Record dell’Ora e un commento su Filippo Ganna e Jonathan Milan, non sono mancati di certo gli spunti da quest’intervista.
Moser ha raccontato il suo speciale rapporto con una Classica Monumento di un certo spesso e rilevanza storica, la Parigi-Roubaix: “Sin dalla prima partecipazione alla Parigi-Roubaix, nel ’74, sono arrivato secondo ed ero andato vicino al successo; vinse Roger De Vlaeminck perché ebbi una foratura, caddi nel finale quando ero vicino a lui e non mi avrebbe più staccato essendo finito il pavé. Anche nel ’75 ero tra i protagonisti, nel ’76 non è andata bene perché sono caduto, poi nel ’78 finalmente sono riuscito a vincerla. Ma io mi sono sempre trovato bene alla Roubaix, quel terreno non mi faceva paura: chiaramente devi avere molta gambe, perché nel finale conta molto a livello individuale, stare a ruota sul pavé conta molto poco (ride, ndr)”.
Quali differenze si possono notare tra le Parigi-Roubaix del tuo periodo e quelle di oggi?
“Sono sempre i corridori che fanno la differenza, sul pavé bisogna saperci andare e devi avere le gambe e la testa giusta, cercando di sconfiggerlo. Non conta molto la bici, ma il corridore. C’erano alcuni accorgimenti che adoperavamo: la forcella davanti era un po’ più piegata, i pantaloncini erano imbottiti con la gommapiuma e così anche il manubrio, poi avevamo i guanti, gomme un po’ più grosse. Specialmente quando è brutto tempo, bisogna correre in mezzo alla strada, con le cunette ci sono le buche ed essendoci acqua non vedi dove vai; quando è asciutto si sfrutta anche la cunetta, devi decidere in una frazione di secondi il percorso il migliore. I guanti aiutano a impugnare meglio il manubrio, difendono anche in caso di caduta“.
Ecco, riguardo alla sicurezza, si fanno tanti discorsi per migliorare le corse da questo punto di vista. Tu che consiglio daresti?
“Bisogna tener conto che noi ciclisti siamo la parte debole: anche se hai ragione, hai torto lo stesso se ti viene addosso una macchina. Adesso si parla tanto di questo metro e mezzo, che va bene, ma secondo me nelle strade sprovviste di pista ciclabile bisognerebbe fare una riga che indichi la corsia per i ciclisti, e le macchine devono passare al di là della riga, se non possono sorpassare, attendono. Chi misura il metro e mezzo se è solo nella tua mente? Facendo una riga tratteggiata sulla strada, gli automobilisti sanno di dover stare distanti un metro e mezzo dalla riga e i ciclisti all’interno della stessa, dobbiamo anche noi rispettare le regole. Per questo bisogna stare attenti“.
Questo è un punto importante, anche perché i ciclisti rischiano di lasciarci la pelle…
“Purtroppo ci sono anche troppi incidenti, a volte anche ai corridori che sono esperti, dovrebbero sapere come comportarsi, dove stare, ma succede anche questo; poi, chiaro, la colpa penso sia degli automobilisti quando succedono queste cose negli incroci, in una rotonda, ma ripeto, bisogna prestare sempre molta attenzione“.
Raccontiamo un aneddoto, quando hai raccontato l’ultima vittoria di Michele Scarponi, che pochi giorni dopo scomparve al Tour of the Alps. Che ricordo hai di quella giornata?
“Noi eravamo lì agli arrivi, erano giornate fredde, Scarponi riuscì a vincere sotto la neve. Lui fu protagonista in quell’edizione, anche nell’ultima tappa che arrivava a Trento; ricordo questo particolare: la mattina ero in campagna, mi chiama un amico per chiedermi se avessi sentito cosa fosse successo ma non sapevo niente. Mi ha informato lui, e ho pensato che sarebbe stato meglio se si fosse riposato il giorno dopo l’ultima frazione, ma questo è il destino, purtroppo è andata così“.
Sei stato il primo che ha avuto il coraggio di stravolgere i sistemi di preparazione, nuovi materiali… Hai sempre avuto questo sguardo verso l’avanti?
“Anche quando ho cominciato a correre e faceva freddo, cercavo di avere i guanti anche se non si usavano. Ricordo di aver fatto i primi copriscarpe con i calzari da sub, consapevole che erano adatti per noi. Oggi tutte le attrezzature per il freddo si sono evolute e ci si può difendere, ma spesso le corse si stoppano, ai nostri tempi non le fermavano (ride, ndr)! In occasione del Record dell’Ora, abbiamo messo in campo tutte le idee possibili, costruendo la bici poco alla volta; quando poi abbiamo avuto a disposizione le prime ruote lenticolari, è stata una grande innovazione. Montavo sulla bici con i pedali già attaccati alle scarpe, e quelle le ho ancora…“.
Riguardo all’integrazione alimentare e alla sua importanza, Enervit è stato il tuo partner principale in quell’avventura in Messico con i 51.151…
“L’Enervit è stata una delle prime aziende a essersi occupata di alimentazione, integratori per lo sport e sono stati loro a sponsorizzare il Record, mi hanno convinto a tentarlo. Ho imparato tante cose, c’era un’equipe di medici, forse anche troppi (ride, ndr)”.
Invece il Record di Ganna è rimasto un po’ sotto traccia…
“Quando l’ho fatto io l’attenzione era molto maggiore, l’ho fatto in un momento in cui non c’erano gare quindi tutti guardavano cosa facevo. Con Ganna sembrava quasi che volessero tenerlo nascosto; io credo che andava sfruttato in una maniera diverso l’evento, era da un po’ che si preparava, poi è andato ai Mondiali ed è arrivato settimo, era meglio che stava casa. Io l’avrei fatto più tardi il Record, alla fine di tutte le gare, il tempo c’era; lui ha fatto una grande prestazione, per batterlo bisogna aumentare il rapporto e, al tempo stesso, avere delle gambe particolari (ride, ndr). In questo momento ce ne sono pochi, ma uno degli avversari che potrebbe tentare il Record prossimamente è Jonathan Milan, che ha le caratteristiche adatte“.
Ti aspetti qualcosa di più da Ganna su strada oltre che nelle crono? Magari la Roubaix…
“Beh la crono è la sua specialità, in percorsi dove non ci sia troppo salita, sappiamo che è anche pesante, come lo stesso Milan. Per il corridore che è Ganna, potrebbe tentare di vincere qualche tappa, qualche altra corsa. Per quanto riguarda la Roubaix, lui aveva vinto quella dei dilettanti, bisogna che si applichi; deve allenarsi, fare le altre Classiche, l’anno scorso sembra lì pronto per giocarsela, poi è sparito, è stato sfortunato con la foratura, ma per vincere le corse bisogna farle, non stare a casa“.
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