Insieme al ritiro di Fabio Aru si affievoliscono tutte le speranze azzurre al Tour de France. Ieri c’è stato il ritiro di Giacomo Nizzolo, campione d’Italia e d’Europa: oggi, invece, si è ritirato il corridore sardo, penultimo nostro connazionale in grado di vestire la maglia gialla. Sono passati solo 3 anni da quel giorno e dalla sua vittoria a La Planche des Belles Filles, ma sembra essere passata un’eternità: molte cose sono cambiate, e anche il rendimento di Fabio è drasticamente cambiato.
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Purtroppo, l’assenza di risultati del corridore della UAE Team Emirates si fa ancora più pesante in quanto non vi è nessun corridore da corse a tappe nella sua generazione. Aru doveva essere il “ponte” tra una generazione più esperta, quella di Vincenzo Nibali per intenderci, e quella della gioventù d’assalto, con corridori come Giulio Ciccone che un domani potrebbero sbocciare anche per le corse di tre settimane.
Questa prima parte di Tour de France va in archivio con la consapevolezza che la corsa dei nostri azzurri in Francia potrebbe concludersi con uno zero assoluto. Chiaramente mi auguro di sbagliare e spero in primis che un fuoriclasse come Elia Viviani riesca a riprendersi dal problema della ciste al piede che non gli permette di spingere bene, così come mi auguro che un corridore come Damiano Caruso possa avere il via libera da Mikel Landa per portare a casa una soddisfazione con una bella fuga. Le speranze di un successo però si fanno davvero deboli dopo queste prima nove tappe.
Il ritiro di Aru è una ferita ancora troppo fresca dentro il cuore di tutti gli appassionati per poter dare un ulteriore giudizio sul corridore sardo. Quello che mi dispiace, però, sono le critiche che sono piovute addosso a Giacomo Nizzolo dopo il suo abbandono. Il corridore della NTT Pro Cycling non ha nulla da dimostrare, ed è una definizione sbagliata affermare “ha vinto perché non c’era nessuno”. Chi mette la ruota davanti a tutti gli altri ha vinto, le chiacchiere stanno a zero. E gli altri corridori ci sarebbero potuti essere, invece di non farsi vedere in un appuntamento così importante come l’Europeo.